Le
crisi diplomatiche con l'Italia
Grazie innanzitutto dell’invito. È
un po’ che manco dal Partito, anche se solo fisicamente, non
idealmente.
Confesso che mi è stato dato un
compito abbastanza difficile questa sera, perché i tempi sono
piuttosto stretti per il vasto tema che devo affrontare, cioè le
crisi diplomatiche sammarinesi del passato, quindi abbiate pazienza
se corro e se soprattutto sono costretto a sorvolare su fatti e su
periodi che sarebbero altrettanto importanti.
Dal momento che l’argomento della
serata riguarda prevalentemente i rapporti con Europa e Italia,
concentrerò quello che dirò proprio su questo.
Parlando di diplomazia sammarinese,
noi dobbiamo risalire sicuramente a tempi molto lontani, perché le
prime controversie con il vicinato si risolvevano con le armi,
quando ancora non esistevano le armi da fuoco e quindi eravamo
abbastanza competitivi militarmente.
Quando invece si sono sviluppate le
armi da fuoco, cioè dal 15° - 16° secolo, i sammarinesi non erano
più temibili e competitivi a livello militare, per cui si è dovuto
passare a rapporti prettamente diplomatici.
I primi diplomatici “artigianali”
sammarinesi emergono proprio in quei secoli, il XV e il XVI, e sono
figure come Marino Calcigni, Giovan Battista Belluzzi, Mastro
Antonio Orafo, tutti rappresentanti diplomatici di San Marino
appunto “artigianali” perché non lo fanno di professione, ma solo
perché lavorano e operano presso corti come Roma, Firenze o Urbino.
Questa è la prima diplomazia che la
repubblica possiede. Una diplomazia di tipo professionale comincia
invece a svilupparsi attorno al 1600: non a caso, perché è il secolo
in cui San Marino è costretto ad abbandonare la protezione del
Ducato di Urbino, che termina la sua esistenza in quanto si
estinguono i Della Rovere, i suoi signori, e deve passare sotto
l’amicizia “protettrice” dello Stato Pontificio, che terrà verso San
Marino un ben altro tipo di atteggiamento rispetto a quello sempre
benevolo che aveva dimostrato Urbino e rispettoso che in seguito
avrà il Regno Italiano, almeno quando si consoliderà.
Un atteggiamento che induceva Roma a
non considerare lo Stato Sammarinese pienamente indipendente e
autonomo, come questo avrebbe voluto essere ritenuto, ma solo un suo
feudo che godeva di benefici e privilegi gentilmente concessi nel
corso del tempo da parte di alcuni pontefici.
Non a caso il primo “incaricato
d’affari”, come si chiamava all’epoca l’ambasciatore, fu creato nel
1610 per essere assegnato alla corte pontificia. Da questo momento
in poi la diplomazia avrà un ruolo fondamentale fra San Marino e
l’unico Stato che lo circondava, perché era esclusivamente
un’enclave dello Stato Pontificio.
Nei primi decenni della scomparsa di
Urbino questo rapporto si mantenne tranquillo. Non sono documentati
dissidi tali da presupporre chissà quale tipo di attivismo di tipo
diplomatico. Invece i problemi, come ben si sa perché è uno dei
fatti storici più noti e su cui più si è scritto, avvengono con il
cardinale Alberoni nel 1739-1740.
Quest’uomo potente, con una lunga
esperienza politica alle spalle in quanto era stato per parecchio
tempo al servizio del re di Spagna, in quel momento svolgeva un
incarico a Ravenna per lo Stato Pontificio. Da qui si mosse per
invadere il territorio sammarinese, ovviamente con il benestare del
papa, perché si voleva porre fine all’enclave sammarinese, che
rappresentava un problema soprattutto per il contrabbando dei
generi di monopolio dell’epoca, che erano il sale e la polvere
pirica, ma anche i tabacchi a partire proprio dal 1700, e ancor più
era un problema come rifugio per i nemici del papa, che qui si
nascondevano perché comunque, pur considerandolo un feudo, le truppe
papaline in genere ne rispettavano i confini e non li violavano:
infatti fino a quel momento non avevano mai invaso il territorio
sammarinese.
