Gli ultimi cinquant’anni: San Marino
entra nella contemporaneità
Gli
ultimi cinquant’anni, quelli in cui è nata e si è sviluppata la
Cassa Edile, ricordati e celebrati tramite questo volume, senza
dubbio sono stati economicamente e socialmente i più innovativi e
rivoluzionari che la popolazione della Repubblica di San Marino
abbia mai vissuto nella sua plurisecolare storia, tanto è vero che
si può tranquillamente definirli come i primi cinquant’anni della
storia contemporanea sammarinese.
Nella
prima metà del Novecento, infatti, San Marino era ancora un paese
semirurale in cui una grossa percentuale dei residenti sopravviveva
a fatica lavorando la terra o ricercando maggior fortuna di quella
che poteva offrire il loro paese andandosene come emigrati in altri
Stati.
Dopo
la seconda guerra mondiale, che determinò violenza, morte e povertà
anche nella piccola repubblica neutrale, il suo assetto economico
appariva ancor più precario che in precedenza.
Durante il ventennio fascista l’epoca contemporanea aveva
timidamente fatto la sua prima apparizione anche a San Marino con
l’inizio dello sviluppo del turismo e di alcuni esercizi ad esso
legati, e la nascita di poche altre rare attività di natura
imprenditoriale attratte soprattutto da qualche vantaggio di natura
fiscale che San Marino poteva loro offrire, perché le vie di
comunicazione e la distribuzione di acqua ed elettricità all’interno
del suo territorio erano ancora inadeguate e insufficienti a
incoraggiare e favorire importanti insediamenti industriali.
Un Paese rurale fino a mezzo secolo fa
Ancora nel 1905, su un totale di 9.617 abitanti censiti, un terzo
della popolazione, ovvero più dell’80% della forza lavoro,
sopravviveva lavorando i campi. Gli artigiani erano solo 418, 107 i
commercianti, 59 gli scalpellini, 81 gli impiegati e 19 i
professionisti.
Negli
anni successivi iniziò gradualmente l’abbandono dell’agricoltura,
tuttavia nel 1947, su una popolazione effettivamente residente di
circa 12.000 individui, ancora più del 40% dei sammarinesi attivi,
ovvero circa 1.900 lavoratori, sopravviveva coltivando la terra,
mentre gli operai e gli artigiani erano divenuti circa 1.600, 412
erano gli impiegati, 307 i commercianti, 82 i liberi professionisti.
Il
calo dei lavoratori agricoli continuò inesorabile e veloce dopo la
seconda guerra mondiale, così come la metamorfosi dell’economia
sammarinese: nel 1958 ancora vi erano 828 famiglie il cui lavoro
principale era il mestiere del contadino, ma appena dieci anni dopo
risultavano già più che dimezzate, essendo scese al numero di 339,
nonostante fossero state varate alcune leggi a sostegno del settore
proprio per limitare la fuga da un ambito lavorativo che negli anni
’50 e nei primi anni ’60 era ancora ritenuto basilare per l’economia
sammarinese sia dalla politica che dalle organizzazioni sindacali.
Nella
seconda metà degli anni ’60 la popolazione attiva era di 7.211
lavoratori, di cui il 32% (2.500 individui circa) erano ancora
occupati nel settore agricolo, il 28,4% (2.150) nell’industria e
nell’artigianato, l’11% (780) nell’edilizia privata, il 12% (800)
nei cantieri governativi, il 16,6% (991) nei servizi o nel pubblico
impiego.
Come
si può constatare tramite queste cifre, se il settore primario stava
subendo una forte flessione, il secondario ed il terziario erano
invece in grande espansione e stavano assorbendo, in particolare il
secondario, larghe fasce di ex lavoratori dei campi.
Questo perché la redditività dell’agricoltura non era ormai più
competitiva con quella degli altri lavori, vista la fatica e
l’impegno richiesti da tale lavoro, nonché la scarsa produttività
del suolo sammarinese, diviso in una miriade di piccole proprietà
terriere del tutto insufficienti a fornire un minimo di benessere
economico a chi le coltivava.
A
partire dai primi anni ’60 gli altri lavori stavano invece
rapidamente sviluppandosi, e fornivano a chi li svolgeva compensi
superiori, per cui nel periodo la politica cominciò a capire che non
meritava più di tanto investire o fare leggi a favore del settore
agricolo, perché solo in pochi ormai potevano ricavarvi un reddito
all’altezza di quello guadagnato dagli altri lavoratori.
Negli
anni ’70 e ’80, quindi, l’abbandono delle campagne proseguì
impietoso fino ad arrivare ad appena un 2,2% occupato nel settore
nel 1992, e a poche decine di individui nei primi dieci anni del
nuovo secolo.
La fuga dalle campagne
I
dati riportati evidenziano meglio di tante parole quanto la società
sammarinese si sia trasformata nel suo contesto socioeconomico a
partire proprio dalla seconda metà degli anni ’40, ovvero nei
cinquant’anni di cui si sta parlando.
La
fuga dalle campagne incise profondamente sulla metamorfosi della
società sammarinese, e contribuì ad alimentare altri fenomeni
sociali che si svilupparono negli stessi anni, come l’incremento del
sistema industriale, stimolato da una fiscalità più vantaggiosa
rispetto a quella italiana, e da altri vantaggi economici e
commerciali di cui gli imprenditori potevano beneficiare.
Nel
1954 erano meno di trenta le imprese industriali attive a San
Marino, tutte di dimensioni piuttosto contenute, ed occupavano 750
operai e 60 impiegati. Nel 1957, dopo anni di turbolenze politiche
ed economiche con l’Italia, perché San Marino aveva ai suoi vertici
un governo social-comunista non gradito all’Occidente, visto che si
era in piena guerra fredda, si trovavano in territorio ancora 24
complessi industriali con 610 lavoratori.
Nel
1963, dopo l’ascesa ai vertici della Repubblica di un governo non
contrastato dall’Italia e dall’Occidente, che varò subito un paio di
leggi per agevolare ulteriormente l’impianto di imprese industriali
in territorio, le aziende si triplicarono arrivando al numero di 61
con 1.958 lavoratori impiegati, dislocate per tutto il territorio,
ma con una concentrazione maggiore a Serravalle, Città, Acquaviva,
Borgo.
