Pagina Iniziale

Il blocco del cardinale Valenti Gonzaga

     Dopo l'occupazione della Repubblica attuata dall’Alberoni, San Marino conobbe per qualche periodo una certa tranquillità, disturbata solo episodicamente da rari incidenti, come accadde tra la fine del 1744 e l’inizio dell’anno successivo, per esempio, quando lo Stato sammarinese dovette sborsare l’ingente somma di 600 scudi, una fortuna per le sue usualmente misere finanze, per evitare che l’esercito austriaco ponesse un suo accampamento invernale sul territorio, o come accadde nel 1753 quando scoppiò l’ennesima lite con Rimini per motivi di natura fiscale.
Nel 1764 anche San Marino, per iniziativa dell’abate riminese Luca Antonio Cenni, insegnante della Repubblica, cercò di creare un’accademia letteraria sull’esempio di ciò che stava accadendo un po’ per tutta l’Europa, l’Accademia dei Titanici, ma per cultura e società il paese non era certo adatto a simili iniziative. L’accademia infatti chiuse i battenti nel 1767, quando Cenni se ne andò a lavorare altrove.
Al di là di questi piccoli fatti di cronaca, che furono gli unici ad animare la sonnacchiosa vita sammarinese, occorre comunque annoverare che le inquietudini e i dissidi interni che avevano provocato l'invasione dell'Alberoni, legati, come si ricorderà, a malumori personali, sempre presenti in una piccola realtà di provincia, ma anche di natura politica, non giunsero a sedarsi del tutto, ma rimasero latenti, tant'è vero che nei primi anni '80 dello stesso secolo ricominciarono a circolare con astiosa insistenza critiche e maldicenze nei confronti del governo sammarinese, polemiche simili a quelle che avevano attraversato il paese prima dell'intervento dell’Alberoni stesso.
Inoltre, dopo qualche periodo di calma nei rapporti con Roma, la situazione era tornata a farsi tesa perché erano avvenuti alcuni delitti ed altri fatti criminali a San Marino che avevano allarmato non poco lo Stato Pontificio, sempre più convinto che la Repubblica fosse territorio in preda alla più assoluta anarchia e quindi incapace di autogovemarsi adeguatamente.
Tra il 1782 e il 1783, infatti, era stata scoperta in Repubblica una fabbrica di denaro falso gestita da un esule di Zara, un certo Francesco Giurovich, e da un paio di sammarinesi. Sempre nel 1782, il 6 febbraio, venne rinvenuto ucciso, colpito con sedici coltellate, Virginio Loli, uomo facoltoso, insieme alla sua serva, Maria Samaritani, ammazzata con otto coltellate. Questi fatti, uniti ad una problematica procedura processuale che, secondo la voce popolare, non voleva portare in carcere i veri responsabili di tali malefatte, in quanto appartenenti all'elite nobiliare che gestiva il paese, provocarono notevoli tensioni all'interno della Repubblica, e varie richieste informali d’intervento alla Santa Sede da parte di singoli cittadini per ripristinare l'ordine.
Un altro grave fatto poi teneva in apprensione le autorità pontificie: nel Borgo di San Marino si era da tempo rifugiata una banda di malviventi, capeggiata da un certo Tommaso Rinaldini (detto Mason dla Blona), che puntualmente faceva scorrerie sul territorio pontificio per rubare e depredare, rintanandosi in seguito ogni volta in Repubblica dove i soldati papalini non potevano entrare, e dove le locali autorità erano impotenti a risolvere il problema.
Nel giugno del 1785 il cardinal Valenti Gonzaga, Legato di Romagna, aveva chiesto ufficialmente ai Reggenti di provvedere ad espellere tale banda; ma l’impresa non si dimostrò facile perché la Repubblica non disponeva di mezzi militari in grado di impaurire una banda ben organizzata e decisa come quella del Rinaldini. Nel 1786, dunque, si decise di permettere lo stazionamento di un presidio pontificio di trenta soldati in Borgo, fatto che permise nel giro di pochi mesi di debellare la banda di malviventi e di espellerla dal territorio.
La vicenda di Mason dla Blona poté risolversi dunque con la collaborazione dei due Stati, ma Roma rimaneva diffidente verso la Repubblica e timorosa sempre per quel ruolo di enclave che volente o nolente svolgeva. Approfittò dunque di un dissidio tra le autorità sammarinesi ed il loro commissario della legge Blasi per intervenire e mettere sotto assedio il territorio sammarinese. In pratica il governo sammarinese aveva ritenuto Blasi fazioso e parziale per alcuni processi da lui imbastiti e pilotati in malo modo; lo aveva perciò fatto arrestare. Costui subito si era rivolto a Roma per chiedere protezione, adducendo di godere di certi privilegi presso la Santa Sede. In effetti lo Stato Pontificio cercò di aiutarlo immediatamente invitando i governanti sammarinesi a liberarlo.
Dopo parecchi attriti e polemiche, San Marino si decise di rilasciare Blasi nel giugno del 1786, tuttavia le polemiche divamparono ancora, soprattutto perché la Repubblica voleva essere trattata da Stato sovrano ed indipendente, con pieni poteri deliberativi, mentre il cardinale Valenti Gonzaga, continuando una logica politica che sempre aveva caratterizzato le autorità della Santa Sede, la considerava una porzione territoriale dello Stato della Chiesa che godeva solo di qualche beneficio concesso dai pontefici nel corso del tempo, ma comunque sottomesso alle volontà di Roma.
Nell'estate dei 1786 i contrasti giunsero all'apice: le truppe pontificie bloccarono i confini della Repubblica impedendole d’importare ed esportare qualunque genere di mercanzia. Il blocco durò diversi mesi; solo nel mese di dicembre iniziò ad attenuarsi, più che altro perché il cardinale Valenti Gonzaga nel frattempo era stato rimosso dal suo incarico e sostituito dal cardinale Vitale Colonna, certamente più conciliante del suo predecessore verso la Repubblica. In effetti entro il mese di febbraio ogni conseguenza del grave contrasto scomparve, e San Marino poté ritornare per qualche anno alla sua vita di sempre.

 

Copyright© 2004 Verter Casali