Questo fu senz’altro il primo
momento in cui effettivamente agì con decisione una diplomazia a
favore della repubblica, portata avanti da personaggi che agivano a
favore di San Marino direttamente a Roma o anche da simpatizzanti
italiani o internazionali affascinati dal mito che il paese aveva
già all’epoca come più antico Stato del mondo.
Questa diplomazia diretta e anche
indiretta induce il papa a capire come stavano le cose realmente,
perché Alberoni gli assicurava che i sammarinesi, scontenti del
governo locale, erano invece contenti di essere diventati sudditi
dello Stato Pontificio. Invece, come è risaputo, il cardinale
Enriquez, inviato per verificare la volontà dei cittadini locali,
constatò che essi mal tolleravano il nuovo dominio, desiderando
tornare liberi e indipendenti.
I problemi con lo Stato Pontificio
non finiscono comunque con questi mesi di sottomissione, perché nel
1786 di nuovo viene circondato il territorio sammarinese, questa
volta dal cardinale Valenti Gonzaga, sempre per gli stessi motivi,
ovvero con accuse di contrabbando e di essere un fin troppo facile
rifugio per i nemici del papa.
Questo blocco dei confini durò vari
mesi impedendo importazioni e esportazioni: la popolazione, che era
già povera di suo, subì conseguenze piuttosto traumatiche da tale
evento. Per fortuna anche in questo caso un po’ grazie alla
diplomazia, un po’ grazie ad un altro cardinale che sostituì il
Valenti Gonzaga, di nuovo San Marino riuscì a tornare indipendente.
I problemi con lo Stato Pontificio,
tuttavia, aumentarono nel corso della prima metà del 1800, cioè in
piena epoca risorgimentale, quando San Marino divenne sempre più un
rifugio per chi fuggiva dal costante fallimento dei moti che
scoppiavano nel suo circondario. Tali problemi furono ricorrenti:
emersero nel ’20 e ’21, poi negli anni ’30 e nel ’48.
Nel 1849, come è ben risaputo,
avviene il fatto legato a Garibaldi e alle sue truppe che penetrano
nel territorio sammarinese e vi rimangono poi per qualche tempo,
determinando grossi problemi diplomatici con gli austriaci e con il
papa, che accusano i sammarinesi di scarsa collaborazione per
debellare la “banda garibaldina”. San Marino sa agire però in
maniera intelligente proprio per vie diplomatiche, riuscendo alla
fine a salvare un po’ tutti coloro che si erano rifugiati al suo
interno. La vicenda lascerà comunque velenosi strascichi negli anni
successivi.
C’è da chiedersi come mai San Marino
fosse così facilmente utilizzabile come rifugio per chi vi si voleva
nascondere. Non dipendeva tanto dalla volontà delle autorità
sammarinesi, che non avevano alcun interesse a provocare scontri e
problemi con i vicini, quanto per l’effettiva impossibilità di
tenere sotto controllo i confini sammarinesi: non disponendo infatti
di carabinieri professionisti, tutto era demandato alle milizie
cittadine, che erano composte da contadini e artigiani, cioè non da
persone particolarmente abili e preparate a svolgere
professionalmente quel tipo di lavoro.
Inoltre non c’erano barriere o
controlli di sorta sui confini; ovviamente questo permetteva a tanta
gente, politici ma anche delinquenti comuni, di nascondersi presso
famiglie ospitanti, che spesso avevano un tornaconto a farlo perché
in genere questa ospitalità veniva ricompensata in qualche modo:
dato che stiamo parlando di una società contadina estremamente
povera nella sua massa, è chiaro che ogni introito improvviso che
sopraggiungeva era manna che pioveva dal cielo.