Questi furono gli anni in cui vennero anche svolti lavori imponenti
grazie agli aiuti forniti dall’Italia e dagli Stati Uniti, come la
superstrada, iniziata il 10 agosto 1959 e inaugurata dal presidente
italiano Giuseppe Saragat il 25 novembre del 1965, o il nuovo
acquedotto di Galavotto, dotato di una estesa rete idrica,
costruito tra il ’59 e il ’62 grazie ad un contributo americano di
850.000 dollari e al lavoro di tanti operai locali, di cui molti ex
contadini.
Tale
boom economico permise di edificare, restaurare o portare a
conclusione con celerità anche altre opere infrastrutturali, come
molte strade interne, vari parcheggi (con un aumento dei posti
macchina da 330 del 1957 ai 1.145 del ‘64, ai 1.795 del ’69), un
nuovo impianto di illuminazione, la funivia, entrata in funzione nel
mese di agosto del 1959, il “Palazzo degli studi” di Fonte dell’Ovo
e altri edifici scolastici ancora.
Il rientro degli emigrati
Tutto
questo lavoro e la conseguente massiccia circolazione di denaro che
si sviluppò consentirono a molti sammarinesi di non avere più le
gravi carenze economiche dei decenni e dei secoli precedenti, così
come favorirono il massiccio rientro di centinaia di emigrati che
intravedevano finalmente la possibilità di avere un lavoro stabile
nel loro paese e di farsi una casa per dimorarvi.
Anche
questi emigrati di ritorno contribuirono notevolmente alla crescita
del benessere dell’epoca investendo i loro soldi nella nuova San
Marino che stava sorgendo, in tanti già prima del loro effettivo
ritorno, perché inviavano ai parenti rimasti a casa i risparmi
accumulati con il lavoro svolto all’estero.
E’
stato calcolato che tra il 1960 e il 1980 sono stati ben 4.448 i
sammarinesi rientrati da altre nazioni, quindi si può facilmente
capire quale importante apporto abbiano fornito al boom economico ed
edilizio sviluppatosi nel periodo.
Gli
stessi anni furono ovviamente caratterizzati da un notevole aumento
demografico: si è già rilevato che nel 1947 la popolazione
effettivamente residente in territorio sammarinese ammontava a poco
più di 12.000 individui; una ventina di anni dopo, nel 1970, essa
risulta formata già da 17.726 abitanti; nel 1987 è di 22.730
individui; nel 1992 raggiunge il numero di 23.942 residenti, mentre
oggi supera la cifra di 33.000 unità.
Questo incremento repentino di abitanti ha determinato una
mirabolante crescita di case, negozi, uffici ed infrastrutture in
genere. Solo tra il 1958 e il 1963 sono state edificate ben 1.560
opere edili, di cui 740 nuove case. Ulteriori 951 abitazioni sono
state fabbricate tra il 1964 e il 1968. Moltissime altre opere
edilizie sono state innalzate nei decenni successivi.
Ovviamente con tutto questo bisogno di nuove infrastrutture, il
comparto edile, negli anni in cui è sorta e ha compiuto i suoi primi
passi la Cassa Edile di San Marino, si era ampliato notevolmente
giungendo ad impiegare ormai stabilmente circa 800 addetti.
Secondario e terziario: i nuovi cardini dell’economia
sammarinese
Questo improvviso boom economico è stato favorito anche dal decollo
della riviera adriatica come luogo di turismo di massa: molti dei
villeggianti che qui venivano a trascorrere le loro ferie salivano
sul Titano, ora più facilmente grazie alla nuova superstrada, per
una rapida visita alla repubblica più antica del mondo.
E’stato valutato che nel 1963 sono stati ben 2.150.338 i visitatori
giunti in territorio, numero rimasto pressoché invariato pure negli
anni seguenti, con un raddoppio delle presenze rispetto a quelle
registrate nel 1958.
Questa massa di persone che giungeva folta a San Marino ha spronato
lo sviluppo repentino del commercio: in poco tempo bar e ristoranti
sono cresciuti di numero (da 58 nel 1957 a 99 del 1963), così come i
posti letto (da 206 a 499 nel ’63, a 969 nel 1969, a 1.196 nel ’71),
i negozi turistici (da 65 a 169), i lavoratori e operatori del
settore (da 300 a 744, sempre nel ’63).
Il
turismo negli anni successivi ha continuato gradualmente a crescere
fino agli anni Duemila, quando invece è entrato in una fase di
recessione.
Case,
negozi ed infrastrutture nuove hanno stimolato un forte sviluppo
pure del settore artigianale: nel 1957 le aziende artigianali erano
appena 71 con 307 lavoratori impegnati, mentre nel 1963 già avevano
raggiunto il numero di 293 con 980 impiegati, di cui 441 titolari e
539 dipendenti.
Nel
periodo si sono registrati anche momenti di flessione economica
dovuti a problemi inflazionistici e congiunturali italiani ed
internazionali, come è accaduto in particolare tra il 1964 e il
1965, o durante i primi anni ’70, con la crisi energetica mondiale
ed il grave periodo inflazionistico che ne è derivato.
Tuttavia, pur tra alti e bassi, negli anni successivi la repentina
crescita dell’economia e del mondo lavorativo sammarinese non si è
arrestata, anzi è continuata imperterrita.
I
lavoratori dipendenti sono cresciuti anno dopo anno: nel 1968 erano
ormai giunti alla cifra di 6.000, e risultavano aumentati quasi del
doppio dal 1957, quando erano 3.260.
Anche
la retribuzione media annuale si era quasi triplicata essendo di
348.373 lire nel ’57, 614.752 nel ’63 e 910.074 nel 1967.
Sono
stati questi gli anni in cui si è sviluppato con continuità anche il
settore industriale, sebbene le diverse imprese dislocate sul
territorio fossero prevalentemente di tipo artigianale, e le
sessanta industrie presenti negli anni ’60 avessero dimensioni
contenute: infatti solo un paio di queste occupavano più di 100
addetti, mentre le altre avevano numeri senz’altro inferiori.
Un
effetto importante di questo improvviso benessere che molti
sammarinesi si sono trovati improvvisamente a vivere è stata la
possibilità di acquistare finalmente un mezzo motorizzato: nel 1957
si trovavano in territorio 1.649 motociclette e 584 auto con targa
sammarinese; nel 1963 erano divenute 3.044 le moto e 2.043 le auto;
nel 1969 sono state registrate 3.722 moto e 4.239 auto.
