La guerra contro Sigismondo
Malatesta
Fin dai primi anni '50 del XV secolo erano scoppiati
forti e sanguinosi dissidi tra Sigismondo
Malatesta e papa Pio II, per motivi di dominio politico su
certi territori adriatici e dell’Italia centrale. Nel 1459 pareva
che la situazione tornasse alla normalità, ma nel 1461 fu chiaro che
la pace non poteva durare più di tanto. Per questo il papa sentì
l’esigenza di riarmare e rinforzare le sue schiere con lo scopo di
eliminare definitivamente il suo nemico e ripristinare pienamente la
sua signoria sulle terre occupate nel tempo dai
signori di Rimini.
Tramite richiesta ufficiale del 30 dicembre del 1461, dunque, Roma
domandò la collaborazione militare anche di San Marino, da secoli in
dissidio coi Malatesta. Vi erano però
tra i sammarinesi forti resistenze ad intraprendere un'avventura
simile, considerata troppo dispendiosa e pericolosa. Nell'estate del
1462, però, la guerra riscoppiò con
tutta la sua violenza, divampando in lungo e in largo con esiti
molto sfavorevoli all'esercito malatestiano.
Inizialmente San Marino si limitò a prestare qualche scarno aiuto e
un marginale appoggio, particolarmente alle armate di Federico
signore d'Urbino, alleato anch’egli del papa, senza entrare
direttamente in battaglia. Alla fine del mese di settembre, però, le
truppe papaline riuscirono a porre sotto assedio la città di Rimini,
dove Sigismondo aveva fatto ritirare l'intero suo esercito. La
resistenza che il Malatesta riuscì ad
opporre fu tanto caparbia da rendere vani tutti i tentativi di
conquistare la città, per cui Pio II tornò ad insistere con
decisione col governo sammarinese affinché si decidesse ad entrare
concretamente in guerra al suo fianco.
A questo punto i sammarinesi non se la sentirono più di
tergiversare, quindi decisero di appoggiare direttamente le
operazioni militari. Il 21 settembre sottoscrissero con la Santa
Sede il trattato di Fossombrone con cui
s’impegnavano “di dichiarar guerra ai Malatesti
e ai loro fautori ad ogni richiesta del Cardinal d Teano, di
ricettare le genti ecclesiastiche e dei collegati, di fornire ad
esse vettovaglie e aiuti secondo le proprie forze”. Come compenso
per i servizi resi, sarebbero stati ceduti alla Repubblica i
Castelli di Montegiardino, Serravalle, Fiorentino, oltre al Castello
di Faetano, che si era già consegnato spontaneamente; inoltre
sarebbero state concesse esenzioni fiscali per i beni che i
sammarinesi possedevano oltre confine.
Nel mese di ottobre la guerra divampò più che mai: le truppe del
papa con i loro alleati riuscirono a conquistare
Saludecio, Mondaino,
San Giovanni in Marignano, Meleto,
Montegridolfo,
Montegrimano e Montegiardino, messo a ferro e fuoco come
punizione per la resistenza opposta. In seguito furono conquistati
altri Castelli, come Montescudo,
Serravalle, Mulazzano,
Coriano. Sul finir dell'anno Sigismondo
era in profonda crisi, pur essendo ancora in possesso di importanti
città come Rimini, Cesena, Fano e
Senigallia.
Le vittorie conseguite dalle armate pontificie cominciarono tuttavia
ad allarmare Venezia, che temeva il consolidamento di uno Stato
della Chiesa troppo forte ai suoi confini. Nel primi mesi del 1463
la guerra conobbe un periodo di tregua per colpa dell'inclemenza del
tempo. Venezia approfittò di questa pausa per cercare d'intavolare
trattative di pace fra i contendenti, così da impedire ulteriori
avanzamenti dell’esercito di Roma, senza però riuscirvi. La guerra
quindi riprese: nel marzo del 1463 i sammarinesi furono avvertiti da
Federico di Urbino di stare all'erta perché da lì a poco si
sarebbero scatenati altri scontri armati, e sarebbe occorso di nuovo
il loro aiuto, come in effetti accadde.
Il conflitto proseguì per tutta la primavera e l'estate successiva,
con violenti scontri, lunghissimi assedi alle città ancora in mano a
Sigismondo, in particolare a Fano, e
diverse battaglie navali. Solo verso gli inizi di novembre il
Malatesta si rassegnò a giungere ad un
trattato di pace, visto che ormai non aveva più la possibilità di
risollevare le sorti della guerra a suo favore. Le condizioni a cui
dovette sottostare furono durissime: gli vennero tolte tutte le
terre di cui era signore ad eccezione della città di Rimini e di
qualche lembo di terra del suo circondario.
Con bolla papale del 27 giugno 1463 San Marino ricevette i Castelli
promessi, che erano già stati conquistati prima della fine della
guerra. Questi paesi ebbero trattamenti diversi rispetto agli altri
già in possesso della Repubblica. Serravalle, il più importante dei
Castelli conquistati, venne considerato comune semiautonomo
sottoposto allo statuto di cui già disponeva, e con un suo organismo
governativo, nominato però dal Consiglio dei LX a cui doveva
rispondere e sottostare. Da quella data, San Marino non ha più avuto
estensioni dei suoi confini.
Analogo trattamento ebbero anche i Castelli di Faetano e di
Montegiardino, più piccoli di Serravalle ed indubbiamente meno
importanti. Solo Fiorentino, più modesto e spopolato rispetto agli
altri Castelli conquistati, non fu considerato comune, quindi non
ebbe amministrazione propria. Il suo castello, che poteva essere
pericoloso per la Repubblica se fosse caduto in mano nemica, venne
raso al suolo nel 1479.
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