I fatti del ‘49 provocarono problemi
poi negli anni successivi: infatti nel ’51 lo Stato Pontificio tornò
a circondare i confini della repubblica con le sue armate essendo
convinto che all’interno del territorio si nascondessero in quel
momento circa 3/400 rifugiati. In realtà i fatti dimostreranno che
erano molto meno, ma Roma approfittava di tali situazioni per
controllare direttamente quello che succedeva dentro il territorio
sammarinese.
Circondato e bloccato il territorio,
diede un ultimatum con cui imponeva che i rifugiati fossero
consegnati entro tre giorni, altrimenti sarebbero entrati
direttamente i soldati a prenderseli.
Le autorità sammarinesi a questo
punto rimasero totalmente spiazzate, per cui decisero, probabilmente
perché pensavano di non avere nulla da nascondere, di farli entrare
addirittura dopo 2 giorni, non 3, cioè prima della scadenza
dell’ultimatum.
Una volta entrati, fecero
perquisizioni anche con arroganza e con violenza, provocando un
forte malumore nella popolazione. San Marino, infatti, ha sempre
avuto un profondo senso della sua indipendenza e i sammarinesi la
fierezza della loro autonomia, per cui simile trattamento lasciò
parecchi veleni. Alla fine i soldati pontifici riuscirono a trovare
solo una trentina di rifugiati, e se ne andarono.
Questa invasione, accordata con le
autorità locali, sarà una delle concause che poi determineranno nel
’53, il 14 luglio, ricorrenza dello scoppio dalla Rivoluzione
Francese, la morte del Segretario Generale Politico di San Marino,
Gian Battista Bonelli, all’epoca la carica politica più importante
che vi fosse perché ancora non c’era il Congresso di Stato, e
nemmeno le segreterie politiche che conosciamo oggi. Il Segretario
Generale era l’unica figura politica che rimaneva in carica per
tutta la vita ed era il personaggio istituzionale più forte che San
Marino avesse ai suoi vertici.
Rimase ucciso per opera di un paio
di giovani del Borgo che gli tesero un agguato, sparandogli alla
schiena con un’arma da fuoco, vicino alla sua casa, nei pressi della
Pieve. Ovviamente questo fatto di sangue gettò il paese di nuovo in
uno stato di forte agitazione, così come i suoi vicini: non soltanto
lo Stato Pontifico, ma anche il Granducato di Toscana. Nel ’54,
inoltre, avvennero altri due omicidi di natura politica in cui
rimasero uccisi Gaetano Angeli e Annibale Lazzarini, due membri
della intellighenzia locale. Il primo era un giovane laureato in
legge; il secondo il medico condotto del paese.
E’ chiaro che i confinanti di San
Marino entrano in forte fibrillazione convinti com’erano che la
repubblica fosse ormai una realtà politica in preda alla totale
anarchia e in mano a una gruppo di fanatici e sanguinari ribelli,
perciò minacciano più volte di invadere il territorio.
A questo punto San Marino si apre
alla diplomazia internazionale: infatti cerca amicizia e protezione
a livello internazionale perché non è in grado di difendersi da solo
né dal papa né dal granduca di toscana. Trova tale protezione nella
nuova figura emergente della politica internazionale, cioè
Napoleone III, neo imperatore dei francesi, il quale nel ‘53 invia
una lettera alle autorità sammarinesi assicurando la sua amicizia e
la sua protezione. Nel ’54, quindi, San Marino apre il suo primo
consolato proprio a Parigi affidandolo all’avvocato Paltrinieri, un
abile personaggio di origini modenesi che già da diversi anni viveva
in Francia.
Una seconda mossa intelligente che
attuerà San Marino, sempre parlando della sua iniziale attività
diplomatica, avverrà nel 1857, prima dello scoppio della II guerra
d’indipendenza, quando dislocherà a Torino un funzionario
diplomatico in grado di agire a suo vantaggio, quasi prevedendo in
qualche modo il ruolo che avrebbero giocato i Savoia
nell’unificazione della penisola italiana.