Il
comparto edile, con le tante richieste di infrastrutture nuove
avanzate dalla dinamica società sammarinese, in continua espansione,
nel periodo ha ovviamente avuto uno sviluppo immenso, che ha subito
un rallentamento ed un parziale ridimensionamento soltanto dopo gli
anni ’70.
Nei
primi anni ’80 la Repubblica sammarinese disponeva di circa 10.000
lavoratori, di cui 7.455 dipendenti e 2.532 indipendenti. Dieci anni
dopo il numero risultava sensibilmente aumentato, operando in
territorio 13.600 lavoratori, con circa 11.000 dipendenti e 2.600
indipendenti.
I
dati di questi decenni dimostrano che tra i primi anni ’70 ed i
primi anni ’90 si è avuto un incremento occupazionale di oltre il
70%, determinato soprattutto dall’aumento dell’occupazione
dipendente e dallo sviluppo del terziario.
Non a
caso a San Marino negli anni ’80 e ’90 la disoccupazione è stata
inferiore al tasso europeo, che era dell’8,5%, e a quello italiano,
che superava il 10%, attestandosi su valori al di sotto del 5%,
precisamente il 4,8% nel 1982, e il 4,2% dieci anni dopo, anche se è
cresciuta nel periodo una certa disoccupazione intellettuale dovuta
al cospicuo aumento di diplomati e laureati rispetto agli anni
precedenti. Infatti nel 1996, su 653 disoccupati, i ¾ avevano una
scolarizzazione superiore a quella dell’obbligo.
In
questi anni si è ampliato in maniera notevole anche il fenomeno dei
lavoratori frontalieri, quelli cioè provenienti da oltre confine,
proprio grazie all’evoluzione del secondario e del terziario, che
continuavano ad aumentare i loro volumi di lavoro, insieme alla
tendenza dei sammarinesi a ricercare un lavoro indipendente o sotto
la pubblica amministrazione.
Al 31
dicembre 1996 ben il 34,23% dei 9.500 lavoratori del settore privato
erano frontalieri, mentre il 54,04% erano sammarinesi, il 2,77%
soggiornanti e l’8,96% residenti. Dal 1991 essi erano più che
raddoppiati passando da circa 1.400 unità degli anni precedenti ai
3.200 del momento in esame, mentre nello stesso quinquennio i
lavoratori dipendenti erano aumentati solo di 2.500 unità circa.
Il
fenomeno è continuato anche negli anni dopo: nel 2004 erano 5.592 i
frontalieri, mentre i lavoratori del settore privato erano diventati
13.732.
Per
il settore costruzioni e impianti si può evidenziare che alla fine
del 2005 risultavano operative sul suolo sammarinese 192 società,
che impiegavano 1.198 dipendenti, e 263 imprese individuali, con 249
dipendenti.
La crisi
Negli
anni successivi, purtroppo, è iniziata una fase di crisi economica
mondiale, europea e conseguentemente anche sammarinese, che ha
coinvolto tantissimo il settore edile, senz’altro tra i comparti più
sofferenti, come vedremo fra qualche pagina, determinando momenti di
profonda recessione.
Le
cause del grave regresso economico mondiale, esploso nella sua forma
più accentuata tra il 2007 e l’anno successivo, tutt’ora in atto
senza che si vedano all’orizzonte miglioramenti di una qualche
importanza, dipendono da un insieme di fattori su cui gli economisti
hanno espresso molteplici valutazioni non sempre concordanti tra
loro: crisi energetica e costi troppo elevati del petrolio;
indebitamento sovrabbondante di banche e Stati; eccessiva
speculazione finanziaria a livello mondiale e altro ancora.
Questa crisi, manifestatasi inizialmente negli Stati Uniti, si è poi
rapidamente diffusa in tutto il mondo, colpendo con maggiore
incisività le economie che già di loro erano indebolite per fattori
interni, come è successo per Grecia, Spagna e Italia, oberata da un
debito pubblico sproporzionato.
La
crisi mondiale e quella italiana in particolare hanno subito
infettato l’economia sammarinese, da ora in poi sempre più accusata
da parte italiana di essere un sistema finanziario dalla fisionomia
troppo ambigua e poco trasparente, quindi facilmente utilizzabile
per elusione ed evasione fiscale da avventurieri con pochi scrupoli,
nonché per riciclaggio di denaro, determinando di conseguenza un
grave peggioramento dei rapporti italo-sammarinesi.
Il
periodo 2005-2007 è stato per San Marino ancora un triennio di
crescita economica, sebbene già nel 2007 più di 30 aziende erano
state costrette a ridurre il loro personale.
A
partire dall’ultimo semestre del 2008, però, è iniziata una decisa
inversione di tendenza, con aumento esponenziale della cassa
integrazione, dei licenziamenti e della chiusura di società e
imprese.
Inoltre durante lo stesso anno si sono deteriorati enormemente i
rapporti con l’Italia, bisognosa di aumentare i suoi cespiti e
quindi decisissima a svolgere una lotta serrata contro l’elusione e
l’evasione fiscale che avveniva a suo discapito e di cui incolpava
svariate aziende e attività finanziarie e bancarie operanti
all’interno dei confini sammarinesi.
Nonostante i tentativi sammarinesi di attivare collaborazioni più
marcate con l’Italia per eliminare le imprese truffaldine e le
distorsioni commerciali, per diversi anni San Marino è stato tenuto
in una sorta di limbo, la cosiddetta Black List, come paese
sospetto di favorire operazioni fiscali ed economiche scorrette,
fatto che ha creato non pochi problemi all’economia locale e agli
scambi commerciali in genere, soprattutto con l’Italia, da sempre il
partner economico prediletto.
Solo
verso la fine del 2012 l’Italia ha iniziato a dimostrarsi più
disponibile verso San Marino così da toglierlo da tale problematica
situazione, riconoscendo gli enormi progressi fatti per combattere i
fenomeni fraudolenti in oggetto.
Tuttavia la grave crisi politica in cui si è venuta a trovare
proprio l’Italia alla fine del 2012, con l’esigenza di convocare
elezioni anticipate nel febbraio dell’anno nuovo e, in seguito, con
gravi difficoltà a produrre un nuovo governo nei due mesi
successivi, ha rallentato ulteriormente la normalizzazione dei
rapporti tra i due Stati.
Alla
fine di aprile del 2013, però, l’Italia è riuscita a generare un
nuovo governo, che in tempi rapidi è pervenuto alla decisione di
concludere la regolarizzazione dei rapporti bilaterali con la
Repubblica di San Marino.
