La bandiera
sammarinese
N.B.
Si legga dopo questo brano il testo “Un errore del
Malagola”, scritto successivamente, che lo integra
La
Repubblica di San Marino è stata per secoli soggetta ad estrema
povertà e bisogno, tanto che, fino a non molto tempo fa, un
aggettivo come “spartano”, avvertito comunque in maniera positiva e
nobilitante, era spesso usato nei documenti, ma sicuramente anche
nella quotidianità, per descrivere il paese e lo stile di vita dei
suoi cittadini.
Era
inoltre caratterizzata da grande desiderio di essere poco
appariscente per paura di divenire facile preda di qualche potente
(“noti a noi, ignoti agli altri” è un altro concetto tipico del
pensiero sammarinese del passato), nonché da fede cieca nella tutela
dell’unico vessillo ufficialmente riconosciuto e venerato da tutti:
Marino, il santo fondatore, che, soprattutto dal XVII secolo in
avanti, quando venne a meno la protezione del ducato di Urbino per
l’estinzione dei Della Rovere, suoi signori, rappresentò una
fondamentale barriera culturale contro le mire annessionistiche
dello Stato Pontificio.
E’
chiaro, quindi, che all’interno di una mentalità simile, e in
assenza di un esercito regolare da tenere costantemente in armi e da
schierare all’ombra di uno stendardo, in quanto San Marino disponeva
di una milizia cittadina non professionale, composta da tutti i
residenti maschi compresi tra i 14 e i 60 anni, che agiva solo in
caso di necessità interna, o con funzioni meramente poliziesche (a
volte con grandi difficoltà anche semplicemente a radunarsi),
non si poteva sviluppare attaccamento a una bandiera o a colori
particolari simboleggianti lo Stato sammarinese.
Anzi, è anche probabile che nei secoli precedenti l’arrivo delle
armate napoleoniche attorno a San Marino, momento in cui la
Repubblica ricevette per la prima volta un qualche riconoscimento
ufficiale della sua indipendenza, essa non volesse ostentare
inutilmente o più di tanto davanti a Roma la propria dimensione di
Stato autonomo, in quanto il papato la considerava, così come la
considererà fino al suo tramonto, sempre e soltanto un feudo a cui
aveva concesso generosamente alcuni benefici nel corso dei secoli,
ma nulla più.
Vi
sono comunque alcune rarissime tracce che ci consentono di capire
che anche prima dell’epoca contemporanea, quando il bianco e
l’azzurro diverranno in maniera esplicita i colori ufficiali
sammarinesi, la Repubblica disponeva di una propria bandiera, con
colori peculiari, riconosciuta come emblema della sua dimensione
politica.
E’
documentato, infatti, che nel 1503 Francesco di Marino Giangi,
comandante di una compagnia di militi sammarinesi schierata in quel
momento contro l’esercito di Cesare Borgia al campo di Longiano, un
paese a non molti chilometri di distanza dai confini della
Repubblica, dando notizia, in data 16 settembre, ai Capitani
Reggenti della presa di quel castello, chiedeva che gli venisse
inviata con urgenza la bandiera sammarinese affinché i soldati della
Repubblica non dovessero marciare e combattere sotto vessilli
estranei, potendosi così distinguere senza ambiguità dagli altri
raggruppamenti militari impegnati in quella guerra.
Si
sa, inoltre, che il 26 maggio 1517 il sammarinese Cristoforo
Martelli, dovendo assumere il 1° giugno possesso della pretura di
Forlì, chiedeva lo stendardo di San Marino per spiegarlo in
quell’occasione in onore suo e della sua patria d’origine,
affermando che anche altre volte le autorità sammarinesi avevano
concesso la bandiera per situazioni simili sia a cittadini della
Repubblica che a forestieri.
Ma
quali colori contraddistinguevano tale bandiera? Erano già il bianco
e azzurro attuali o altri? Con certezza è impossibile rispondere. Da
un documento del 1465, una ricevuta reperibile presso l’archivio
pubblico sammarinese con cui “Antonio del Giochondi et frategli
setaiuolj”, insieme a “giovanni di ser giovanni dipintore”,
chiedevano ai Reggenti di San Marino il compenso per aver fornito
alcune stoffe “per fare uno stendardo per la vostra comunanza”, pare
che i colori dell’epoca fossero altri, precisamente il bianco, il
giallo e il paonazzo, perché le stoffe fornite avevano tali tinte.
