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L’Ente Autonomo dei Consumi

    

 

A partire dal 1907, gli anni precedenti la prima guerra mondiale in Italia furono economicamente problematici, nonostante le forniture per la guerra di Libia contribuissero, dal 1911, a dare un po’ di ossigeno alla produzione industriale. Con lo scoppio della guerra mondiale, poi, la situazione generale ebbe un ulteriore contraccolpo, provocando problemi a livello monetario, commerciale e creditizio, con forte inflazione, rarefazione di molte merci, turbamento dei mercati finanziari, panico dei risparmiatori.
        Il fenomeno fu comune a tutta l’Europa, coinvolgendo quindi anche la piccola Repubblica di San Marino che, pur non avendo ancora industrie o un florido sistema commerciale, risentiva soprattutto della forte ondata inflazionistica del periodo. Proprio per far fronte a tale problema, che ovviamente andava ad incidere soprattutto sulle classi meno agiate e su chi aveva un reddito fisso, la logica che cominciò a diffondersi sempre più negli anni in questione, soprattutto tra socialisti e riformisti favorevoli ai ceti più disagiati, fu quella del cooperativismo a tutti i livelli, anche commerciali, per acquistare a costi contenuti così da rivendere a prezzi bassi.
        A dire il vero, le scuole di pensiero in merito erano due: i conservatori e coloro che non vedevano di buon occhio l’evoluzione della classe operaia attribuivano l’inflazione prevalentemente all’aumento dei salari ottenuto in quegli anni dai lavoratori stessi e dai contadini. I socialisti ed altri progressisti invece aderivano al pensiero di economisti, come l’inglese Rockell, i quali sostenevano che i prezzi erano aumentati a causa dell’estendersi dei trust, della speculazione che ne era derivata, degli sperperi dovuti alla cattiva organizzazione del sistema sociale, degli elevati costi, in denaro e lavoro umano, causati dalle guerre combattute e da quella che si andava predisponendo.
Le soluzioni che venivano suggerite erano prevalentemente due: favorire il liberismo per ridurre i costi di produzione e rompere i monopoli dei trust, ma soprattutto puntare molto di più sul sistema cooperativistico. Le economie effettuate coi trusts vanno ad accrescere i profitti degli azionisti; i vantaggi della cooperazione vanno ai consumatori sotto forma di riduzione di prezzi di costo dei generi necessari alla vita. Per arrivare a ciò occorre però che la cooperazione diventi più generale e più estensiva di quel che oggi non sia, che elimini la concorrenza nelle proprie file e che faccia i proprii acquisti alla sorgente e produzione delle materie prime degli alimenti dei manufatti.
[1]
        I socialisti già dall’interno del loro Programma Minimo, diffuso nel 1906,
[2] si erano ripromessi d’istituire cooperative di consumo, così com’erano tornati sul problema anche negli anni successivi,[3] per cui l’idea espressa da Franciosi attraverso le teorie di Rockell era piuttosto datata. Tuttavia dal 1914 si sviluppò dovunque un’inflazione tanto galoppante che l’esigenza di trovare forme di riduzione dei costi per le merci di prima necessità era divenuta prioritaria: da ciò l’infittirsi di un dibattito in proposito. C’era però un problema di non poco conto per istituire una cooperativa di consumo: l’ostilità nei suoi confronti da parte dei pochi commercianti sammarinesi, che ovviamente temevano una concorrenza troppo pericolosa.
        Proprio con uno di questi botteganti, che accusava i socialisti di voler mettere sul lastrico i commercianti locali, ebbe uno scontro verbale Pietro Franciosi: Dopo che la cooperativa di consumo si è aperta in un paese a noi vicino, ivi i negozianti si sono ridotti a mal partito: su tre mila anime 7 negozietti si disputavano i clienti: è venuta la cooperativa con un blocco di 150 azionisti e ora quei disgraziati, rivenditori non sanno più come tirare innanzi la vita. Maledetta la cooperazione e maledetti i cooperatori! Sono 7 famiglie rovinate e se continuerà la cooperativa qualcuno dovrà pur chiudere, e tutto ciò con quale utile? Franciosi obiettò che nessuno voleva il male del negoziante privato, che nei piccoli paesi in genere è un disgraziato sfruttato dai grossisti (che sono i veri fortunati che si arricchiscono alle spalle dei modesti rivenditori e dei consumatori). Tuttavia le merci prima di giungere nelle mani dei consumatori dovevano subire un percorso troppo tortuoso, che le portava a subire vari rincari, per cui si voleva evitare proprio questo: La cooperativa di consumo (…) tende a eliminare la catena, ad avvicinare il consumatore al produttore, facendo guadagnare a quello il guadagno degli intermediari. E’ un sistema nuovo che si vuole sostituire ad un sistema errato pel vantaggio della collettività: in un paese di 3.000 anime saranno sette che sono danneggiati dalla cooperativa, ma 2.993 che ne saranno avvantaggiati avendo merci a più buon mercato. Insomma, concludeva perentoriamente Franciosi, la cooperazione, che rappresenta il bene di tutti, deve fare la sua strada.[4]  
      