Per
questo motivo durante i mesi di giugno e luglio i governi dei due
Stati sono riusciti a sottoscrivere un importante accordo sulle
doppie imposizioni, ratificato infine dal senato italiano l’otto
luglio, che permetterà a San Marino di tornare gradualmente alla
normalità nei suoi rapporti con l’Italia e a uscire successivamente
dalla Black List.
Il
danno prodotto all’economia dai pessimi rapporti diplomatici e
commerciali degli ultimi anni, e dalla crisi internazionale,
comunque, richiederanno senz’altro tempi molto lunghi per essere
risolti. Infatti a metà del 2012 sono state quasi 900 le aziende che
hanno dovuto chiudere, e circa 1.200 i posti di lavoro persi, di cui
900 nel settore manifatturiero e 300 nel settore edile e nel suo
indotto.
Questi due comparti lavorativi sono stati indubbiamente quelli che
più hanno risentito in negativo della perdurante situazione di crisi
economica e politica determinatasi dal 2008 in poi.
La Cassa Edile negli ultimi dieci anni
Nel
redigere il presente libro per il cinquantennale della Cassa Edile,
si è deciso di riprodurre integralmente al suo interno il testo già
edito nel 2004 con cui si celebravano i 40 anni della stessa, perché
la sua storia fino a quel momento memorabile e degnamente
festeggiato è già stata ben dettagliata nell’occasione.
In
queste pagine, quindi, si partirà proprio dal 2004 per parlare
esclusivamente degli ultimi dieci anni di vita della Cassa che, come
si potrà constatare, hanno per molti aspetti caratteristiche assai
diverse rispetto ai precedenti per la grave crisi economica in cui
anche San Marino, come si è detto nelle pagine antecedenti, si è
trovato coinvolto.
Gli anni ancora aurei
Dieci
anni fa la crisi ancora non era scoppiata in tutta la sua virulenza
e neppure si poteva percepire quale potesse essere la sua funesta
portata. Il festeggiamento del Quarantennale della Cassa Edile era
stato indubbiamente il fatto più importante e coinvolgente accaduto
nel 2004, come risulta dal libro dei verbali di quell’anno del
Consiglio di Amministrazione, e aveva «cementato ulteriormente il
legame tra tutte le Maestranze del Settore dell’Edilizia Privata
Sammarinese», come affermato nella relazione finale di chiusura
bilancio di quell’anno.
«Sotto il profilo puramente economico -prosegue la relazione-
l’Esercizio va inquadrato in un Contesto di scarsa competitività
della produzione e di una più generale frenata dei consumi legata a
evidenti segnali di una economia malata.
Solo il mattone non ha avuto
paura: infatti l’unico Settore ancora in crescita è quello Edilizio.
Siamo già al settimo anno consecutivo di rialzo dei prezzi di Case,
Negozi, Uffici.
Lievita il solo comparto
immobiliare.
[…]
Anche nel corso del 2004 il mercato immobiliare è risultato essere
uno di quelli più interessanti. Il futuro sarà ancora positivo, ma
non con la stessa curva di crescita.
La
domanda è stabile, come stabile è il volume delle vendite».
In
sintesi si prendeva atto che l’economia già stava dando qualche
sintomo di flessione, tuttavia non nel settore edile che ancora
risultava proficuo e in crescita.
Le
banche in quell’anno avevano applicato per la prima casa tassi del
4,90 % per i mutui decennali, e per quelli di durata inferiore
intorno al 4,50%, favorendo in tal modo l’acquisto di immobili.
Infatti nel 2001 il tasso era maggiore, precisamente era del 6,25%.
Nel
corso dell’anno la Cassa Edile aveva curato la sua normale
amministrazione fornendo con regolarità le due liquidazioni legate
alla gratifica natalizia e al licenziamento, sostenendo la campagna
delle ferie estive, con qualche lieve modifica al regolamento delle
stesse, promuovendo la 20a edizione dei corsi di
addestramento professionale, che avevano registrato un’alta
partecipazione da parte dei 17 lavoratori iscritti (12 per il corso
dei capocantieri e 5 per quello dei muratori).
Era
poi stato avviato il processo di informatizzazione di tutto
l’apparato dei servizi elettronici con l’intento di integrarlo e
armonizzarlo con le esigenze dell’ISS, delle aziende associate,
degli studi commerciali, delle banche, acquistando l’hardware
necessario a tale scopo.
Il
quarantennale della Cassa era stato onorato anche dalle nobili
parole espresse dalla Reggenza durante il ricevimento che aveva
concesso ai vertici della Cassa l’ 11 giugno:
«Con
lo sviluppo di una situazione economica e occupazionale che dava i
primi veri segnali di crescita, concepita come forma di assistenza
allo scopo di completare ciò che le Leggi non prevedevano
pienamente, la Cassa Edile Sammarinese ha registrato da subito una
tangibile espansione ed ha mostrato tutta la sua vitalità ed una
indiscutibile validità fino ai giorni nostri, diventando così un
soggetto compartecipe di un innegabile percorso di sviluppo della
nostra società».
Anche
dalla documentazione della Cassa Edile relativa al 2005 non si
avverte ancora la grave crisi che emergerà in seguito, pur
cogliendovi l’inizio di un momento di stagnazione del mercato che
viene rimarcato soprattutto nella relazione di chiusura anno:
«In
questi anni il mattone è stato il vero e principale pilastro per la
tenuta di tutta l’economia», vi si legge, soprattutto grazie
ai bassi tassi d’interesse che avevano permesso un vero e proprio
«Boom immobiliare».
Gli
stessi anni, invece, erano stati caratterizzati da
«un periodo di lunga convalescenza del comparto industriale e
tecnologico, entrambi vittima della Borsa prime e della Recessione
poi.
«Mentre altrove (USA) il livello ed il volano dei Consumi restava
elevato perché favorito dai prezzi delle case in progressiva ascesa,
da noi la ricchezza di tale incremento del valore restava ingessata
ed incorporata nella casa stessa come un semplice investimento fine
a se stesso.
Questo indebolimento progressivo del settore immobiliare da noi ha
pressoché “fermato” il mercato, dopo 8 anni di ascesa continua», per
cui si era determinata una «Crescita zero».
