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Un prete democratico e cristiano

(di Verter Casali, pubblicato in Annuario n. XXI della Scuola secondaria Superiore, a.s. 1993-1994) 

            In pochi, anzi pochissimi sanno che nel pomeriggio del 24 agosto 1902 Romolo Murri, animatore della prima democrazia cristiana e zelante sostenitore dell'impegno politico e sociale dei cattolici, svolse un importante discorso intitolato “Libertà e Cristianesimo” a San Marino, precisamente nel piazzale collocato ai piedi della seconda torre.

            Un simile avvenimento in quegli anni era del tutto anomalo per la Repubblica, sempre restia ai clamori ed ipertimorosa per possibili turbolenze, coinvolgimenti e beghe da parte italiana; infatti anche tale episodio si verificò praticamente contro il volere dei suoi governanti, o meglio senza una loro adesione.

            Approfondiamo i fatti: nell'ottobre del 1901 i gruppi democraticocristiani della Romagna, sorti alla fine del '900 e moltiplicatisi repentinamente, si erano raccolti a convegno nella città di Imola per confrontarsi, dar vita a collegamenti ed individuare possibili obiettivi comuni di azione. In tale occasione furono gettate le basi per la creazione di un movimento unitario regionale, anche se si dimostrò nell'immediato impossibile vincolarsi tutti a linee di condotta comuni e ad ideologie tra loro uniformi.

            Per continuare l'opera intrapresa, qualche mese dopo si pensò bene di organizzare un altro incontro "in un luogo [...] che avesse suggestioni storiche, religiose e sociali; [...] un luogo sacro per il pensiero e il sentimento cristiano che potesse essere la meta di un pellegrinaggio ideale"[1]. All'interno della commissione preposta a ideare questo secondo appuntamento furono avanzati due suggerimenti: la chiesa di Polenta tra Cesena e Bertinoro, e la Repubblica di San Marino che alla fine ottenne la preferenza.

            “La scelta di S. Marino come località idonea allo scopo ‑ recita la fonte da cui sto attingendo[2]era stata suggerita da un incontro dei dc parmensi che nell'aprile sì erano recati a Canossa, sull'Appennino tosco‑emiliano. Aveva parlato Murri stabilendo un collegamento tra la storia del luogo e l'attualità politico‑religioso. Come Canossa per la storiografia ottocentesca neo‑guelfa era stata simbolo delle libertà italiane tutelate arditamente dal papato contro le pretese dell'imperatore, così S. Marino offriva l'esempio di libertà civili e politiche in armonia con il cattolicesimo, praticato dalla totalità della sua popolazione".

            L'organizzazione del meeting fu affidata ad una commissione appositamente nominata, ed in particolare a don Domenico Garattoni del circolo dc di Rimini, il quale poté contare sull'attiva collaborazione di don Michele Bucci, parroco di Domagnano, che già si era avvicinato ai democratico‑cristiani romagnoli, e che stava tentando di istituire un gruppo dc anche in territorio sammarinese, probabilmente per contrastare con efficacia lo sviluppo in atto di gruppi politici non cattolici.

            Ma a San Marino non era facile fare politica, principalmente per i preti che già nei decenni precedenti avevano avuto sporadici scontri con le locali autorità per motivi di tal genere[3]. Così accadde anche in questa occasione. Nella riunione del Congresso Economico del 30 luglio fu infatti notificato quanto segue: "Il Sacerdote Don Michele Bucci Parroco di Domagnano ha testé pubblicato nel Giornale Clericale la Patria di Ancona sotto il pseudonimo di Libertas un Articolo col quale invitava a tenere convegno in Repubblica una Società di ferventi Democratici cristiani capitanati da Don Romolo Murri, e ripeteva sull'Ausa di Rimini uguale invito ai colleghi i Sacerdoti per riunirsi sulle vette del Titano e quivi liberamente espandere i loro ideali di ferventi cattolici agognanti al ritorno di un passato che a loro sembrerebbe migliore del presente, e per dare sfogo in Repubblica alle loro ire politiche. Il Sig. Arciprete di questa Plebale non approvante la proposta insinuò al Don Bucci di chiedere almeno l'opportuno permesso alla Reggenza, ed il Don Bucci di fatti si presentò sere sono a S.E. Fattori (Onofrio) per informarlo della prossima venuta dei detti Democristi e per chiedere opportuno permesso. L'Ecc.ma Reggenza ebbe a rispondere al Sacerdote Don Bucci che la missione del prete e del Parroco in Repubblica si è quella di attendere al bene delle pecorelle ad esso affidate e che non deve in modo alcuno intromettersi in affari politici, e che il paese nostro non vedrebbe di buon occhio un convegno di cattolici in S. Marino, mentre era facile che fossero per suscitare malumori e disturbi dei quali avrebbe tenuto responsabile lo stesso Don Bucci mentre non poteva né negare né accordare il permesso richiesto e come touriste a tutti è permesso di visitare la Repubblica.