 La logica con cui ragionava Franciosi, insieme agli altri suoi compagni di partito, era tipicamente socialista: non era un grosso problema se qualcuno doveva rimetterci di suo, sosteneva; importante era che si facesse il bene del popolo e dei ceti più diseredati.
Ovviamente questa mentalità collettivista era agli antipodi rispetto a quella dei proprietari e dei commercianti; lo si vedrà bene nelle lotte e nei feroci scontri che accadranno a partire dal 1915 per la requisizione del grano a prezzi inferiori a quelli del mercato. Questa polemica nacque nella seduta consigliare del 10 agosto 1915, quando il gruppo socialista affermò categoricamente che i proprietari sammarinesi non dovevano approfittarsi della situazione bellica in cui si era per elevare ingiustificatamente il prezzo del grano, visto che loro, al contrario di quelli del regno italiano, non dovevano contribuire con tasse o in altra  maniera al finanziamento delle spese di guerra. Per tali motivi avanzarono una proposta in cui chiedevano l’istituzione di un ufficio annonario temporaneo per controllare la produzione ed esportazione del grano, la requisizione di 5.000 quintali di grano al prezzo di 35 lire al quintale, ovvero 10 lire in meno del suo costo in Italia, l’istituzione di tre spacci di granaglie e farina in Città, Borgo e Serravalle sotto il diretto controllo dell’annona, dove vendere tali prodotti a prezzi minimi, il controllo dei costi anche delle altre derrate di prima necessità per evitare che raggiungessero prezzi eccessivi.
        La proposta suscitò diatribe e proteste, ed un violento diverbio tra Franciosi e Domenico Fattori, ma alla fine il progetto di requisizione passò per 35 voti contro 5, mentre il discorso degli spacci, che comunque porterà gradualmente all’istituzione dell’Ente Autonomo dei Consumi di cui stiamo parlando, non ebbe per il momento seguito.
[5]
Nel Consiglio del 27 novembre Franciosi, membro dell’annona, ovvero l’ufficio preposto al controllo della requisizione, tornò a suggerire l’istituzione di una cooperativa per vendere i prodotti a prezzi bassi. Disse inoltre che la requisizione era proceduta bene  con i grossi proprietari, ma non con i piccoli che l’avevano osteggiata.[6] In realtà questa fu l’unica volta in cui la requisizione del grano non suscitò contestazioni troppo velenose e permise d’immagazzinare la quantità di frumento prevista dal Consiglio. Nelle requisizioni successive, che comunque susciteranno sempre discussioni a non finire tra i consiglieri, a volte con scontri e sospensioni delle sedute, e violente critiche da parte dei socialisti, che accusavano il ceto padronale di pensare solo ai propri interessi anche in un momento tragico come quello, spesso non si riuscì a rimediare il grano per soddisfare il fabbisogno interno, determinando la necessità d’importarlo da oltre confine. Già nel Consiglio del 4 maggio 1916 si annunciò, infatti, che la requisizione non aveva dato la quantità desiderata e si era stati costretti a comperarne svariati quintali in Italia al prezzo di 41 lire.[7]
        Fu in questo clima arroventato che venne dunque dato vita all’Ente Autonomo di Consumo. Il 18 marzo del 1917 la Società Unione e Mutuo Soccorso, ovviamente appoggiata dai consiglieri socialisti, presentò un ordine del giorno in cui domandava che, di fronte all’incessante ed arbitrario aumento di tutti i generi di prima necessità ed alle minaccie di nuovi rialzi; di fronte alla speculazione delle classi detentrici che nella speranza di maggiori guadagni tolgono anche dal commercio generi necessari alla vita, si procedesse ad una requisizione seria, sistematica e a prezzi equi dei generi di prima necessità e all’istituzione di un Ente Autonomo dei Consumi.[8] Il Consiglio sorvolò sulla petizione, ma la Mutuo Soccorso non si diede per vinta e strinse un’alleanza con le nove leghe operaie sammarinesi, oltre che col gruppo socialista, per ripresentare il 1° dicembre 1917 un progetto di statuto/regolamento, poi dato alle stampe con qualche lieve modifica,[9] dell’Ente così da dargli finalmente vita. Il Consiglio rimandò qualunque decisione in merito, ma il gruppo fondatore perseverò nella sua idea, cercando di sensibilizzare la popolazione tramite un pubblico manifesto in cui si sottolineava come fosse ormai impellente difendere l’incerto e scarso guadagno delle classi lavoratrici dagli abusi della speculazione esosa e fraudolenta, di cui fatalmente il piccolo commercio è destinato a moltiplicare i tristi effetti.[10]
      
