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Rovereta, fenomeno (ancora) sentimentale

- articolo pubblicato sul Nuovo Titano nel dicembre del 2004)

Indubbiamente i fenomeni storici non sono tutti uguali fra loro: ve ne sono di più complessi o più semplici, di più facilmente interpretabili o di più oscuri, di più “sentiti”, nel senso sentimentale ed emotivo del termine, o di meno.

Rovereta è proprio uno di questi fenomeni: ancora talmente complesso, ricco di risvolti passionali, di patine ideologiche, pieno di meandri nebulosi da essere ancora per lo più interpretato in maniera prospettica o partigiana, ovvero senza quell’oggettività e distacco scientifico che la vera cognizione di un problema storico richiede, sempre che sia possibile una piena comprensione scientifica del fenomeno Rovereta, cosa di cui personalmente dubito.

Pretendere dunque d’insegnare ai giovani la “vera storia” di Rovereta, come negli ultimi tempi si è sentito sbandierare da più parti, è millanteria solenne e risibile perché, come diceva Bloch, ma anche tanti altri storici di fama, “è assurda l’idea stessa che il passato, come tale, possa essere oggetto di scienza”, quindi è inevitabile che senza scienza la verità non possa essere unica e oggettiva, ma plurima e soggettiva.

Si può avere scienza dei fatti e degli eventi che compongono un fenomeno storico, e fare affermazioni assolutamente incontestabili, tipo “Napoleone è stato sconfitto a Waterloo”. Ma sui motivi che hanno determinato quell’evento incontestabile possiamo discutere a lungo, producendo interpretazioni migliori o peggiori, più documentate o meno, veritiere o faziose, ma difficilmente assolute e congelabili nell’iperuranio delle idee fisse, specialmente se ci lasciamo prendere dalle simpatie o antipatie verso il personaggio e le sue azioni, vivendo la questione senza essere super partes.

Ogni fenomeno storico complesso, che vada al di là dei suoi semplici eventi inconfutabili, accaduti lì e in quel momento, da un punto di vista interpretativo è sempre in fieri, continuamente riesaminabile, mai coagulato in forme assolute di asserzioni dogmatiche.

Questo non significa che ai giovani e a chi voglia farsi un’idea dell’accaduto non occorra fornire il materiale, le informazioni, i documenti, le testimonianze e soprattutto la coscienza critica utili perché essi abbiano i mezzi per porsi davanti ad un problema, storico o di altra natura, con la volontà di capirne un po’ di più, senza bersi acriticamente tutto ciò che il saccente di turno cerca di mescere loro.

Ma non condizionandolo a credere che la realtà di Rovereta sia unica e assiomatica, sia verità di Destra o di Sinistra, perché se è questo lo scopo del tanto fervore culturale che si sta profondendo, si compie opera diseducativa e tendenziosa, strumentale, come è stato acutamente detto, tesa solo a mantenere le acredini ed i veleni di quell’epoca e non a capire meglio un evento che abbiamo il dovere morale di superare tramite un’analisi metodica e spassionata, se non altro per non ricascarci, perché le deficienze istituzionali che lo hanno favorito, insieme ad una certa cultura antidemocratica e clanica/oligarchica di fondo, che sono state a mio giudizio le vere cause che lo hanno generato, sono ancora ben presenti nella nostra mentalità, nel nostro sistema costituzionale, nel nostro modo di concepire e fare politica.

Il successo delle serate dedicate a Rovereta testimonia che la gente vuol sapere cosa è accaduto mezzo secolo fa, perché dopo decenni di oblio in cui quanto capitato in quei mesi è rimasto un problema per soli studiosi, volutamente sepolto nelle memorie e nelle interpretazioni dei suoi sopravvissuti, oggi c’è curiosità e volontà di farsene una ragione sia per conoscere il fenomeno, sia per archiviarlo come fenomeno storico, perché nessuno può vivere bene con scheletri nell’armadio, tanto meno un popolo intero.

Si facciano conoscere ai giovani ed agli interessati, dunque, i fatti che hanno generato e caratterizzato Rovereta, ma si abbia anche il coraggio di dire che nessuno di noi è depositario, su un problema tanto articolato e ancora tanto sentimentale, di una interpretazione giusta, unica ed incontestabile, in grado di incanalare quei fatti lungo un solo percorso ermeneutico.

“Dal momento che il giudizio pende da un lato, non ci si può trattenere dal delineare e storcere la narrazione in quel verso”, ebbe a dire Montaigne quasi cinquecento anni fa. Nel momento in cui riusciremo a non far pendere giudizi da nessuna parte, conosceremo e valuteremo meglio Rovereta, ma presumo che ci voglia ancora molto tempo.

 

 

 

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