301 D.F.R.
Storia di una data
infondata
“Lo
Stato Sammarinese è il più antico fra quanti vivono tuttora nel
mondo ed è indipendente da quando esiste: la sua libertà è per ciò
detta perpetua. Esiste dal IV Secolo dell’Era volgare, all’inizio
del quale (il Natale di San Marino è fatto risalire al 3 settembre
del 301) fu fondato da un Santo: le sue origini son dunque divine”.
Così
si affermava con determinazione all’interno di un libro edito in
piena epoca fascista, testo che si rivolgeva soprattutto agli
studenti affinché imparassero storia e memorie dell’antica
Repubblica di San Marino secondo un’ottica esclusivamente
tradizionalista.
Infatti i fascisti sammarinesi si dimostrarono sempre vincolati
anima e corpo, in maniera del tutto esaltatoria ed acritica, al
passato più consuetudinario e alle usanze di sempre dei venerandi
patriarchi sammarinesi
.
In
realtà anche oggi una buona parte dei sammarinesi è convinta che le
origini leggendarie della comunità, da cui si sarebbe in seguito
sviluppato il piccolo Stato, risalgano al mitico arrivo sul Monte
Titano di Marino da Arbe, sant’uomo che, secondo i racconti
leggendari che ne parlano, nel 257 avrebbe raggiunto Rimini con
l’intenzione di esercitarvi il suo mestiere di lapicida. In seguito
si sarebbe ritirato in volontario romitaggio sul Titano con
l’aspirazione di sopravvivere in umiltà in base agli insegnamenti
evangelici e alla predicazione di Cristo.
Purtroppo, però, le notizie che possediamo su Marino sono
esclusivamente mitologiche, in quanto contenute soltanto nei
racconti agiografici che lo riguardano, in particolare in una
leggenda che i sammarinesi hanno assunto come ufficiale in tempi
remotissimi e non databili.
Da
studiosi esperti in agiografia è stato affermato che tale narrazione
tradizionale, la più antica della dozzina di leggende note che
parlano di Marino, sarebbe stata scritta vari secoli dopo i fatti
che rievoca, ovvero intorno al X secolo, venendo derivata
direttamente da un racconto orale che circolava chissà da quanto sul
Titano e nel suo circondario.
Sull’attendibilità storica di questa leggenda, in passato mai messa
in reale discussione, oggi, invece, essendosi sviluppato un senso
della storia più critico ed esegetico, sussistono maggiori dubbi,
perché, come tutte le leggende, agiografiche o no, quella che
riguarda San Marino non fu scritta con l’intenzione prioritaria di
fare storia, cioè col dovuto rigore e la necessaria scientificità
che l’indagine storica richiede.
Suo
scopo preminente, invece, era quello di esporre una bella nonché
edificante cronaca delle principali vicissitudini esistenziali di un
eroe del Cristianesimo, utile come ispirazione per tutti e come
modello di vita per chi desiderava seguire le orme di un uomo senza
dubbio destinato alla salvezza eterna.
Infatti le leggende agiografiche, quelle cioè incentrate sulla vita
e le imprese dei santi, venivano di solito lette durante cerimonie
religiose, da quei pochi che lo sapevano fare, per dare piacere
intellettuale e conforto morale e spirituale all’uditorio, composto
per lo più da gente molto pia, ma semplice ed analfabeta.
Era
frequente che contenessero vicende storiche reali al loro interno,
per dare concretezza e solidità alla vita e agli episodi esemplari
che narravano, ed anche perché il più delle volte riportavano vaghi
ricordi di avvenimenti davvero accaduti molto tempo prima.
Tuttavia si prefiggevano soprattutto di essere narrazioni piacevoli
e allegoriche per la platea, in cui chiunque potesse trovare
messaggi, simboli, stereotipi, modelli, ammaestramenti, esempi vivi
e facilmente decodificabili per condurre una retta esistenza secondo
gli insegnamenti cristiani, e sul modello dei sant’uomini del
passato che ne erano stati protagonisti. In tal modo gli astanti
venivano ad avere davanti agli occhi strade concrete da percorrere
per potersi salvare dall’inferno, la cui esistenza era ritenuta
terribilmente reale, e per potere riscattare una vita grama e
faticosa.