 Il 20 aprile dell’anno dopo, dietro sollecitazione e appoggio anche della Reggenza, il Consiglio si dimostrò finalmente favorevole alla proposta approvandola e stanziando a suo vantaggio 50.000 lire.[11] Altri soldi vennero donati dalla Cassa di Risparmio e dalla Mutuo Soccorso, per un importo complessivo di circa 100.000 lire.
Nel giro di un mese l’Ente, che prevedeva un tesseramento, poteva contare già su 816 soci, tuttavia la sua attività iniziò il 1° settembre, dapprima con una sede in Città, seguita il giorno 3 da una in Borgo ed il 15 con un’altra a Serravalle. Inizialmente poté godere anche di aiuti esterni, in particolare da parte dell’Ente Autonomo di Bologna, del Consorzio Provinciale di Forlì e della Cooperativa Ferrovieri di Rimini, e riuscì a distribuire a prezzi contenuti una quarantina di prodotti di prima necessità.
[12]
       
L’iniziativa riscontrò grande successo: già nei suoi primi quattro mesi di vita registrò vendite complessive per 228.310,65 lire con un utile netto di 14.398 lire. [13] Di questo denaro più di 10.000 lire vennero accantonate in un fondo di riserva, ed il resto fu donato al patronato scolastico, al fondo pensioni della Mutuo Soccorso, alle case operaie, agli ospizi marini ed all’istituenda camera del lavoro.
Negli anni successivi i suoi affari aumentarono ulteriormente, tanto che in una sua riunione tenuta il 2 febbraio 1921 si comunicò che nell’anno appena trascorso aveva avuto un incasso complessivo di lire 1.067.787, con un utile di 47.015 lire. Di questo guadagno 1.500 £. vennero date alla nuova Camera del lavoro, altre 1.500 all’erigenda casa del popolo di Serravalle, 700 per un asilo “laico” che si voleva costruire in contrapposizione agli altri asili del paese gestiti dai clericali, 1.000 per mandare fanciulli bisognosi al mare per curarsi.
[14] Anche negli anni precedenti l’Ente investì parte dei suoi utili in opere umanitarie o a vantaggio delle iniziative di stampo socialista. Insieme all’Ente nacque l’Associazione dei consumatori, sempre con lo scopo di vigilare sui prezzi e la qualità delle mercanzie.
       