Il
settore edile, però, dava ancora segni positivi:
«Alcuni segmenti di mercato sono tuttavia in fase di sviluppo
(immobili di pregio, seconde case, box) perché la DOMANDA continua
ad essere sempre più specifica e settoriale e continuerà sempre ad
apprezzare la qualità progettuale e la tecnica edilizia
d’eccellenza; sarà quindi l’ora dell’auspicata selezione, sia del
prodotto che della impresa esecutrice. Per i “furbetti” insomma la
vita diventerà molto più difficile».
Vi
era comunque la piena consapevolezza di essere «di fronte ad un
futuro non al capolinea ma sicuramente in flessione e in lenta
discesa».
Inoltre i prezzi erano molto elevati in quel momento, per cui non
era considerata «una scelta vincente investire nel mercato
immobiliare».
«Il
risparmio riprenderà nuovamente la strada della Borsa e dei mercati
finanziari a discapito del mercato immobiliare salvo poi
“riprenderlo” ancora dopo alcuni anni, quando la Borsa tornerà
nuovamente a tradirlo», concludeva la relazione.
I
tassi d’interesse per la prima casa erano rimasti identici all’anno
precedente. Le usuali attività della Cassa erano state curate con la
stessa regolarità di sempre (le due liquidazioni contrattuali della
gratifica natalizia e del licenziamento), così come la campagna
delle ferie estive, di cui era stato ulteriormente ritoccato il
regolamento, per cui erano stati spesi 121.212 euro, cifra che era
andata in crescita anno dopo anno (nel 1998, per fare un esempio, si
erano spesi 52.162 euro -in lire ovviamente-).
Non
si erano potuti avviare gli annuali corsi per capocantiere e
muratore per carenza di iscrizioni. Purtroppo, da quest’anno in poi
non si riuscirà più ad attivarli, sempre per lo stesso motivo.
Era
proseguito il processo d’informatizzazione iniziato nell’agosto
dell’anno prima.
L’inizio della crisi del settore edile
Dalla
relazione di fine anno del 2006 emerge ulteriormente con chiarezza
la lenta crisi che stava incominciando sempre più ad attanagliare il
settore edile, anche se non era ancora del tutto evidente la sua
portata.
Pur
affermando che nell’anno non vi era stata carenza di «vivacità
imprenditoriale e slancio delle nostre imprese e delle nostre
Agenzie Immobiliari», tuttavia si sottolineava che era mancato «il
fatturato, con aumenti più bassi degli ultimi tre anni a questa
parte».
Le
teorie sulle cause di questa recessione erano state diverse: c’era
chi sosteneva che già prima del 2005 il mercato fosse stagnante, e
chi diceva invece che ancora stesse perdurando «una buona richiesta,
forte della constatazione che, nonostante il rialzo dei tassi di
interesse, il Mercato dei Mutui non frena e che le tante volte
evocata “bolla immobiliare”, sempre sul punto di esplodere rovinando
il settore, è ancora molto lontana dalla realtà».
«Il
mercato quindi c’è, esiste, è costante; ma senza rialzi -affermavano
i sostenitori di questa seconda tesi-.
Segno
e conferma però che la famiglia ha sempre fra il proprio obiettivo
primario l’acquisto della Casa per la quale non teme
l’indebitamento.
Segno, conferma, consapevolezza che l’investimento immobiliare sul
lungo periodo, almeno a San Marino, è ancora conveniente, tant’è
vero che, in Repubblica, sono molti i Proprietari di più case.
Addirittura non è rara la tendenza locale, specie tra coppie di
anziani, di vendere la casa di famiglia e di affittarla per
prenderne una più piccola».
I
prezzi delle costruzioni si mantenevano su livelli ancora buoni:
«Nella zone più appetibili di Domagnano, Cailungo, Falciano, Dogana
- continua a dirci la relazione - siamo a circa 2.600/2.700 euro per
mq. Acquaviva a 2.100 euro per mq.
Con
l’usato i costi scendono di circa 500 euro/mq.
Vanno
di moda i pavimenti riscaldati che permettono di ricavare maggiori
spazi.
Gli
uffici quotano intorno ai 500/550 euro al mq.
I
Capannoni vanno dagli 850 di Acquaviva, ai 1.200 della Ciarulla, ai
1.250 di Galazzano, ai 1.300 di Rovereta».
I
mutui prima casa erano leggermente aumentati arrivando ora al 4,90 /
5,15%.
Nel
corso dell’anno la Cassa aveva curato la sua normale attività legata
sempre alle due liquidazioni contrattuali della gratifica natalizia
e del licenziamento e alla campagna ferie estive, proseguendo nel
processo d’informatizzazione già avviato.
Erano
state stabilite nuove regole per le imprese edili in mora con le
quote dovute alla Cassa Edile, fenomeno che si era sempre registrato
anche negli anni precedenti, ma che ora, con il graduale sviluppo
della crisi del settore, stava diventando più preoccupante e ampio.
Ugualmente tra il 2005 e l’anno seguente si era prestata una
maggiore attenzione nei confronti delle ditte italiane del settore
edile che lavoravano all’interno del territorio sammarinese affinché
rispettassero le regole locali e versassero i contributi dovuti alla
Cassa Edile, perché si era scoperto che alcune di queste non lo
facevano.
La
crisi si manifesta maggiormente e diventa sempre più accentuata e
incisiva nel corso del 2007, tanto che nella relazione conclusiva di
quell’anno i vertici della Cassa Edile sottolineano:
«Le
famiglie sono in difficoltà e il caro-mattone rallenta notevolmente
la propria crescita; perde colpi specie nel principale segmento del
mercato, cioè il residenziale.
Si
dice che ancora il mattone non piange, ma che piangerà.
Di
certo avremo una diminuzione del volume delle compravendite.
Nel
migliore dei casi si parla di diffusa e generale stabilità e
consolidamento dei prezzi degli immobili.
Non
va meglio neppure il mercato delle locazioni, dove i canoni non
registrano significative variazioni.
Il
ciclo positivo (che durava fin dal 1998) ha subito una flessione ed
un ridimensionamento in concomitanza con la prima battuta d’arresto
dei mutui dopo sei anni di crescita delle erogazioni.
La
domanda immobiliare permane modesta ma, rispetto al passato, si
rivolge a standard qualitativi più selettivi ed elevati di un tempo
per cui crescono solo i Progetti incentrati sulla bio edilizia.
Sul
Titano il mercato immobiliare è … immobile, complice il fattore
delle materie prime e l’aumento fisiologico e generalizzato dei
prezzi.