Plausibilmente, quindi, anche la vicenda di Marino venuto da Arbe
mescola fatti reali con elementi simbolici e letterari cari agli
ascoltatori del periodo altomedievale, epoca in cui la leggenda ha
preso vita oralmente per essere poi scritta in un secondo momento.
Purtroppo oggi non è possibile sapere con precisione dove incominci
la realtà e termini l’immaginario al suo interno, cioè quanto
inseritovi dall’agiografo o da coloro che, per renderla
narrativamente più interessante, se la trasmettevano a voce
arricchendola di volta in volta, o comunque modificandola.
E’
indubbio, infatti, che la leggenda in questione includa riferimenti
a fatti storici reali, anche se in genere risultano approssimativi,
non datati o del tutto erronei. E’ altrettanto evidente, però, che
presenta miracoli, luoghi comuni, fatti meravigliosi o simbolici
tipici di tutte le leggende agiografiche, frutto più della voglia di
stupire i presenti, all’epoca facilmente suggestionabili, che di
raccontare con scrupolo eventi fondati.
Va
detto, a rigor del vero, che la leggenda di Marino è l’unica
spiegazione dotata di una qualche credibilità che ci è giunta sulle
remote origini della comunità sammarinese, per cui è altrettanto
problematico ritenerla totalmente inventata dal nulla, cioè del
tutto inattendibile.
Infatti una comunità che si richiama a un santo di nome Marino
esiste da centinaia di anni: verosimilmente dall’ottavo secolo circa
dopo Cristo, epoca da cui per la prima volta ci giunge un atto che
attesta la presenza, tra le località donate da Pipino il Breve al
papa, di un paese così denominato.
Pur
essendo questo un documento non accettato da tutti gli storici come
autentico, il nome di San Marino vi appare per la prima volta,
mentre in precedenza ci è giunto soltanto qualche sporadico accenno
ad un Mons Titas, al Monte Titano, ma non ad una comunità
strutturata che vi abitasse sopra col nome di San Marino.
Questo fatto ha indotto alcuni studiosi a ritenere che la
venerazione per un santo che si chiamava Marino non si sia
sviluppata sul Titano tra terzo e quarto secolo dopo Cristo, quando,
secondo la datazione ricavabile dalla leggenda, sarebbe giunto dalla
sua patria e poi vi avrebbe dimorato, ma qualche secolo più tardi.
Anche
in questo caso, però, possiamo restare solo nel campo delle ipotesi
più o meno accettabili, perché manca ulteriore documentazione,
indispensabile per farci capire come e quando si siano svolti
realmente i fatti.
Sono
diverse le interpretazioni sull’epoca in cui Marino sarebbe
veramente vissuto. C’è chi, partendo dai rarissimi documenti
precedenti la Donazione Pipiniana, in particolare dalla ben nota
lettera di Eugippo a cui si accennerà fra breve, sostiene che la sua
vita terrena si sia svolta tra i secoli VI e l’VIII, non in
precedenza.
Altri, invece, lo collegano più alla seconda metà del IV secolo che
alla prima, facendolo passare a miglior vita verso la fine del
secolo, perché nella leggenda si cita un concilio contro
l’arianesimo realmente svoltosi a Rimini nel 359, a cui, secondo una
certa tradizione seguita da molti, avrebbe presenziato lo stesso
Marino,
ed anche perché l’unica data presente nella leggenda (il 257) è del
tutto sbagliata, mentre i fatti che vi vengono raccontati e i
personaggi storici citati, possono più facilmente trovare una giusta
collocazione nel 300 piuttosto che nel 200.
In
passato non ci si preoccupava più di tanto dell’anno di nascita
dello Stato sammarinese, cioè dell’ipotetico 301 di cui si parla
all’interno di questo breve saggio, limitandosi a considerarlo
legato genericamente ai tempi delle vicissitudini terrene del
leggendario fondatore, ovvero al IV secolo.