Di sicuro l’Ente dei Consumi non s’inserì nella società sammarinese senza creare qualche problema. In effetti la sua concorrenza diede non poco fastidio ai commercianti locali, che protestarono a lungo con le autorità, trovando naturalmente  appoggi e alleanze nei tanti nemici dei socialisti; tuttavia tali lagnanze non ebbero esiti immediati. E’ chiaro che la logica su cui era sorto l’Ente era antiborghese e filoproletaria, come la politica di requisizione del grano e di altri prodotti su cui c’erano già stati aspri scontri in precedenza, come si è già detto, e su cui ce ne saranno ancora. Questo modo di fare fu parecchio inviso quindi al mondo possidente e padronale della Repubblica che, appena potrà, annullerà o affievolirà tali iniziative. Infatti nel 1921, con i socialisti fuori dal Consiglio per la scelta da loro fatta nel novembre del 1920 di dimettersi in blocco,
[15] il Consiglio toglierà il suo contributo di 50.000 lire sostenendo che solo al governo dovesse spettare la distribuzione di generi di prima necessità a prezzi politici, e pretendendo, inutilmente, la maggioranza nel consiglio d’amministrazione dell’Ente Autonomo, e non solo quattro rappresentanti com’era stato fin lì.
       
Con l’ascesa poi del fascismo ai vertici dello Stato, e lo scioglimento del partito socialista nel 1922, l’Ente Autonomo terminò la sua esistenza e Gino Giacomini, suo presidente, verrà a lungo perseguito legalmente dal nuovo governo della Repubblica per cattiva gestione dello stesso.

 

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Documenti

 

Relazione della Società Operaia Mutuo Soccorso e Statuto/Regolamento dell’Ente Autonomo di Consumo letti 
nella seduta consigliare del 20 aprile 1918

 

Il perturbamento profondo che la guerra ha cagionato nella vita sociale, ha reso eccezionalmente gravi le condizioni già meschine delle classi più povere per effetto della speculazione la quale ha assunto le più deplorevoli forme di incontinenza.
Contro la sfrenata orgia dell’affarismo sono intervenuti i governi esercitando la doppia azione di monopolio e di disciplina nel campo della libera concorrenza, ma non ostante gli energici provvedimenti e gli atti d’imperio tendenti ad impedire gli esosi accaparramenti, a frenare l’eccessivo aumento dei generi di prima necessità, ad evitare l’azione malefica degli esportatori, il fenomeno che dal grande monopolio si fraziona e si moltiplica con effetti sempre più gravi al piccolo dettaglio, che dalle grandi città investe con conseguenze di non minore disagio i piccoli paesi come il nostro dilaga tormentando ogni giorno più la vita delle classi bisognose e maggiormente bersagliate dalle vicende attuali.
Lo spettacolo delle ingordigie, degli artifici, e dei trucchi a cui ricorre la speculazione privata, ha denudato agli occhi del pubblico tutta l’ingiustizia e la minaccia di un sistema basato sul privilegio, e ha dato al cittadino la coscienza istintiva del proprio interesse morale e materiale; la quale sarà la grande forza che domani farà muovere la società verso forme più giuste e più umane di amministrazione, nelle quali la produzione e la distribuzione dei prodotti verranno regolate in conformità dei reali bisogni pubblici.
A porre una remora ad una situazione di cose create in gran parte dall’abuso, gli Stati hanno dovuto accettare il principio del proprio intervento a difesa dei consumi, e lo stesso Governo della nostra Repubblica, legittimamente preoccupato delle circostanze in cui si sarebbe trovata la popolazione in balia del libero commercio, ha dovuto dettare leggi e assumere provvedimenti cautelatori; e sia con gli atti di requisizione del grano, sia con l’approvvigionamento di alcuni generi annonari di produzione non nostra, sia con il razionamento, il calmiere e via dicendo, ha iniziato quell’opera di tutela che per le prevedibili necessità del domani ognuno di noi augura venga sempre meglio organizzata con criteri più giusti e con mezzi più acconci.
Senza voler disconoscere le misure prese e le provvidenze disposte che rappresentano, oltre che un indiscutibile vantaggio materiale, una lodevole tendenza, è lecito ed anche utile rilevare che l’azione annonaria del Governo è lungi dall’essere completa nel campo degli approvvigionamenti e dall’appagare i complessi bisogni della popolazione nell’attuale momento.
E’ superfluo chiarire che qui non ci riferiamo all’opera legislativa e diplomatica del governo che riguarda la requisizione e la dispensa del grano, il sistema del razionamento e della tessera ecc., ma bensì la gestione amministrativa e per così dire commerciale dei generi annonari, che è inevitabilmente, per la natura e l’aspetto proprio, insufficiente e manchevole: 1° per la dei provvedimenti di carattere eccezionale; 2° per la limitazione dei generi distribuiti; 3° per la mancanza di spacci appositamente istituiti per la dispensa; 4° per l’inidoneità naturale dell’organo burocratico ad esercire una gestione commerciale; 5° per la mancanza di un diretto intervento, di una coadiuvazione e di una corresponsabilità del pubblico dei consumatori, le quali condizioni susciterebbero la formazione e lo sviluppo di un movimento educativo della cooperazione.
Per queste ed altre intuitive ragioni, riteniamo indispensabile la istituzione di un organo speciale per il rifornimento e la somministrazione dei generi di maggior consumo popolare, che traduca in atti l’opera di difesa e di tutela concepita dal Governo e preliminarmente iniziata, e che di conseguenza