Venne inoltre consegnata anche una tela più piccola di “taffetta de
Grana”, che era una stoffa di seta cotta di colore rosso cremisino.
“Considerando la quantità delle varie sorta di drappi usate, e l’uso
seguito nel comporre stendardi alla metà del secolo XV – si apprende
sempre da Malagola – può dedursi che il taffettà di grana, o
cremisino, fosse impiegato per la parte posteriore, mentre
l’anteriore, o il diritto, doveva probabilmente essere formato a tre
bande, la gialla e la paonazza ai due lati, e nel mezzo quella di
taffettà bianco, sul quale, perché più atto a ricevere la pittura,
sarà stato dipinto lo stemma della repubblica da Giovanni pittore,
se pure egli non vi dipinse l’effigie di S. Marino”.
E’
noto, poi, che certamente fin dalla prima metà del Cinquecento
all’interno delle milizie sammarinesi esisteva la figura del
“bandirario”, ovvero l’addetto a portare la bandiera del locale
raggruppamento militare, ma altre notizie per i secoli successivi,
quando San Marino non ebbe più i gravi problemi militari che dovette
affrontare nel XV e XVI secolo, non ne abbiamo, per cui, salvo il
ritrovamento di documenti ancora ignoti, è impossibile sapere quando
si è passati da un eventuale tricolore, formato dalle tinte di cui
si è detto, al bicolore odierno, sempre che il bicolore non fosse
già in auge in precedenza e lo stendardo tricolore del XV secolo, di
cui esiste l’unica traccia riferita, avesse scopi precipui non
definibili.
Purtroppo non conosciamo con sicurezza nemmeno se i colori in
questione avessero un significato peculiare, o simboleggiassero
qualcosa di preciso, sebbene sia stato asserito che il bianco
raffiguri le “torri coronanti le cime del Titano”, e il turchino “il
cielo nel quale elle si specchiano”.
La spiegazione, però, sembra forzata in quanto la bandiera
sammarinese è bianca nella sua parte superiore, e azzurra in quella
inferiore.
Nella documentazione del ‘600 e del ‘700 non si dà nessuna
importanza al problema in esame, tanto che non vi è più alcuna
traccia di bandiere o colori sammarinesi: neppure negli statuti
secenteschi, pur così precisi e dettagliati su tutti gli aspetti
della vita politica e sociale sammarinese.
Solo
nella seduta del Consiglio Principe e Sovrano (massimo organo
politico locale) del 12 febbraio 1797 venne improvvisamente
verbalizzato “che la coccarda nostra nazionale debba essere bianca e
turchina, usata da queste Milizie”.
Probabilmente simile deliberazione scaturì dal fatto che un mese
prima era stato adottato con atto formale dalla Repubblica Cispadana
il tricolore, ovvero il vessillo che in seguito diventerà la
bandiera ufficiale italiana, e San Marino sentiva l’esigenza di
ribadire anche a questi nuovi confinanti, così come aveva fatto
ripetutamente nei secoli precedenti con Roma (utilizzando però non
uno stendardo, ma soprattutto la figura del suo santo fondatore), di
essere una realtà politica indipendente a cui il tricolore non
interessava in quanto possedeva già colori suoi.
Da
questo momento in poi il bianco e l’azzurro diventeranno colori meno
celati e sempre più sbandierati dai sammarinesi: già con lettera del
3 maggio dello stesso anno le autorità del Titano chiedevano il
permesso a quelle delle armate francesi schierate ai loro confini di
poter portare la loro coccarda bianca e turchina anche all’esterno
del loro Stato, per farsi riconoscere come cittadini di San Marino
ovunque transitassero.
Nel
mese di agosto, invece, è un gruppo di giovani “insorgenti” locali
che, ispirandosi a quanto stava avvenendo in Francia, e in aperta
contestazione nei confronti del governo oligarchico che gestiva lo
Stato sammarinese, decisero di contraddistinguersi e di manifestare
tutto il loro patriottismo indossando una coccarda con i colori
ufficiali della Repubblica, ma con al centro un disegno di tre monti
sormontati da tre penne ai cui piedi stava la scritta “Governo
Democratico”.
