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 I Montefeltro e la Repubblica di San Marino 

 

I secoli XIV e XV furono quelli in cui per la sopravvivenza e l’evoluzione della comunità sammarinese si dimostrarono fondamentali l’aiuto e la protezione della famiglia comitale dei Montefeltro. La formazione della signoria dei Montefeltro avvenne sotto l'imperio di Federico I Barbarossa (1125-1190 circa), che assegnò San Leo, anticamente detta proprio Montefeltro, come feudo ad un ramo dei conti di Carpegna. Nel 1220 i Carpegna, assunto ormai il nome di Montefeltro, ottennero da Federico II di Svevia anche Urbino. In seguito i poteri politici dei conti crebbero rapidamente a scapito di quelli dell'altra importante autorità della zona, cioè il vescovo, anche perché per quasi un secolo essi riuscirono a controllare e disporre pienamente del vescovado facendovi nominare loro uomini.

In questa particolare e favorevole situazione i conti di Montefeltro, per accrescere il loro potere rispetto a quello dello Stato della Chiesa, largheggiarono in esenzioni e privilegi verso le terre ed i castelli del loro circondario, così da guadagnarne la fedeltà e l'alleanza. Quando la Santa Sede cercò di porre riparo a questo fenomeno e riprendere un controllo più rigoroso sulla zona, la situazione era ormai già seriamente compromessa, poiché Urbino ed i territori limitrofi, tra cui San Marino, si sentivano svincolati dalla sottomissione fiscale e dal dominio di Roma, e miravano all'autogestione. Nella seconda metà del 1200 vi furono vari tentativi dei vescovi fedeli a Roma di riprendere la supremazia su San Marino, ma ormai la politica indipendentista favorita dai conti di Montefeltro aveva creato nei sammarinesi l'idea che il loro comune non dovesse essere soggetto alla sovranità della Curia romana.

L'alleanza e la collaborazione tra i conti di Urbino e i sammarinesi sono dunque da far risalire quasi sicuramente alla fine del XIII secolo, e arriveranno a consolidarsi ancor più nei secoli successivi, quando i Montefeltro avranno una parte assai attiva nella gestione della piccola comunità del Titano.  Infatti in un documento del 1360 redatto da Giovanni De Levalossis, potestà del Montefeltro, si citano in giudizio i comuni di Pietrarubbia, San Leo, San Marino e Monte Copiolo accusati di favorire la tirannide dei Montefeltro e di non volersi sottomettere al controllo pontificio.

I sammarinesi aiutavano i Montefeltro all'occorrenza, come testimonia l'episodio accaduto nel 1322 quando il conte Speranza, per salvarsi da una sommossa scoppiata ad Urbino, trovò rifugio nella rocca sammarinese. Ugualmente gli Urbinati erano prodighi di consigli, di aiuti militari e di altro genere, poiché avevano tutto l'interesse a mantenere una roccaforte inespugnabile ed importante come quella sammarinese sotto il loro diretto controllo.

Negli anni successivi l'alleanza tra i Montefeltro e San Marino contro la Curia romana proseguì, tanto da indurre il pontefice a scomunicare ripetutamente i sammarinesi insieme ai loro alleati. Intorno alla metà del XIV secolo, però, e fino al 1375 il papato riuscì a ridimensionare notevolmente la potenza  dei  Montefeltro, e parve proprio che anche San Marino dovesse tornare ad essere proprietà di Roma. Tuttavia questi furono anni (periodo avignonese) in cui lo Stato della Chiesa ebbe grandissime difficoltà a sostenersi come potenza politica; i suoi vescovi perciò non riuscirono più a tornare pienamente in possesso di quel potere feudale e politico che avevano detenuto nei secoli precedenti. I Montefeltro alla fine del '300 riuscirono quindi a ripristinare il pieno dominio sul loro regno, e ciò fu naturalmente di beneficio anche per i sammarinesi.

Pur tramontando l'autorità dei vescovi, infatti, apparvero all'orizzonte altri potenti desiderosi di appropriarsi del monte Titano, in particolare la famiglia dei Malatesta.