Ø      abbia vitale continuità d’indirizzo e d’esercizio;

Ø      apra più largo campo all’acquisto dei generi alimentari e sia collegato al Consorzio Italiano e gli altri maggiori organismi della cooperazione;

Ø      possa facilmente corrispondere alle esigenze dell’intera popolazione istituendo uno spaccio in Città, uno in Borgo e uno a Serravalle;

Ø      abbia una amministrazione e un impianto tecnico e contabile bene organizzato e sia in possesso di competenza e di attitudine a condurre un’azienda;

Ø      sia sorretto dall’interessamento e dalla partecipazione del pubblico e informato ai principi della cooperazione.

Gli esempi che in questo argomento ci vengono così suggestivi anche dalle Città a noi più prossime valgano a indirizzarci sulla buona via.
Lo stato arretrato della cooperazione italiana e le deficienze della sua unità in confronto del movimento cooperativo dell’Inghilterra, della Svizzera e di altre nazioni, emancipato dalla soggezione del grande commercio e ormai costituente un ordinamento vasto e saldo, pose tutti coloro che sentivano l’urgenza di organizzare una difesa contro le degenerazioni della speculazione, nella necessità di chiamare in aiuto quelle forze collettive, quegli istituti di pubblica utilità dai quali la cooperazione stessa potesse trarre vigore per dar vita ad un organismo a larga base. Forse così l’Ente Autonomo dei Consumi fuori dalla diretta gerenza e responsabilità delle pubbliche amministrazioni quali sono, ad esempio, i servizi municipalizzati, ma risultante dal concorso finanziario del Comune, degli Enti cittadini e degli stessi consumatori, plasmato nel concetto dei suoi fautori, sui principi fondamentali della libera associazione affinché esso non dovesse avere un funzionamento meramente tecnico e di eccezione.
Qui dove il movimento della cooperazione non è nemmeno allo stato di tentativo, e dove il governo non ha ancora né preparazione, né attitudine per esercitare direttamente un’azione da annonaria in completo assetto tecnico, ma dove pur tuttavia il bisogno di un organismo che assolva questo grande compito urge ogni giorno più e dove le aspirazioni e le volontà sono così bene orientate da far concepire la speranza in un esito fecondo, l’Ente Autonomo dei Consumi si presenta come la più semplice, facile e spontanea forma organizzativa che possa conciliare ogni difficoltà e rendersi suscettibile di un reale beneficio.
La Società Operaia dalla quale noi teniamo l’incarico se ne è fatta promotrice e tanto sente la nobiltà del compito assunto che si propone di non attenuare nessun fervore d’impegno finché non abbia raggiunto lo scopo; e fin d’ora, per dare quel buon esempio che la sua qualità di promotrice rende necessario ha stabilito di concorrere alla vita dell’Ente con una somma di £. 15.000 e più se occorra.
Nello stesso tempo e allo stesso scopo ha convocato tutti i rappresentanti delle varie Istituzioni e organizzazioni cittadine dalle quali era possibile aspettarsi quella collaborazione finanziaria e morale che è necessaria per il compimento del nostro disegno; Cassa di Risparmio, Congregazione di Carità, Amministrazione del Collegio Belluzzi, Patronato Scolastico, Associazione degli Impiegati e Salariati, M. S. Femminile, Leghe Operaie. E l’appello non è stato fatto invano, ché tutti i summentovati Istituti che sia per le finalità che si propongono per l’elevamento e il benessere delle classi del lavoro, sia per l’interesse diretto che qualcuno di essi può avere alla costituzione dell’Ente dei Consumi del quale potrà poi essere noverato fra i clienti, hanno dimostrato quanto loro prema la tutela sociale del primo bisogno pubblico, assicurando alla nuova istituzione il concorso più efficace nella qualità e nella misura adeguata alla loro natura e capacità finanziaria.