Questi due funzionari, il console di
Parigi e l’incaricato d’affari di Torino, in seguito si muoveranno
ad ampio raggio, andando a Londra, a Vienna e presso altre corti
europee, ovviamente per creare amicizie e simpatie a vantaggio di
San Marino in un momento in cui la sua indipendenza era fortemente
in pericolo. Si dimostreranno fondamentali queste figure soprattutto
qualche anno dopo, nel 1861, quando, con la seconda guerra di
indipendenza, l’Italia verrà unificata quasi tutta sotto lo scettro
dei Savoia.
Chi conosce un po’ la storia del
Risorgimento italiano di questo periodo sa bene quale ruolo abbia
giocato Napoleone nella seconda guerra di indipendenza e come
l’Italia non potesse assolutamente contrariarlo ancor più di quello
che aveva già fatto in precedenza, magari annettendosi San Marino.
Quindi Napoleone è sicuramente uno dei motivi, probabilmente uno dei
principali, che ha permesso a San Marino di salvarsi in un periodo
particolarmente critico, in un periodo, cioè, in cui rischiava di
venire annesso, come tutti i territori italiani, sotto i Savoia.
In realtà, invece, l’Italia
rispetterà San Marino perché, contrariamente allo Stato Pontificio,
non terrà l’atteggiamento del padrone che aveva concesso qualcosa al
piccolo, almeno non in quel periodo, ma mirerà subito, anche se i
primi rapporti saranno piuttosto problematici, a creare e
sottoscrivere una convenzione.
La prima convenzione di buon
vicinato tra San Marino e Italia è del 1862, quindi poco tempo dopo
l’unificazione della penisola. In questa convenzione vennero
regolati i rapporti d’interscambio, così come fu concesso a San
Marino per la prima volta, aspetto importantissimo per la sua
economia, un canone doganale corrispondente a 19.000 lire
dell’epoca, che negli anni successivi diventeranno fondamentali,
purtroppo, per il bilancio sammarinese, perché saranno soldi con cui
l’Italia potrà ricattare San Marino nei momenti in cui i rapporti
non saranno idilliaci. Infatti all’epoca 19.000 lire corrispondevano
a più della metà del bilancio di San Marino, che in quel periodo si
aggirava sulle 34.000 lire annue.
Altro elemento fondamentale di
questa convenzione è legato al fatto che San Marino per la prima
volta viene riconosciuto ufficialmente e politicamente come Stato,
perché è vero che anche Napoleone Bonaparte aveva sottoscritto
alcuni trattati con i sammarinesi, ma erano di natura
prevalentemente commerciale, e non avevano di certo la valenza, e se
vogliamo anche la complessità, della convenzione del 1862.
Firmata la convenzione, i problemi
però ben presto riemersero con l’Italia perché San Marino continuava
ad essere accusato di essere ancora un rifugio troppo facile per i
disertori e per i nemici dei Savoia. Nel ’72, perciò, l’Italia
pretese che la convenzione fosse rifatta con clausole ancora più
specificate e precise.
Anche tale convenzione, tuttavia, si
dimostrò ben presto insufficiente: infatti due anni dopo, nel 1874,
l’Italia circondò i confini sammarinesi perché convinta che al loro
interno si nascondessero molti rifugiati, soprattutto mazziniani che
reputava pericolosi. In effetti ci sono tracce che in territorio
sporadicamente avvenissero riunioni di mazziniani, attratti dalla
dimensione repubblicana del paese e da amici locali, tra cui
l’avvocato Giacomo Martelli del Borgo.
L’Italia impone in particolare due
obblighi a San Marino per lasciare liberi i suoi confini: la prima è
l’apertura di un consolato. Il consolato italiano ci viene imposto
dall’Italia nel ‘74 perché vuole un funzionario all’interno del
paese per vigilare sul rispetto della convenzione di buon vicinato.