Nel
famoso rotolo di Valle Anastasio del 1296 si ha il primo esempio di
tale mentalità, in quanto alcuni dei sammarinesi che ci lasciano la
loro testimonianza al suo interno si dicono esenti da certe tasse,
che voleva imporre la Santa Sede, perché liberi per consuetudine già
da secoli, precisamente dal momento in cui il santo aveva ricevuto
in dono da Felicissima, la precedente proprietaria, il Monte Titano.
Il documento, tuttavia, rimane del tutto vago sulla cronologia in
cui tali fatti si sarebbero svolti.
Il
1400 fornisce altre testimonianze della libertà leggendaria dei
sammarinesi: Marino Calcigni, importante giureconsulto sammarinese
che operò presso alcune corti dei principati italiani nella prima
metà del secolo, all’interno dei documenti che ci ha tramandato, in
varie occasioni cita la locale “libertà sancta”, che durava ormai da
circa (notare l’approssimazione) 1200 anni, perché affidata al suo
popolo come eredità direttamente dal santo fondatore.
Gli
statuti editi nel 1491 cominciarono a definire la libertà
sammarinese “perpetua”, concetto che da ora in avanti ebbe grande
fortuna e risonanza, e che per l’Alberoni rappresentò invece una
vera e propria iattura che ostacolò non poco le sue mire
annessionistiche, tanto che parlò spregiativamente di una temibile
“superstizione della libertà” che caratterizzava la mentalità dei
sammarinesi
.
Se
dunque si hanno precise e ricorrenti tracce di questa libertà santa
derivata, secondo la mentalità dei più, direttamente dal leggendario
fondatore, nei secoli più remoti nessuno parla mai del 301 come sua
data di partenza.
Anche
durante il periodo fascista, che fu l’epoca in cui si enfatizzò e
ufficializzò di punto in bianco il 301 quale d.F.R. (data Fondazione
Repubblica), come specificheremo meglio fra breve, non si doveva
dare tanto peso a tale anno, visto che Protogene Belloni, autore di
una “Storia di San Marino” edita nel 1933,
afferma convinto che Marino morì il 3 settembre del 364, senza
menzionare per nulla la data di cui stiamo parlando.
Ma
allora perché la leggenda colloca la vita di Marino nel terzo
secolo, non nel quarto, dicendoci addirittura che morì un 3
settembre di un anno indefinito? Infatti al suo interno non è
riportato l’anno di morte, ma solo il giorno.
Probabilmente la spiegazione è da ricercarsi nel forte simbolismo
che tale racconto doveva contenere secondo l’ottica di chi l’ha
scritto, e alla scarsa conoscenza della storia di costui, che cita
fatti veramente accaduti, come il rogo dei libri sacri ordinato da
Diocleziano nel 303, ma senza mai collocarli cronologicamente.
L’epoca della presunta vicissitudine terrena di Marino doveva
essere, per l’agiografo o gli agiografi che l’hanno trasformata da
orale a scritta, quella delle grandi persecuzioni contro i
cristiani. Diocleziano, l’imperatore romano che, secondo
un’affermazione erronea contenuta nella leggenda, dominava l’impero
di Roma nel 257, ovvero all’epoca dell’arrivo da Arbe del santo,
rappresentava allegoricamente la figura del grande e ferocissimo
persecutore, così come in altre leggende agiografiche veniva
utilizzata la figura di Nerone con lo stesso ruolo, o quella di
qualche giudice particolarmente crudele di cui era sopravvissuta la
tragica e terrificante memoria.
L’agiografo, sempre che abbia scritto tutto da solo,
sbaglia completamente l’unica data che riporta: infatti Diocleziano
fu imperatore a partire dal 284, e diede avvio alla persecuzione
contro i cristiani dal 303.
La
preoccupazione primaria del nostro narratore per esaltare
maggiormente il santo, tuttavia, era quella di situare la vita di
Marino proprio ai tempi di uno spietato imperatore come lui, ovvero
in un’epoca particolarmente difficile e sanguinaria per i cristiani.