Chi
ha urgenza di una abitazione, aspetta che i prezzi scendano, mentre
prima non esitava a indebitarsi con le banche. Con le villette e con
le case unifamiliari si lavora ancora; l’ubicazione preferita è
rivolta al residenziale, nelle località di Torraccia e di Galazzano.
Sostanzialmente il mercato ha le caratteristiche di spesa simili
all’anno scorso, per cui in luoghi un po’ più decentrati i costi
sono più contenuti (come a Faetano, Chiesanuova, Montegiardino). Un
lotto di 1.000 mq. A Chiesanuova si può trovare a 600.000 euro, ma a
Dogana la stessa superficie sorpassa il milione.
Si
parla che in Repubblica ci siano 5.500 appartamenti vuoti, invenduti
su una popolazione di 30.000 unità.
Intanto però c’è chi continua a costruire anche se non riesce a
vendere. Ovviamente sperando in tempi migliori.
I più
giovani e le persone che dispongono di minori risorse optano per i
bilocali o trilocali.
Chi
ha soldi, invece, cerca la villa a prezzi concorrenziali.
Lo
Stato tende una mano ai più giovani e dà 130.000 euro da pagare in
30 anni.
Il
mercato comunque è bloccato anche per il peso e l’incidenza dei
mutui.
Complica l’Euro (ed il rincaro ormai esteso ad ogni prodotto, anche
voluttuario) diminuisce la possibilità e la propensione al risparmio
della famiglia media.
Cala
il risparmio e con esso il ricorso agli investimenti immobiliari.
Prevale il pessimismo della ragione e cresce, di nuovo, la tendenza
a rifugiarsi nei Titoli di Stato nonostante rendimenti tutt’altro
che elevati, anche qui in attesa di tempi migliori.
Per
il settore edile, come si vede, il contesto è problematico, incerto,
difficile».
La
Cassa Edile nel corso dell’anno aveva continuato la sua normale
attività legata alle liquidazioni contrattuali e alla campagna ferie
estive, così come continuerà a fare regolarmente con scrupolosità e
senza eccezioni anche negli anni successivi.
Merita senz’altro evidenziare che da quest’anno la Cassa Edile di
San Marino acuisce i suoi contatti con le Casse Edili del
circondario, nel caso specifico con quella di Ravenna, qualche mese
dopo con quella di Rimini, per creare convenzioni di reciprocità con
le stesse perché le imprese edili sammarinesi che si trovavano a
svolgere lavori sul suolo italiano erano costrette a pagare i
contributi alle casse edili locali, mentre quelle italiane non
sempre facevano altrettanto a San Marino, quando si trovavano a
svolgere la loro attività qui.
Con
la Cassa Edile riminese avverrà poi un incontro ufficiale il 10
luglio del 2008 per vedere come risolvere il problema, che per le
normative diverse tra i due Paesi e per la non appartenenza di San
Marino all’Unione Europea non era d’immediata soluzione.
Gli anni peggiori
Nel
2008 i toni della relazione di fine anno si fanno assai più turbati:
«A
San Marino a crescere nel nostro settore è solo la Cassa
Integrazione. Voci allarmistiche, segnali e timori di grave
difficoltà c’erano già stati l’anno scorso; quest’anno si sono
concretizzati, complice la crisi delle economie mondiali.
Il
mattone tiene ancora, ma scricchiola decisamente. Diverse operazioni
immobiliari sono al palo, crescono solo gli appartamenti nuovi, ma
invenduti.
Già,
nell’estate scorsa, le Aziende segnalavano che i Clienti non
pagavano più e la crisi si è aperta a fine anno.
La
solidità del sistema costruzioni è messa a dura prova.
Lo
Stato è alle prese con Bilanci sempre più magri per cui indice meno
appalti.
E i
privati, che negli ultimi anni hanno davvero trainato il Settore,
oggi si trovano con minori disponibilità economiche attanagliati
anche dallo spettro di una recessione conclamata.
Le
Banche, dal canto loro, non finanziano più operazioni immobiliari
che -nella gran parte- sono ferme.
Calano le aziende individuali di Muratori, Pavimentisti, Cottimisti.
Le
Imprese strutturate ancora tengono ma riducono l’operatività e le
maestranze.
Il
lavoro nero potrebbe essere dietro l’angolo con dimensioni
consistenti.
Lo
scenario, pertanto, è problematico.
Pur
tuttavia i prezzi delle case sul Titano non calano.
I
prezzi delle abitazioni scendono in tutto il mondo, ma non da noi.
Questo perché il crollo delle quotazioni degli Immobili (che altrove
paga lo scotto del grande crac finanziario partito da Wall Street)
non sembra avere interessato il sistema finanziario sammarinese.
I
prezzi delle case sono vicini al costo di produzione che è di 1.500
euro al metro, senza ovviamente considerare il terreno, a fronte
della possibilità di trovare appartamenti in vendita a 2.500 euro al
metro.
Sperare però che da noi i prezzi possano calare sembra essere
alquanto improbabile.
Nella
seconda metà dello scorso anno le compravendite immobiliari si sono
piuttosto raffreddate, salvo il settore del grande lusso.
Come
detto più sopra, le motivazioni sono due:
la
maggiore difficoltà ad accedere al Credito, ma anche il clima di
generale preoccupazione».
Il
tasso bancario era stato ad inizio anno del 5,957%, mentre a fine
anno era sceso al 4, 85%, indistintamente dai 5 ai 20 anni.
La
Cassa perseverava ovviamente nelle sue attività abituali fornendo le
due liquidazioni legate alla gratifica natalizia e al licenziamento,
e sostenendo la campagna delle ferie estive.
Nel
2009 la situazione economica sammarinese continua a degenerare senza
segni di miglioramento, tanto che nella documentazione della Cassa
Edile si evidenzia che tale anno era stato economicamente il
peggiore di tutti, addirittura fin dalla crisi del 1929 legata al
crollo di Wall Street:
«Licenziamenti a raffica, crisi sempre più nera per l’occupazione,
il fatturato, i mercati.[…]
la crisi
spinge e costringe a trovare nuove strade creative;
[…]
paradossalmente nell’anno orribile del tracollo finanziario –
economico – sociale – dove uno dopo l’altro si sono bruciati tutti i
record negativi (deficit pubblico, pil, disoccupazione) la casa, per
assurdo, trova ancora una parvenza di stabilità. Con un’offerta
elevatissima dovuta ad un invenduto storico, la domanda ha buon
gioco, favorita anche da un credito bancario paralizzato
universalmente e da alternative di investimento inesistenti. Non si
vende e, se si vende, si vende male: quindi buoni affari solo per
chi può acquistare in banconote.