            Il Congresso approva pienamente l'operato della Reggenza, conferma la libertà in chiunque di venire in Repubblica purché non siano per creare disturbi, e crede opportuno rendere informati il Vescovo del Montefeltro del contegno poco corretto del Don Bucci, a mezzo dell'Arciprete Don Giampaoli, affinché lo richiami ai suoi stretti doveri di Parroco. e di Sacerdote"[4].

            Atterriti dalle possibili funeste "ire politiche" di cattolici bramosi di ripiombare nel Medioevo, dunque, i locali governanti, seguendo l'abituale i mentalità fin troppo guardinga e scrupolosa che da tempi immemorabili caratterizzava l'intellighenzia locale, e che era sempre e comunque tesa a bloccare qualsiasi trasformazione dello status quo, di destra o di sinistra che fosse, osteggiarono il progetto di Don Bucci, anche se non poterono ovviamente vietare l'ascesa al Titano di Murri e dei suoi adepti. L'incontro dei dc romagnoli dovette però necessariamente ed ipocritamente assumere la veste di una gita turistica in Repubblica.

            Alle 4 di mattina del 24 agosto una lunga carovana di carrozze s'incamminò da Rimini per salire a San Marino. In un primo momento era stato chiesto il permesso a monsignor Giampaoli di far parlare Murri nella Pieve, ma egli, forte dell'appoggio della Reggenza, aveva rifiutato, sostenendo che in chiesa non si doveva assolutamente fare politica. GI'interlocutori dell'arciprete gli fecero notare che il discorso di Murri era ricalcato sul Vangelo, e che vietandolo era come se si vietasse la predicazione della parola di Cristo. Ma egli fu irremovibile: l'unica con­cessione che fece fu quella di permettere la celebrazione di una messa a don Sirotti, presidente del circolo dc di Ravenna; Murri fu costretto a fare il suo discorso, come si è detto, sotto la seconda torre. Ciononostante la sua allocuzione esordisce così:

            "La repubblica di S. Marino della quale oggi siamo ospiti, o amici, resse, protetta dalla sua materiale debolezza, in secoli di servitù civile, perché di qui l'Italia traesse gli auspici del suo rinnovamento; ed anche oggi che lo straniero ha lasciato l'Italia e governano gli ordinamenti civili che le diede la monarchia “liberatrice”, essa può apprendere nella repubblica di S. Marino, in questo piccolo terso specchio di un'era di libertà grandi e gloriose, l'esempio di maggiori franchigie popolari, di più savii ordinamenti, di mite e serena virtù civile. Ma per noi cattolici che, essendo fuori per breve tratto dai confini dell'Italia nostra, respiriamo tuttavia qui, oggi, un'aura di maggiore italianità, per noi la repubblica di S. Marino, è, fuori di limiti di tempo e di spazio, un segnacolo manifesto e caro: poiché qui dove odii politici non conturbano il sereno possesso della religione cristiana, né i rappresentanti di questa ebbero motivo di trarsi crucciosamente in disparte, stringendo nelle braccia gelose gli antichi e i vecchi istituti, e lasciando ad altri il dominio delle forze che muovono il mondo, qui noi vediamo splendere, in felice accordo, Libertà e Cristianesimo e avvantaggiarsi l'uno dell'altro".

            Evidentemente anche Romolo Murri preparò il suo discorso dando più peso al mito di cui era stata avvolta nel tempo la Repubblica di San Marino che non alla sua concreta realtà sociale e politica.


 

[1] P.G. Grassi, Il discorso di San Marino 1902, ed. Frama's, Catanzaro 1974, p. 57.

[2] Ibid., pp. 57‑58

[3] Più volte durante i miei studi mi sono imbattuto in polemiche contro il clero dimorante a San Marino dovute, probabilmente, allo sviluppo di una mentalità molto diffidente nei confronti di tutto quanto fosse legato alla Santa Sede per le tensioni che a lungo sono esistite tra Repubblica e Papato. A titolo di esempio rimando all'episodio che racconto a pagina 80 del mio I Tempi di Palamede Malpeli. La Repubblica di San Marino nell'età della Destra Storica., San Marino, 1994.

[4] Archivio di Stato della R.S.M., Atti del Congresso Economico, vol. H, n. 8, seduta del 30 luglio 1902.

 

 

 

 

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