Un errore del Malagola?
In merito alla bandiera storica sammarinese e ai colori che
originariamente la componevano, sussistono ancora oggi parecchi
dubbi, in quanto manca documentazione sufficiente a capire con
esattezza come fosse in passato e come si sia eventualmente
modificata attraverso i secoli.
Solo grazie ad alcune scarne tracce documentali, infatti, ci è
possibile intuire che la Repubblica di San Marino era in possesso di
un vessillo anche prima dell’epoca contemporanea, quando il bianco e
l’azzurro furono adottati in maniera esplicita e ufficiale come gli
unici due colori che dovevano esservi rappresentati.
E’ documentato che nel 1503 Francesco di Marino Giangi, comandante
di una compagnia di militi sammarinesi schierata in quel momento
contro l’esercito di Cesare Borgia al campo di Longiano, dando
notizia ai Capitani Reggenti, in data 16 settembre, della presa di
quel castello, chiedeva che gli venisse inviata con urgenza la
bandiera sammarinese affinché i soldati della Repubblica non
dovessero marciare e combattere sotto vessilli estranei, potendosi
così distinguere chiaramente dagli altri raggruppamenti militari
impegnati in quel conflitto.
Un altro documento d’archivio ci mette al corrente che il
sammarinese Cristoforo Martelli, essendo stato assunto per dirigere
la pretura di Forlì, il 26 maggio 1517 chiedeva alle autorità della
Repubblica lo stendardo di San Marino per spiegarlo in quell’occasione
in onore suo e della patria d’origine, affermando che anche altre
volte era stata concessa la bandiera per situazioni analoghe sia a
cittadini che a forestieri.
Le milizie sammarinesi, inoltre, disponevano fin dalla prima metà
del Cinquecento, ma forse anche da prima, della figura del “bandirario”,
ovvero l’addetto a portare la bandiera del locale raggruppamento
militare.
Altre notizie, però, per i secoli precedenti e per quelli successivi
non sono ancora emerse. Nella documentazione conosciuta relativa al
‘600 e al ‘700, non si dà importanza alla bandiera sammarinese, né
vi si accenna per nulla.
Neppure gli statuti secenteschi, pur così precisi e minuziosi su
tutti gli aspetti della vita politica e sociale sammarinese, ne
parlano. L’unica traccia che vi si trova è nella rubrica XIV del
libro 1 (Dell’ingresso e del giuramento dei Signori Capitani),
in cui si stabilisce che il passaggio del potere dalla vecchia alla
nuova Reggenza il 1° ottobre e il 1° aprile dovesse avvenire
simbolicamente tramite un rito diverso da quello attuale, in quanto
la coppia di Reggenti uscente era tenuta a consegnare a quella
entrante i sigilli statali, le chiavi principali del paese e la
bandiera.
Oggi tale passaggio avviene invece con la consegna del collare
bianco-azzurro, istituito con l’Ordine Equestre di San Marino del
1859 e decreto aggiuntivo del 27 settembre 1868.
Come ho già avuto occasione di dire in altro mio scritto,
possono essere stati vari i motivi per cui San Marino non ostentasse
più di tanto davanti allo Stato Pontificio la propria dimensione di
Stato autonomo con un simbolo forte come era ed è una bandiera.
La ragione più verosimile, però, dipende dal fatto che il papato lo
considerava sempre e soltanto un feudo a cui aveva concesso
generosamente alcuni benefici nel corso dei secoli, ma nulla più[6].
Solo con l’arrivo delle armate napoleoniche attorno ai confini
sammarinesi il Consiglio Principe e Sovrano adottò la decisione di
ufficializzare i due colori che nel corso dell’Ottocento diventarono
poi sempre più l’emblema della statualità di San Marino: nella
seduta consigliare del 12 febbraio 1797, infatti, venne verbalizzato
in maniera improvvisa e non preannunciata “che la coccarda nostra
nazionale debba essere bianca e turchina, usata da queste Milizie”.