La
precisione storica, quindi, gli era del tutto secondaria, anche se
si dimostra sempre assai solerte nel fornire eventi e dettagli
apparentemente, ma spesso solo apparentemente, rigorosi ed
ineccepibili.
Questo non dimostra che Marino non possa essere esistito davvero
nell’epoca in cui lo pone la leggenda. Significa, però, che tale
documento va preso con le molle, perché chi lo ha redatto si
dimostra in più occasioni troppo approssimativo nelle informazioni
che ci fornisce per poter beneficiare di piena fiducia
intellettuale.
Detto
ciò, veniamo ora alla fatidica data del 301, presunto anno di
fondazione della Repubblica di San Marino. Come si è già detto, essa
non è contenuta all’interno della leggenda. Si pensa, perciò, che
sia frutto di qualche tradizione orale successiva ai tempi in cui è
vissuto l’agiografo estensore della vita di Marino da Arbe, perché,
meticoloso com’era (anche se tanto impreciso), sicuramente l’avrebbe
inserita all’interno del suo racconto, se l’avesse conosciuta o
anche solo ipotizzata.
Se
fosse davvero così, però, chi nei secoli addietro si è interessato
alla storia della piccola Repubblica di San Marino doveva essere a
conoscenza di tale supposta tradizione, come lo siamo noi. Invece
pare proprio di no: della data in questione non dice nulla il Valli,
nemmeno Delfico, che parla invece dell’arrivo del santo a Rimini
“dopo la metà del quarto Secolo”,
neppure Fattori,
che riprende semplicemente quanto dice il Delfico, e neanche i tanti
scrittori stranieri, in particolare francesi, che hanno lasciato
testi sullo Stato sammarinese, ricavandone la storia soprattutto
dagli autori citati.
Non
ne parla Auger-Saint-Hippolyte, per esempio, nella storia che scrive
subito dopo quella del Delfico, nel 1827,
in cui racconta con puntigliosità la leggenda, ricamandoci sopra con
dovizia di particolari e dialoghi immaginari o derivati non si sa da
dove, e affermando che Marino morì un 4 settembre, giorno che anche
altri autori per qualche motivo ignoto citano come ultimo per il
santo, verso la fine del quarto secolo.
Non
ne parla neppure Marino Enea Bonelli nel suo “Compendio istorico
della Repubblica di San Marino” scritto pochi anni dopo, che si
dichiara d’accordo coi Bollandisti che avevano ipotizzato l’arrivo
di Marino verso i primi anni del 300, pur senza individuare un anno
preciso. Anzi, è addirittura del parere che sia giunto dopo il 325,
data del Concilio di Nicea con cui si erano limitatamente placati i
forti dissidi che sussistevano all’interno del mondo cristiano di
allora.
Sostiene inoltre, senza avere dubbi, che Marino si dimostrò un
valido appoggio del vescovo Gaudenzio contro l’eresia di Marciano,
discussa nel congresso svoltosi realmente a Rimini nel 359, e
indetto appositamente dall’imperatore Costanzo II per risolvere il
grave dissidio in atto da più anni tra Arianesimo e Cattolicesimo.
Al suo interno si doveva determinare quale religione dovesse essere
preminente nell’impero romano. Conclude asserendo che Marino era
morto “in età decrepita”, ovvero verso la fine del secolo.
Neppure ci dice nulla sul 301 Luc’Antonio Gentili, il quale, però,
si avvicina alla data in questione, non si sa in base a quale
ragionamento, informandoci che Marino giunse a Rimini agli inizi del
300, e morì “non molto dopo l’esito infausto del riminese Concilio”,
quello sempre del 359.
Pietro Ellero, nella sua “Relazione della Repubblica Sammarinese”
del 1868, ipotizzò invece che il santo arrivasse a Rimini “dopo la
metà del IV secolo dell’era volgare”.
