Pagina Iniziale

 Le fortificazioni del monte Titano  

E' ormai noto che il monte Titano è stato frequentato ed abitato da tempi remotissimi. Il suo centro storico, tuttavia, quello cioè racchiuso ancor oggi da mura difensive, ha avuto uno sviluppo lento e graduale, legato all'aumento del numero dei suoi abitanti ed alle vicende storiche della zona, soprattutto di natura bellica,  di cui i sammarinesi si sono dovuti sempre preoccupare.

L'ipotesi storiografica attualmente più probabile, ma non del tutto certa, sostiene che il centro storico si sia evoluto attorno ad un monastero situato sul monte, di cui abbiamo traccia documentale dal 511 d.C. Non si sa con certezza quanti monaci vi risiedessero, né se attorno al monastero si sviluppasse fin da subito un villaggio, anche se è possibile poiché in altre zone d'Italia vari paesi e città sono nati nella stessa maniera, ed anche perché il monte Titano risulta abitato da tempi assai lontani.

Neppure si sa se il monastero fosse fortificato, ma la pericolosità dei tempi lo lascia lecitamente credere. Da questo primo nucleo di individui, comunque, si dovette sviluppare una comunità di qualche decina di famiglie che ad un certo punto della sua storia sentì l'esigenza di difendersi da possibili attacchi nemici: da qui la necessità di fortificarsi attraverso la costruzione  prima di un castello, poi di robuste mura.

Non si hanno documenti che attestino il momento della nascita delle rocche, ma è probabile che un centro abitato fortificato sorgesse sul monte già intorno al X-XI secolo, verosimilmente ai piedi dell'attuale prima torre, ovvero la "Guaita". Si sono trovate tracce ai piedi della seconda torre (ma le ricerche sono tuttora in corso), cioè la cosiddetta "Cesta", di mura ancora più antiche costruite in tempi remotissimi da popolazioni stanziate sul monte; comunque il centro abitato medioevale si è consolidato attorno alla Guaita, e la cinta muraria si è gradualmente allargata e sempre più fortificata in seguito man mano che sono aumentati i residenti, tanto che si possono individuare tre gironi murari sviluppatisi in tempi diversi.

Il primo girone partiva dalla Guaita e si svolgeva soltanto nella zona più elevata del monte. Con molte probabilità non comprendeva al suo interno la Pieve con la sua curia, né l'attuale zona del Pianello e del Palazzo Pubblico. Vi si accedeva tramite la cosiddetta "Porta Vecchia", ovvero la porta principale collocata nei pressi della Pieve, e forse attraverso un'altra porta secondaria e più angusta non più esistente. E' possibile che all'interno di queste prime mura, la cui edificazione è stata da alcuni studiosi collocata tra l'undicesimo ed il dodicesimo secolo, trovassero spazio solo poche abitazioni, quelle cioè dei residenti originari, mentre i nuovi arrivati, o quelli di cui non ci si fidava troppo, potevano costruire le loro case solamente ai piedi delle stesse, le cosiddette “piagge”.

La "Cesta" ed il "Montale" (la terza torre) vennero edificate in seguito, per poter dominare anche quella parte del monte e del suo circondario che dalla "Guaita" non era visibile e controllabile. Nel 1320 vi è la testimonianza documentale della loro esistenza, per cui la loro costruzione può essere avvenuta nel secolo precedente, o forse nel XII. Il nome "Cesta", di derivazione romana, può fare presupporre che già secoli prima esistesse su quel picco una torre di segnalazione eretta dagli antichi Romani. Il Montale ebbe importanza come roccaforte fino al XVI secolo, poi venne lasciato in completo abbandono. Solo nel XVIII secolo si volle restaurarlo, anche se non assunse più interamente la sua  forma primitiva che era dotata di mura fortificate.

La seconda cinta muraria dovette essere edificata verosimilmente tra il XIII e gli inizi del XIV secolo. Vi sono testimonianze che comunque attestano che nelle prima metà del '300 era in piena efficienza. Venne a comprendere al suo interno tutta la curia plebale fino al “Cantone” compreso, la zona del “Pianello” fino all'attuale "piazzetta del Titano", che rimase però fuori dalle mura, e fino all'arco della Fratta, accanto all'attuale parcheggio n° 6. Queste mura dovettero avere diverse porte d'accesso, ma è assai probabile che la porta del paese principale fosse quella ancora oggi visibile murata all'interno dell'albergo Titano, presente sull'omonima piazzetta. Fu con la costruzione di questa cinta muraria che il Pianello divenne la piazza centrale della comunità, e che venne eretto il nuovo palazzo del comune, presumibilmente agli inizi del '300. Questo palazzo sorgeva dove ora c'è la cosiddetta "Parva Domus" ("piccola casa" per distinguerla dalla "Magna Domus", ovvero "grande casa" che era il palazzo pubblico), ed era munito di una torre di osservazione costruita per tenere sotto controllo la cinta muraria in tutta la sua estensione, in particolare nel suo svolgimento verso il Cantone.

All’esterno del secondo girone, nella zona oggi corrispondente a via Omerelli, sorgeva il quartiere commerciale di Città con varie botteghe ed edifici di proprietà soprattutto dei Belluzzi, la prima famiglia locale capace tra ‘3 e ‘400 d’inserirsi con perizia nei traffici commerciali che transitavano per San Marino, soprattutto con la compravendita di pannilani di un certo pregio, ed arricchirsi.