Il
progetto però non riuscì ad andare in porto perché chi era stato
incaricato, tramite biglietto datato 18 agosto, di “raccogliere
tutti i strassi bianchi e turchini” che aveva in bottega per fare le
coccarde, venne arrestato e incarcerato il giorno dopo.
Passato il momento napoleonico, passò anche l’entusiasmo patriottico
per il bianco e il turchino, che comunque da quella fase storica in
poi divennero sempre più palesati come colori ufficiali dello Stato
sammarinese.
Pur
essendo scarse le tracce documentali in merito anche per il 1800,
non sono però del tutto inesistenti come nei secoli precedenti.
Sappiamo così che nel 1829 venne innalzata sulla prima torre una
bandiera coi colori sammarinesi donata alla Repubblica da Adaucto
Diotallevj, che verosimilmente fu il primo vessillo bianco e azzurro
a sventolare sul picco più alto del monte Titano.
Nel
1854, invece, venne predisposta una formula di giuramento per i
militi sammarinesi in cui si doveva assicurare “di non avere altri
colori che i due soltanto della Bandiera della nostra Repubblica”.
Nel
1860 il bianco e l’azzurro vennero utilizzati come colori ufficiali
del nuovo ordine equestre sammarinese istituito il 22 marzo.
Per
gli anni seguenti siamo a conoscenza che una bandiera, puntualmente
rabberciata o rifatta del tutto quando non era più rammendabile,
continuava a sventolare sulla prima torre, ed un’altra sul Palazzo
Pubblico,
e che vi era la consuetudine da parte di molti sammarinesi di
esporre alle proprie finestre un drappo bianco e azzurro in
occasione del 21 giugno, all’epoca festa patria.
Una
curiosa richiesta da parte del Castello di Faetano nel 1877 ci fa
comunque intuire che non dovevano essere proprio tante le bandiere
disponibili lungo il territorio, in quanto fu domandato in maniera
ufficiale alle autorità governative che venisse concessa gratis la
bandiera usualmente esposta sul Palazzo delle Udienze della
Reggenza, in quanto la si stava per rifare nuova, perchè anche gli
abitanti di Faetano volevano innalzarla “sulle Mura Castellane la
Bandiera della Repubblica in occasione di Feste Patrie”.
Nel
1892 venne invece varata una “Legge pel Corpo Consolare” in cui, tra
le altre cose, era prevista l’esposizione della bandiera sammarinese
da parte di ogni ufficio consolare in giorni precisi.
In
definitiva si può affermare che i sammarinesi divennero sempre più
attaccati al bianco/azzurro e alla loro bandiera nazionale dalla
seconda metà del XIX secolo in poi, epoca in cui la stipula, nel
1862, della prima convenzione tra la piccola Repubblica il nuovo
Regno italiano permise a San Marino di acquisire una fisionomia
statale più definita e meno confutabile di quella posseduta nei
secoli precedenti.
Archivio di Stato della RSM, Atti
del Consiglio Principe, vol. nn, n. 37, seduta del
18/6/1854.
“Formola di giuramento
da prestarsi dagli Ufficiali, e bassi Ufficiali delle
Milizie.
Io N. N. giuro nel Nome di Dio, e sopra i
Santi Evangelj di conservare l’ordine, e la pubblica
tranquillità, di assicurare l’obbedienza alle Leggi, di
prestarla fedelmente ai Capitani Reggenti, e al Generale
Comandante Superiore di queste Milizie, di osservare, e di
tenere per mio assoluto e legittimo Principe il solo
Generale Consiglio dei Sessanta, diffenderlo con tutte le
mie forze, e con esso l’indipendenza, e la libertà della
Patria; di non conoscere, e di non avere altri colori che i
due soltanto della Bandiera della nostra Repubblica. Se
operassi contro il presente mio giuramento, ed offendessi
nel mio servizio la disciplina, e la subordinazione
militare, non dovrò essere ubbidito da miei subalterni, ed
ogni mia operazione sarà nulla, e di niun efetto. Così
facendo Iddio mi ajuti, e mi premj, altrimenti mi abbandoni,
e mi punisca”.
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