La famiglia Malatesta di Verucchio, padrona dal 1295 anche di Rimini ed in continua espansione sui territori limitrofi, guelfa e nemica storica dei Montefeltro, ghibellini, fu senz'altro in questo periodo il nuovo pericoloso avversario di San Marino. L'alleanza coi Montefeltro si strinse ancor più, dunque, perché sia i conti di Urbino sia i sammarinesi erano assai interessati a limitare la potenza e l'espansione territoriale dei Malatesta. Da questo momento Verucchio e San Marino furono per secoli contrapposti ed in forte attrito tra loro per motivi politici, ma soprattutto per motivi di definizione dei confini, perchè entrambi rivendicavano terre poste nella zona in cui confinavano. Soprattutto con Sigismondo Malatesta (1417-1468) la situazione divenne particolarmente turbolenta, e le ostilità si accrebbero. Vi sono testimonianze che documentano che nel 1440 i soldati sammarinesi, agli ordini del giovane Federico di Montefeltro, assaltarono e saccheggiarono le terre sottostanti a Verucchio e tentarono di sorprendere ed impossessarsi di Serravalle (che ancora apparteneva ai Malatesta). In quest'occasione l'assalto fallì e la situazione territoriale rimase come in precedenza; la guerra comunque continuò, ed i rapporti con i conti di Urbino divennero necessariamente fitti e costanti, con scambi di uomini e materiali per fronteggiare le temibili situazioni che si venivano a determinare. La guerra si concluse nel 1463 a favore dei Montefeltro e dei sammarinesi: i primi riuscirono a ridimensionare completamente la potenza dei Malatesta, divenendo così la signoria più potente della zona; San Marino ricevette invece per il concreto aiuto fornito nel lungo periodo di guerra i castelli di Serravalle, Montegiardino e Faetano, allargando così i suoi confini fino a raggiungere le dimensioni territoriali attuali.

Anche dopo la conclusione della guerra, tuttavia, i rapporti tra Urbino e San Marino continuarono, poiché i Sammarinesi considerarono sempre i Montefeltro come loro protettori e consiglieri, così come i Montefeltro, pur rispettando l'autonomia formale della Repubblica, ritennero il territorio sammarinese soggetto al loro esclusivo controllo ed alla loro tangibile ed ingerente influenza.

Gli ultimi anni del '400 furono tranquilli, ed i rapporti tra San Marino ed Urbino godettero di ottima armonia. Nel 1502-1503, invece, avvenne l'invasione e la sottomissione della zona da parte di Cesare Borgia, ed il conte Guidobaldo, erede di Federico, morto nel 1482, dovette momentaneamente fuggire dal suo dominio e rinunciare alla protezione dei sammarinesi. Con la caduta del Borgia, però, Guidobaldo ritornò in possesso della sua signoria, ma non avendo discendenza maschile, emerse il problema della sua successione. Infatti quando morì nel 1507, il Montefeltro divenne proprietà dei Della Rovere, poiché una sorella di Guidobaldo aveva sposato un membro di questa famiglia. Tra l'altro tale successione venne favorita da papa Giulio II, appartenente sempre allo stesso casato. Nonostante l'estinzione dei Montefeltro, però, i rapporti tra San Marino ed Urbino continuarono nella stessa maniera, ed i duchi di Urbino in varie occasioni continuarono ad adoperarsi in favore dei sammarinesi: come nel 1543 e nel 1549, per esempio, quando la Repubblica corse il pericolo di essere soggiogata da Fabiano da Monte San Savino e da Leonardo Pio. Ugualmente, quando accadevano liti interne tra le famiglie sammarinesi più potenti, quelle cioè detentrici del potere sulla piccola Repubblica, erano sempre i Della Rovere a fungere da pacieri e consiglieri, come successe nel 1522, quando scoppiarono forti dissidi tra i Gabrielli ed i Belluzzi, o nel 1560, quando si ebbero episodi analoghi fra i Brancuti ed i Belluzzi.

I Della Rovere si estinsero nel 1631: da questo momento in poi San Marino dovette allacciare rapporti assai vincolanti, spesso molto più problematici e limitativi di quelli che in precedenza aveva saputo tenere con Urbino, con lo Stato Pontificio.

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