Pari a questa sarà senza dubbio la rispondenza del pubblico, chiamato a formare l’associazione dei consumatori, a costituire la guardia fedele del nuovo presidio sociale. La modica azione di poche lire che verrà emessa a quest’uopo, se non consentirà la fondazione di un notevole capitale azionario -e tale non è il nostro divisamento- riuscirà però a costituire un largo stuolo di cooperatori solidali e vigilanti pronti a confortare e a difendere l’Ente nel suo cammino e nel suo sviluppo.
In questa gara operosa e benefica che dà affidamento dell’esito più lusinghiero, non sarà da meno il Governo della Repubblica a cui si offre un organo, come si desume dall’accluso progetto di Statuto, fornito delle migliori idoneità tecniche e amministrative, garantito dal concorso degli Enti, Istituti e sodalizi cittadini, che integra l’azione premonitrice dello Stato e lo rileva da uno dei suoi compiti più delicati e faticosi, difendendo dalla speculazione sempre pronta a defraudare il più debole sul mercato dei consumi, lo scarso ed incerto guadagno di quelle classi che traggono dal lavoro, intellettuale o manuale che sia, l’unico mezzo di sussistenza.
Rispondendo a questo invito con la sollecitudine e nella forma e misura di finanziamento che le circostanze suggeriscono e che ad ogni modo non deve esorbitare dal limite del fondo sinora impiegato nei comuni approvvigionamenti, il Governo darà prova tangibile come altra mai, di saper apprezzare una iniziativa per il cui buon esito tutti i suoi fautori sono pronti ad accettare gli impegni e le responsabilità conseguenti, e di saper compiere, prima sempre e al di sopra di tutti, per il bene pubblico, il dovere che l’ora reclama.
                                                                                Marzo 1918    Il Presidente e il Consiglio Direttivo della Società Operaia di M. S.

 

( E’ riprodotto anche in Ente Autonomo dei Consumi-Relazione morale e finanziaria per l’esercizio 1° settembre/31 dicembre 1918, Tipografia Sociale Sammarinese)

 

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Statuto dell’Ente Autonomo dei Consumi

 

Art. 1

 

Per iniziativa della Società di Mutuo Soccorso, è istituito nella Repubblica di San Marino un Consorzio volontario denominato “Ente Autonomo dei Consumi” allo scopo di acquistare i generi di prima necessità e di consumo quotidiano per distribuirli, a mezzo di tre spacci stabiliti in Città, Borgo e Serravalle, a tutti i consumatori, alle migliori condizioni possibili e senza alcun intento di speculazione.

 

Art. 2

 

L’Ente autonomo dei consumi è costituito:

  1. da tutti i consumatori che abbiano sottoscritto per una volta tanto, e a fondo perduto, un’azione di lire 2 (due), e che costituiscono insieme l’Associazione dei Consumatori.
  2. dal Governo della Repubblica;
  3. dagli Enti e Istituti di beneficenza e previdenza che contribuiscono con una somma non inferiore a £. 1.000 (mille).