Se la creazione del vessillo bianco-azzurro sammarinese ha una data
ben precisa, e uno scopo iniziale teso a far distinguere senza
ambiguità i cittadini della Repubblica del Titano dagli altri del
circondario e dagli invasori francesi, che avevano coccarde con
colori diversi, sulla bandiera precedente di San Marino si sa ben
poco.
In genere si pensa che essa fosse un tricolore composta dal bianco
al centro e dal giallo e dal paonazzo, ovvero da una tinta tendente
al viola, ai lati. Questa ipotesi si basa su un documento ritrovato
da Carlo Malagola durante il suo lavoro di sistemazione
dell’archivio storico sammarinese compiuto tra il 1885 e il 1891,
anno in cui venne pubblicata la prima edizione del volume
“L’Archivio governativo della Repubblica di San Marino”, testo
basilare per chiunque voglia intraprendere uno studio sul passato
sammarinese.
Tale documento, che è l’unico fino ad oggi ritrovato da cui poter
ricavare plausibili informazioni sulla bandiera che precedette
quella bianco-azzurra, è del 1465, ed è una ricevuta di pagamento
intestata a “Antonio del Giochondi et frategli setaiuolj” e
“giovanni di ser giovanni dipintore”, che avevano fornito a San
Marino alcune stoffe “per fare uno stendardo per la vostra
comunanza”, come viene illustrato al suo interno.
Queste stoffe erano di colori ben specificati, ovvero il bianco, il
giallo e l’ “alesandrino”, “colore, quest’ultimo, tendente al
paonazzo”, ci dice lo stesso Malagola dopo essersi avvalso della
consulenza del conte L. A. Gandini, “eruditissimo illustratore della
storia delle antiche tapezzerie (sic)”.
Venne inoltre consegnata anche una tela più piccola di “taffetta de
Grana”, che era una stoffa di seta cotta di colore rosso cremisino.
“Considerando la quantità delle varie sorta di drappi usate, e l’uso
seguito nel comporre stendardi alla metà del secolo XV – afferma
sempre Malagola – può dedursi che il taffettà di grana, o
cremisino, fosse impiegato per la parte posteriore, mentre
l’anteriore, o il diritto, doveva probabilmente essere formato a tre
bande, la gialla e la paonazza ai due lati, e nel mezzo quella di
taffettà bianco, sul quale, perché più atto a ricevere la pittura,
sarà stato dipinto lo stemma della repubblica da Giovanni pittore,
se pure egli non vi dipinse l’effigie di S. Marino”.
L’unicità del documento, insieme all’autorevolezza del Malagola, e
conseguentemente del suo consulente esperto in tappezzerie antiche,
per cui implicitamente garantiva il Malagola stesso, ha indotto
tutti coloro che hanno in seguito parlato dell’antica bandiera
sammarinese, me compreso, a non eccepire sui suoi tre probabili
colori, anche se poi nella bandiera nuova appariva un colore,
l’azzurro, uscito praticamente fuori dal nulla.
Qualche tempo fa, però, mi ha contattato uno studioso tedesco di
vessilli e bandiere ( dr. Marcus
Schmöger)per
sottopormi alcuni suoi dubbi di natura storica e per chiedermi
perché Malagola affermasse che il colore “alesandrino” fosse un
paonazzo.
Pur senza dirmi a che colore corrispondesse l’alessandrino, mi ha
inculcato un dubbio non da poco: infatti mai avrei immaginato che
Malagola, sempre molto rigoroso nei suoi studi, fosse stato inesatto
sul significato di tale vocabolo per noi ormai desueto, per cui mi
sentii stimolato a intraprendere una rapida ricerca in un campo del
tutto nuovo per me.