La seconda è l’aumento del numero dei carabinieri per pattugliare i
confini: San Marino all’epoca ne aveva solo due, per cui viene
impegnato ad assumerne altri sei.
Ottenuto quanto voluto, il blocco si
sciolse e per parecchi anni non vi furono più grossi problemi tra
Italia e San Marino. Qualche questione rispuntò solo con lo scoppio
della prima guerra mondiale, quando San Marino veniva visto come
territorio straniero, per cui riemersero i soliti problemi legati al
suo ruolo di eventuale rifugio per chi disertava l’esercito, oppure
voleva nascondersi. Infatti siccome l’Italia aveva imposto la
requisizione dei cavalli e degli automezzi, molti italiani venivano
a San Marino per occultare questi loro beni ed evitare che venissero
requisiti. San Marino ovviamente fa tutto il possibile per vigilare
e per non scontentare l’Italia in un momento particolarmente
delicato così da evitare conseguenze peggiori.
Negli anni successivi non avvennero
altri grossi problemi perché il fascismo sammarinese riuscì ad
andare abbastanza d’accordo con quello italiano. C’è qualche screzio
nel 1920/21, prima dell’ascesa al potere del fascismo, cioè nel
momento in cui in Italia c’è il fallimento del cosiddetto Biennio
Rosso, che induce molti individui, soprattutto socialisti e
comunisti, a nascondersi in territorio sammarinese. Ma
diplomaticamente sono episodi che si risolvono senza grossi
sconquassi, che invece avvengono, come è ben noto, nel 49-50 per i
fatti legati al nuovo casinò, e anche negli anni precedenti a causa
del governo social comunista sammarinese che l’Italia e l’occidente
non volevano in nessuna maniera.
Infatti San Marino rappresentava
un’eccezione nel panorama politico occidentale, e soprattutto
diveniva un pericoloso simbolo di social comunismo al potere su un
paese occidentale. Iniziò allora un boicottaggio economico
sistematico e tragico per il paese che durò parecchi anni, e che
crea stupore perché sembra quasi miracoloso, per chi conosce un po’
i fatti, che sia riuscito a resistere fino al ‘57 contro i dispetti
sistematici che l’Italia faceva, in particolare alla già misera
economia dello Stato.
Basti dire che console di San Marino
in quel periodo fu il vice prefetto di Forlì, cioè un poliziotto,
che da dentro il territorio pilotava i vari boicottaggi che venivano
attuati con visite fiscali della finanza agli italiani che venivano
in repubblica, con blocco ai confini e provocazioni varie a chi vi
transitava, e altro ancora.
Anche in questo caso, purtroppo, San
Marino fu costretto a cedere, come sempre succede da parte di chi è
piccolo verso chi è più grande. Il casinò, che nei pochi mesi in cui
era rimasto operativo aveva fornito una grossa quantità di denaro
alle casse pubbliche, venne indotto alla chiusura. Il governo riuscì
a durare ancora per qualche anno, però la sua azione era ormai
seriamente compromessa, per cui nel 1957 ascende al potere un
governo non di sinistra. A quel punto l’Italia allargò le borse,
l’America concesse ben 850.000 dollari per fare l’acquedotto, viene
sottoscritto l’accordo per fare la superstrada e tanto altro ancora.
Questa è storia recente in cui non entro perché ormai mi è scaduto
il tempo.
Qual è la lezione di tutto questo?
E’ che, purtroppo, essendo piccoli, dobbiamo sempre misurarci con la
nostra piccolezza, per quanto siamo fieramente indipendenti, per
quanto pretenderemmo di essere rispettati anche se piccoli.
La
storia dimostra che raramente è stato così, anche se i sammarinesi
hanno quasi sempre saputo muoversi con discreta saggezza e
intelligenza, tanto è vero che, comunque, ancora oggi, nonostante i
tanti problemi avuti nel corso del tempo, siamo sempre e con
orgoglio uno Stato sovrano |