 

Art. 3

 

Ogni Ente e Istituto dichiara al momento dell’adesione la somma per la quale partecipa alla formazione del capitale dell’Ente Autonomo dei Consumi, senza ulteriore sua responsabilità. I conferimenti maggiori di £. 5.000 potranno anche essere fatti sotto forma di conto corrente garantito presso la locale Cassa di Risparmio.

 

Art. 4

 

L’insieme dei contributi versati o garantiti, dei proventi eventuali e di esercizio, nonché il fondo di riserva, costituiscono il Capitale  a cui si limita la responsabilità dell’Ente di fronte a terzi.

 

Art. 5

 

All’Amministrazione dell’Azienda soprintendono una Commissione Amministrativa, un Comitato tecnico esecutivo. La Commissione Amministrativa è composta di 15 membri di cui: 7 eletti dai Consumatori associati; 4 dal Governo; 3 dalla Società Operaia, dalla Cassa di Risparmio e dagli altri Ente contributori.
La Commissione Amministrativa nomina nel suo seno un Presidente e un Segretario.
Essa delega le funzioni esecutive e direttive ad un Comitato Tecnico che può essere anche estraneo all’Amministrazione, del quale farà parte il Presidente.

 

Art. 6

 

Uno speciale Regolamento disciplina le funzioni della Contabilità, della Cassa, del Magazzino e degli Spacci di distribuzione, e stabilisce le norme relative all’assunzione e ai diritti e obblighi del personale.

 

Art. 7

 

I consumatori associati sono convocati entro il mese di Marzo di ogni anno per procedere alla nomina dei proprii rappresentanti nella Commissione Amministrativa, e dei Sindaci revisori, e per avere comunicazione del Bilancio dell’Esercizio precedente.

 

Art. 8

 

Le assemblee dei Consumatori associati sono convocate dal Presidente della Commissione Amministrativa o per domanda di un decimo dei consumatori medesimi.
Le assemblee sono valide qualunque sia il numero degli intervenuti. Soltanto in caso di variazioni allo Statuto o di scioglimento volontario dell’Ente, l’assemblea dovrà avere presente almeno un decimo dei soci.

 

Art. 9

 

La Commissione Amministrativa si rinnova per metà ogni anno, a cominciare dal secondo anno di vita, seguendo nelle rinnovazioni prima il criterio dell’estrazione a sorte e quindi quello dell’anzianità.
Alla rinnovazione dei membri della Commissione Amministrativa provvedono direttamente i Corpi che hanno avuto parte nella loro nomina.
Il Comitato Esecutivo e di direzione dura in carica due anni.
Tutti i membri sono rieleggibili.

 

Art. 10

 

La Commissione Amministrativa viene convocata in via ordinaria dal Presidente ogni volta che ne ravvisi l’opportunità, e, straordinariamente, a richiesta di un terzo dei suoi componenti.
Per la validità delle adunanze occorre la presenza della metà più uno dei componenti; per la validità delle deliberazioni la maggioranza assoluta dei presenti.

 

Art. 11

 

E’ compito della Commissione Amministrativa di deliberare circa:

a)      le operazioni e la scelta dei generi che debbono formare oggetto di commercio dell’Ente;

b)      l’approvazione del Bilancio annuale da sottoporsi all’assemblea dei Consumatori, al Governo, agli Enti consorziati;

c)      la formazione dei regolamenti disciplinari e la nomina e retribuzione del personale;

d)      ogni altro provvedimento diretto a disciplinare l’andamento generale dell’Ente.

 

Art. 12

 

Il Comitato esecutivo e tecnico è convocato dal Presidente; ad esso spetta di deliberare in merito:

a)      ai contratti di acquisto dei generi annonari;

b)      alla determinazione dei prezzi di vendita e del quantitativo di distribuzione dei vari generi;

c)      alla formazione del Bilancio da sottoporre all’approvazione della Commissione Amministrativa;

d)      alle operazioni finanziarie occorrenti;

e)      a tutti gli altri atti amministrativi non deferiti alla Commissione Amministrativa.