Grazie ad internet, all’aiuto di un amico,
e alla cortesia di una studiosa esperta di tessuti rinascimentali
(si veda la nota 11), ritengo ora di poter affermare che
l’alessandrino, ritenuto dal Malagola un colore paonazzo, ovvero una
tinta tendente al viola, sia invece un tipo di azzurro, quindi uno
dei due colori della bandiera contemporanea sammarinese, anche se
forse con sfumature un po’ diverse rispetto a quello oggi in uso.
Questo permette di spiegare da dove nasca l’azzurro dell’odierna
bandiera sammarinese: in pratica essa è stata creata semplicemente
rimuovendo il giallo (per non avere richiami all’oro/giallo dello
Stato Pontificio?), e conservando gli altri due colori storici.
E’ solo un’ipotesi, ma penso abbia una certa fondatezza logica e
possa spiegare meglio delle congetture fino ad oggi seguite la
nascita del bianco-azzurro sammarinese, che poi in tale maniera non
sarebbe neppure una nascita, ma una semplice conservazione.
Tra i diversi siti o testi presenti in internet che ci parlano
dell’alessandrino, che Paola Fabbri, altra esperta di abbigliamento
storico, definisce nettamente “colore azzurro con riflessi dorati”,
desidero qui riportare una nota di un interessante volume uscito
recentemente e che in alcune sue parti è reperibile anche sulla
rete:
“Alexandrino – ossia di colore alessandrino, tante
volte ricordato nei Registri specialmente dei secoli XV e XVI. E che
tinta era questa? Il Gay nel suo glossario archeologico dice che era
una teinture rouge. E a prova cita il Trattato Fiorentino
sull’arte della seta del secolo XV, ove è detto al capo XVII del
tingere alessandrino, che si caccia la seta a bollire nell’oricello
(l’oricello è rosso, ma presso i fiorentini subiva un processo, pel
quale sortiva una tinta paonazza). Ma il Gay non lesse che la prima
parte del processo, poiché dopo il Trattato aggiunge, che la seta si
poneva in vagello, ossia in una caldaia di acqua calda con crusca
e allume di feccia per fissare la tinta; poscia nell’indaco,
e mettici, dice il trattato, quello che vuoi, ma non meno di
libbre sei. Dunque la seta restava tinta in azzurro. Ma colla
precedente applicazione di oricello, la seta doveva prendere un
riflesso metallico o tendente al violaceo azzurro. Nei registri di
guardaroba della Corte di Ferrara si fa spesso menzione dell’alessandrino,
ma sempre senza alcuna indicazione, poiché al tempo tutti dovevano
conoscere quale tinta fosse”.
Questa breve nota, che è stata scritta proprio da quel conte Gandini
della cui consulenza si era avvalso il Malagola, risulta assai
interessante perché ci permette di capire come nel tempo si sia
confuso l’azzurro alessandrino con il paonazzo per un errore
d’interpretazione del Gay.
Non sappiamo se sia stato Gandini ad indurre in errore Malagola
accettando in un primo momento quanto sostenuto dal Gay, per poi
correggersi con la nota riportata all’interno del testo citato, che
è del 1893,
quindi successivo a “L’Archivio governativo della Repubblica di San
Marino”.
Tuttavia, da quanto detto, risulta assai plausibile che il paonazzo,
ovvero il viola, non sia mai stato presente nell’antica bandiera
sammarinese, mentre verosimilmente già vi era un qualche tipo di
azzurro, insieme ovviamente al bianco su cui non ci sono dubbi.
La nostra bandiera attuale, quindi, non è frutto di qualche
innovazione cromatica adottata improvvisamente nel 1797 per motivi
imperscrutabili, ma scaturisce semplicemente dalla salvaguardia di
due dei tre colori storici.
Conoscendo il tradizionalismo dei Sammarinesi, che storicamente non
si sono mai dimostrati inclini a stravolgere quanto ereditato dal
passato, ma al massimo solo a ritoccarne alcuni aspetti, il fatto
possiede una certa coerenza.
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