In
micro pillole è questo il quadro internazionale nel cui contesto si
è trovato ad operare anche il nostro Paese dilaniato e
caratterizzato da una marcata conflittualità ed instabilità politica
che non può garantire affatto una incisiva azione del mercato
interno ed internazionale dove attualmente prevale solo stagnazione
ed incertezza».
L’anno aveva assistito a «eventi gravissimi di portata epocale» che
avevano «modificato e sconvolto il mondo finanziario interno sia nel
Credito che nel Risparmio».
Il
riferimento è legato ai gravi dissidi di natura finanziaria e
fiscale con l’Italia che avevano determinato pesanti problemi al
sistema bancario sammarinese e anche a quello commerciale,
«eventi e turbolenze tutte, solo apparentemente non attinenti alla
sfera operativa della Cassa Edile ma comunque altamente invasive e
distorsive della nostra Economia e del mercato del lavoro in
genere».
La
grave situazione finanziaria di San Marino e di parecchie imprese
edili emergeva anche dai ritardi che queste accumulavano nei
versamenti dovuti alla Cassa Edile, ritardi imputabili chiaramente
«alla crisi economica, finanziaria, di mercato», nonché alla
«inesigibilità dei crediti» e alle «restrizioni bancarie».
Nell’anno l’accesso al credito era divenuto «più rigoroso e
selettivo»: per i mutui decennali il tasso medio applicato era stato
del 3,73%; i prezzi di vendita delle case si aggiravano tra i 2.700
- 3.000 euro al mq. per la zona di Dogana, e i 2.200 - 2.000 per le
zone di Chiesanuova e Gualdicciolo.
Il
prezzo per l’edilizia commerciale e industriale ruotava intorno ai
1.600 al mq.
Erano
andate in calo le domande per tutti i tipi di nuove costruzioni.
La
Cassa Edile si era dovuta sobbarcare durante l’anno molto lavoro
extra rispetto al suo solito, tanto da dover assumere due impiegati
a tempo determinato, perché il 5 novembre era stato sottoscritto un
nuovo contratto del lavoro per l’edilizia, ma per chiuderlo erano
insorte diverse problematiche di natura finanziaria.
La
Cassa, quindi, per favorire il rinnovo del contratto e «al fine di
evitare dannose tensioni tra le parti, in ossequio al principio
statutario della Mutualità e Solidarietà, per superiori finalità di
reciproco interesse» aveva ricostruito tutte le paghe dei singoli
operai (647) delle ditte a lei associate dal 1994 al 2008 al fine di
emettere una liquidazione straordinaria una tantum pari a circa
280.000 euro, così come era stata fornita una liquidazione a 126
aziende pari a 50.785 euro.
Nel
2010 la recessione aveva continuato con ritmi molto elevati ed
ulteriore diminuzione delle imprese. Tra i settori più colpiti vi
erano stati sicuramente quello edile e le attività immobiliari, con
più di 8.000 unità immobiliari che rimanevano invendute.
La
stagnazione era fortissima «il tutto in un quadro di politica
interna instabile, mai consolidatasi in risultati concreti, specie
con l’Italia. L’esatto contrario di ciò che servirebbe veramente al
Paese», con chiaro riferimento al fatto che ancora non si era giunti
alla firma di un accordo con il governo italiano per poter
finalmente uscire dalla black list.
«E
sono ormai tre gli anni che la complessa situazione economica
sammarinese e il mancato dialogo tra i due Stati rischia di mettere
in ombra anche la parte sana del tessuto economico e imprenditoriale
sia interno sammarinese che del vicino territorio italiano».
L’edilizia nel 2010 era stato caratterizzata:
«Da
una inadeguata e più marcata assenza del sistema creditizio verso le
Imprese per le quali l’accesso al Credito è sempre più difficile,
rigoroso e selettivo; da un costo dei finanziamenti per la casa
(Mutuo decennale) che ha mediamente oscillato dal 3,593 all’1-1-2010
al 3,324 a fine anno 2010; da una remunerazione del Risparmio ancora
scandalosamente vicina allo zero virgola.
Per
quanto riguarda la Cassa Edile va sottolineato però che si è
favorevolmente conclusa la scelta di smobilizzare le giacenze con
vincoli temporali superiori e diversificati rispetto ai precedenti
da un Mercato Immobiliare pressoché statico».
Le
nuove costruzioni come prezzo per metro quadro si vendevano a
Dogana, Galazzano, Rovereta e Falciano intorno ai 2.700/2.800 euro
al mq. il residenziale, 2.400/2.500 il commerciale, 1.500
l’industriale.
A
Chiesanuova e Gualdicciolo il residenziale si poteva acquistare con
2.100/2.200 euro al mq., il commerciale con 2.000/2.100,
l’industriale con 1100/1200.
Il
2010 è stato funestato dalla morte del Presidente storico della
Cassa Edile, Alessandro Morri, scomparso il 21 aprile. A succedergli
è stato Secondo Castiglioni.
Purtroppo anche gli ultimi anni non hanno registrato miglioramenti
rispetto a quanto già si è detto; anzi nel 2011 la documentazione
della Cassa Edile continua a ribadire il profondo deficit del
comparto delle costruzioni «doppiamente colpito dalla crisi e forse
il più provato di tutti nel panorama economico sammarinese».
La
crisi globale dell’economia insieme alla saturazione interna del
mercato immobiliare aveva quasi messo in ginocchio il settore, che
negli ultimi quattro anni aveva perso ben 61 imprese, ovvero il 13%
dell’intero comparto, e 307 lavoratori, ovvero il 21% di quelli che
vi lavoravano, di cui ben 141 nel solo 2011.
Molti
cantieri avviati erano fermi per mancanza di liquidità e di credito
bancario. Inoltre un altro grosso problema era l’invenduto,
calcolato, come si è già detto, in circa 8.000 unità immobiliari tra
residenziale e commerciale.
Negli ultimi tre anni la redditività si era dimezzata, passando
dall’8% del 2007 al 4,2% del 2010.