Dopo il 1320 si provvide a collegare la Guaita con la Cesta e con il Montale tramite un prolungamento delle mura che doveva iniziare approssimativamente in corrispondenza dell'attuale arco della Fratta. Questa zona rimase comunque sempre disabitata e, grazie a norme statutarie rigorose, deliberatamente incolta: da qui il nome di "fratta". 

Il terzo girone delle mura venne costruito approfittando del fatto che dal 1361 in poi s’iniziò nell'immediata periferia del paese, a ridosso del secondo girone, la costruzione del convento di San Francesco, che precedentemente sorgeva distante dal centro, in località Murata, e che venne fatto spostare per paura che potesse divenire un avamposto per i nemici dei sammarinesi, se fosse caduto nelle loro mani. All'inizio il convento di San Francesco sorse come semplice oratorio in onore del santo, voluto e finanziato probabilmente da un benestante sammarinese (Vanne di Nomaiolo) e costruito sotto la supervisione di un artigiano locale (mastro Menetto). L'oratorio di Vanne, rivolto ad oriente così come voleva la liturgia dell'epoca, corrispondeva circa all'odierna sagrestia: essa infatti ancora mostra al suo esterno tre rozze finestre fatte con pietre meno raffinate del resto della chiesa, che verrà edificata successivamente. La prima pietra dell'oratorio venne collocata nel 1361. Nel 1373 s’iniziò a costruire il convento vero e proprio per opera di mastro Battista da Como, aiutato da altre maestranze di quella città, particolarmente abili e richieste per la realizzazione di fabbricati artistici e di prestigio. Occorsero circa dieci anni per arrivare al tetto, ma alcuni lavori proseguirono anche nei primi anni del Quattrocento. La demolizione del vecchio convento di Murata iniziò nel 1392. Poiché il nuovo convento venne fabbricato con una sua particolare cinta muraria di protezione (così come aveva anche il convento di Murata), l'ampliamento delle mura sammarinesi poté avvenire estendendo e allungando la cinta del convento, che venne collegata con l'arco della Fratta e con il bastione del "Macello". Questo avvenne tra il 1441 e il 1451, cioè in un momento di aspro conflitto con i Malatesta, signori di Rimini e circondario.

Nel 1451, poi, si ha la testimonianza che la porta costruita nelle mura del convento (l'attuale Porta del Paese) divenne la "Porta del Loco", ovvero la porta principale di San Marino. Le altre porte che vennero aperte in queste mura sempre nello stesso periodo furono la "Porta della Ripa", in zona "Macello", la "Porta della Murata Nuova", ovvero una porta che si apriva nei pressi dell'attuale teatro Titano, ed una quarta porta che approssimativamente sorgeva nei pressi dell’attuale arco della Fratta. Da questo punto nascevano le mura che congiungevano il centro abitato alla Cesta ed al Montale.

 

 

 

 

Le fortificazioni erano ovviamente sorvegliate da uomini armati. Fin dagli statuti del 1320 vi è la testimonianza che i sammarinesi provvedevano da soli ad organizzarsi in milizie cittadine per difendere il loro paese. Negli stessi anni, inoltre, la comunità cominciò ad acquistare sistematicamente armi, in particolare balestre, da fornire all'occorrenza alle sue milizie, e a tenere registri di coloro che dovevano obbligatoriamente svolgere servizio militare a vantaggio del paese. Tutti i maschi dai 14 ai 60 anni di età erano tenuti ad eseguire a turno tale servizio, così come erano obbligati ad accorrere in difesa della comunità con le loro armi personali in caso di pericolo. Chi si rifiutava di rispondere alla chiamata al servizio veniva multato o imprigionato.

Fino al XVI secolo l'organizzazione militare sammarinese si basò sulle "cerne", ovvero piccoli manipoli di soldati (circa una decina) comandati da un "capitano". Questi piccoli drappelli in tempi normali dovevano svolgere a turno servizio di pattugliamento diurno e notturno, prevalentemente in Città e Borgo. In caso di attacco, però, la difesa si concentrava tutta sul monte, ed il resto del territorio veniva praticamente abbandonato a se stesso. In tempi di pericolo, inoltre, erano riunite insieme più "cerne", così da formare manipoli di 70 soldati circa, agli ordini di un unico graduato. Di solito un gruppo simile veniva radunato anche ogni mercoledì per pattugliare il mercato in Borgo dove non erano infrequenti risse e tumulti. Vi sono documenti che comprovano che agli inizi del 1400 San Marino poteva avere alle proprie dipendenze circa 250-300 soldati, numero che andò aumentando nel corso del secolo.

Nel '300 e nella prima metà del '400 l'arma principale fu la balestra; tuttavia risulta che nella seconda metà di questo secolo la comunità sammarinese disponeva pure di 68 archibugi, 6 schioppi e 41 schioppetti, ma quasi tutte queste armi da fuoco erano private. I soldati venivano radunati con il suono delle campane: da un documento del 1539 emerge che con un suono breve unito ad un suono lungo tutti i soldati del territorio dovevano riunirsi dopo otto giorni (in genere per esercitazioni); con tre rintocchi successivi l'adunata doveva avvenire entro quattro ore; con tre rintocchi, due spari ed un fuoco acceso in cima alla Guaita l'adunata doveva essere immediata. In caso di possibile assedio ogni soldato doveva prendere una precisa posizione sulle mura ed all'interno di Città: nulla era lasciato all'improvvisazione.

 

Copyright© 2004 Verter Casali