Per quanto riguarda la direzione tecnica dell’Ente il Comitato e per esso il Presidente:

a)      dirige l’azienda, ne sorveglia il buon andamento, promuove gli atti e le misure che valgano al miglior raggiungimento dei fini che l’Ente si propone;

b)      firma gli atti e contratti in rappresentanza dell’Azienda;

c)      rappresenta l’Ente in giudizio previa autorizzazione della Commissione Amministrativa;

d)      vigila sull’opera del personale addetto all’azienda.

 

Art. 13

 

Ogni Spaccio sarà vigilato e controllato da un Ispettorato di turno nominato dalla Commissione e al quale verranno deferite precise attribuzioni dal Comitato esecutivo e tecnico

 

Art. 14

 

Per la soluzione di qualunque vertenza interna è istituito un Collegio dei Probiviri composto di 3 membri di libera scelta nominati dall’Assemblea dei Consumatori. Il giudizio dei probiviri è inappellabile.

 

Art. 15

 

Qualora venga a mancare un membro della Commissione Amministrativa, l’Associazione o l’Ente che l’aveva nominato, provvederà alla sostituzione nel termine di due mesi.
Nel caso di dimissione dell’intera Commissione Amministrativa o dei Collegi dei Sindaci o dei Probiviri, i dimissionari rimarranno in carica fino alla loro sostituzione.

 

Art. 16

 

In caso di liquidazione dell’Ente Autonomo i sopravanzi attivi verranno devoluti a beneficio del fondo pensioni per gli operai istituito dalla Società Unione Mutuo Soccorso.
Nel caso di risultanza passiva si farà fronte anzitutto col capitale costituito a fondo perduto e, se questo sarà insufficiente, col capitale originario conferito o garantito, in proporzione dei rispettivi conferimenti.

 

Art. 17

 

Alla costituzione dell’Ente Autonomo dei Consumi è obbligatorio l’intervento dei delegati rappresentanti il Governo, e degli Enti e corpi consorziati.

 

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[1] P. Franciosi (Il Previdente), A proposito del caroviveri, in Il Titano, a. XII, n° 7, 15/2/1914, e anche in Pietro Franciosi Opere, scritti giornalistici, tomo II, Aiep editore, San Marino 1988.

[2] Il Titano, a. IV, n° 16, 1/12/1906. Si veda anche V. Casali, Storia del Socialismo sammarinese, di prossima pubblicazione.

[3] Contro il rincaro dei viveri, in Il Titano, a. VIII, n° 47, 20/11/1910.

[4] P. Franciosi (Il Previdente), Per la cooperativa di consumo, in Il Titano, a. XII, n° 19, 10/5/1914, e anche in Pietro Franciosi Opere, scritti giornalistici, cit.

[5] ASRSM, Atti del Consiglio, vol. H, n° 56, seduta del 10/8/1915.

[6] Ibid.

[7] Ibid.

[8] ASRSM, Atti del Consiglio, vol. I, n° 57, seduta del 27/3/1917.

[9] Ente Autonomo dei Consumi Statuto e Capitolati per il personale, San Marino 1920.

[10] E’ pubblicato anche in: Ente Autonomo dei Consumi – Relazione morale e finanziaria per l’esercizio 1° settembre/31 dicembre 1918, Tipografia Sociale Sammarinese

[11] ASRSM, Atti del Consiglio, vol. L, n° 58, sedute del  20/4/1918. Si veda anche Ente Autonomo dei Consumi – Relazione morale e finanziaria…, cit.

[12] In particolare registrò forti vendite di zucchero (per 59.634 £.), olio (33.016 £.), pane (26.627 £.), lardo (22.937 £.), riso (17.914 £.).

[13] Relazione morale e finanziaria…, cit. e anche Il Nuovo Titano, n° 22, 9/3/1919.

[14] Il Nuovo Titano, n° 68, 12/2/1921.

[15] Cfr. V. Casali, Storia del Socialismo sammarinese, cit.

 
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