Come
uscirne? «Nessuno è in grado di dare risposte e speranze», confessa
mestamente la relazione da cui si stanno attingendo queste
informazioni.
«Segreto bancario e anonimato societario -prosegue- che costituivano
e sostenevano il vecchio modello economico sono tramontati ed un
diverso sistema dovrà essere disegnato per attivare nuovamente i
Capitali esteri; un radicale intervento dovrà incidere su Fisco,
Lavoro, Infrastrutture.
Cassa
Integrazione con impennate da brividi, Aziende chiuse con effetto
domino, centinaia di posti di lavoro persi, tasso di disoccupazione
elevatissimo attendono provvedimenti coraggiosi e impopolari, ma non
più rinviabili».
Durante l’anno il sistema creditizio aveva diminuito leggermente i
tassi dei finanziamenti per le case (tra il 3,22% e il 2,38%), ma le
compravendite erano ferme perché non si riusciva a vendere né a
comperare.
I
valori di mercato degli immobili erano però ancora rimasti invariati
rispetto agli anni precedenti.
Veniamo ora al 2012, l’anno più funesto di tutti:« Prosegue la
Caporetto del Settore Edile. Un altro anno uguale al 2012 è
insostenibile. Per l’economia sammarinese è questa la facile
diagnosi e l’altrettanto facile sintesi», ci dice ancora la
Relazione al bilancio 2012 approvata nella seduta del Collegio
Sindacale della Cassa Edile il 26 marzo del 2013.
«L’anno più difficile del dopoguerra -prosegue-. La colpa? Sempre
degli altri; raramente qualcuno risponde di qualcosa a qualcuno».
«A
San Marino la crisi fa strage di Imprese: perse 529 unità operative
(posti di lavoro), perse 290 Aziende in un solo anno. Oltre 1.000 i
disoccupati. Banche senza liquidità e con Patrimonio inadeguato,
Aziende senza prospettive. Si fanno debiti per arrivare alla fine
del mese e non più per auto e case. Si dice che servono idee nuove
per un Paese nuovo. Banalità di uno slogan che tutti, invece,
vorrebbero realtà».
La
crisi era mondiale, non solo sammarinese, e non pareva avesse
intenzione ancora di retrocedere. Le prospettive risultavano cupe,
quindi, soprattutto per il settore edile.
«Se
restringiamo il campo all’Edilizia, se ci caliamo nell’analisi del
nostro comparto, dobbiamo constatare che il nostro Settore è quello
maggiormente colpito. […]
La
crisi economica e la difficoltà di ottenere mutui dal già depresso
sistema bancario locale hanno assestato una mazzata dopo l’altra al
mercato della casa. […]
Le
Famiglie hanno meno soldi per farsi un tetto e gli Investitori non
vedono più nel mattone quel bene-rifugio che era sempre stato. E
questo si riflette, ovviamente, sull’andamento di tutto il mercato».
Nella
relazione si prende atto che rispetto ai prezzi dell’anno
precedente, il costo delle case nuove era mediamente diminuito di
poco (l’1,8%), mentre l’usato aveva avuto un calo più marcato (il
3,7%) perché non era facile vendere questa tipologia di abitazioni,
per cui chi aveva bisogno di farlo doveva in genere accontentarsi di
un realizzo inferiore alle pretese.
L’acquisto delle case nuove riscontrava invece il problema «delle
condizioni troppo restrittive stabilite dalla Banche […]. Basti
pensare che nel 2001 per l’acquisto di un appartamento tipo (90
metri quadri) in zone semicentrali occorrevano 15 anni di stipendio:
oggi, nel 2012, si è saliti a 18,4 anni».
Tutto
quanto si è detto fin qui è tristemente confermato dalle cifre degli
assegni distribuiti negli ultimi anni dalla Cassa Edile come
indennità di licenziamento (in giugno), e come gratifica natalizia
(in dicembre).
Se
nei primi anni del nuovo secolo, fino al 2008 circa, la Cassa ha
assegnato mediamente agli operai delle imprese a lei associate circa
800 assegni, sia nell’una che nell’altra occasione, dall’anno 2009 –
2010 tale cifra si è fortemente ridimensionata, tanto che nell’anno
2011 – 2012 gli assegni distribuiti come gratifica natalizia sono
stati 537, e quelli dati come indennità di licenziamento 585.
Questi dati e quanto si è ricavato dalla documentazione della Cassa
esaminata sono purtroppo precisa testimonianza della sofferenza del
settore edile negli ultimi anni, minacciato tra l’altro da una nuova
tassa patrimoniale sugli immobili che il governo sammarinese è in
procinto d’istituire e che potrebbe ancor più mettere in ginocchio
il settore.
Che
dire per chiudere questa breve disanima sull’ultimo mezzo secolo?
Si
può dire che indubbiamente la Repubblica di San Marino nella sua
lunga storia non si è mai evoluta tanto come nel periodo in esame,
vera epoca di “miracolo economico”.
Questa evoluzione non è stata sempre costante e omogenea, né sempre
lineare e cristallina.
Anzi,
a volte si è dimostrata caotica e legata più ad iniziative
individuali che a qualche forma di progettazione e coordinamento.
Indubbiamente, con un po’ di perspicacia in più, si poteva fare
meglio ed evitare molti dei problemi che ora attanagliano il Paese,
i suoi cittadini e i diversi settori produttivi.
Malauguratamente è una caratteristica umana quella di rendersi conto
che si poteva fare meglio solo dopo aver sperimentato il peggio in
cui si è caduti proprio perché non si è fatto tutto ciò che si
poteva al momento opportuno.
Le
colpe però non sono solo sammarinesi.
Con
l’economia globalizzata in cui anche San Marino si trova coinvolto è
impossibile per chiunque rimanere del tutto immuni dalle
ripercussioni gravemente negative di una crisi economica dallo
spessore di quella che si sta vivendo.
Bisogna quindi augurarsi che anche questa crisi, come tutte le crisi
del capitalismo avanzato, sia ciclica, come pare, e destinata ad
affievolirsi in tempi non troppo lunghi.
Occorre anche sperare che l’economia sammarinese adotti tutti i
correttivi necessari, come d’altronde sta già facendo, per rinascere
più solida, più trasparente e più regolare di prima.
A
quel punto tutti i settori economici riprenderanno vigore,
sicuramente anche quello edile, perché il mattone per i Sammarinesi
ha sempre rappresentato una florida sicurezza economica e un ottimo
investimento.
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