Questa tesi fu poi sostenuta nel 1972 anche da Francesco Balsimelli,
il quale ritenne, in base a una serie di argomentazioni più
speculative che documentate, che Marino fosse giunto sul Titano dopo
il 360, quando aveva circa 40 anni, e che qui morisse verso il 385.
Più
recentemente Nevio Matteini colloca la morte del santo fondatore nel
366, limitandosi a dire che la data di fondazione della repubblica è
però stabilita nel 301, senza spiegarci da dove è stata derivata.
Altre
notizie simili ci vengono fornite dal volume “Viva il Prencipe S.
Marino” che dedica una sua ampia parte al problema in esame,
riportando citazioni che vogliono Marino già presente sul Titano
addirittura nel 220, o in date successive fino al 364.
Il
366 quale anno di morte del santo viene attualmente accettato pure
dalla Diocesi San Marino-Montefeltro, come risulta dalla storia di
Marino e Leo riassunta sul sito web della stessa.
Tuttavia in un’altra pagina del medesimo sito viene indicato il 301
come data della morte, chiara prova dei dubbi che anche la Chiesa ha
in merito per la diversa interpretazione che si può dare alle
indeterminate informazioni cronologiche presenti nella leggenda.
Se ci
è lecito, dunque, avere dubbi nei confronti delle presunte verità
storiche riportate dal racconto della vita di Marino, ancor più si
può essere perplessi verso l’anno in questione, che varia, con ampi
margini compresi tra III e IV secolo d.C., in base all’autore che ne
parla.
Nonostante tali incertezze, però, la data di cui stiamo parlando è
stata a un certo punto assunta senza problemi come d.F.R., ovvero
come reale momento di nascita della repubblica, ed ancora oggi i
documenti sammarinesi ufficiali, i decreti e le leggi riportano in
calce chiusure tipo: Data dalla Nostra Residenza, addì 28 ottobre
2009/1709 d.F.R.
Il
fatto in sé forse non è particolarmente grave, pur denotando una
cultura storica quanto mai approssimativa. Diventa invece gravissimo
se si considera che, ufficializzando in ogni modo e in ogni momento
il 301, s’ inculca nella gente, priva di quel minimo di bagaglio
culturale necessario per valutare tale data più folcloristica e
convenzionale che reale, l’informazione che la Repubblica di San
Marino esista come tale davvero da più di 1.700 anni!
Ed è
una falsa credenza ben più radicata e diffusa di quanto si possa
credere, nonché inopportunamente sbandierata ai quattro venti in
ogni occasione, ufficiale o no, si voglia rimarcare il fatto, con
enfasi tanto esagerata da apparire bizzarra, che San Marino è il più
antico Stato del mondo.
Asserzione che è anche vera, visto che i primi germogli dell’attuale
sistema istituzionale dello Stato di San Marino, ovvero organi come
la Reggenza, il Consiglio dei LX, il Consiglio dei XII, spuntano di
certo, perché documentati da più fonti, intorno alla metà del XIII
secolo, ovvero in piena epoca comunale.
La
storiografia degli ultimi anni, quella meno apologetica e più
obiettiva, è concorde nell’affermare che proprio quelli furono gli
anni in cui iniziò gradualmente a formarsi la fisionomia statale di
San Marino, sebbene ancora per vari decenni il comune dovette
lottare per svincolarsi dall’autorità politica del vescovo del
Montefeltro, suo dominus precedente.
Lo
Stato sammarinese può dunque a buon diritto rivendicare una
venerabilissima età che ha solo lui: di circa 800 anni, però, non di
1.700!
Ma
ragionando per assurdo, aveva una qualche possibilità di esistere
una comunità autonoma, addirittura repubblicana, nel 301 d.C.?
Ovviamente no.
In
quell’anno regnavano effettivamente sul vastissimo Impero Romano i
due signori menzionati nella leggenda di San Marino, Diocleziano e
Massimiano. Essendo entrambi ex comandanti militari, avevano
soprattutto a cuore la difesa degli estesi confini del loro impero
ed il mantenimento della sua tranquillità interna.
Proprio per avere sotto stretto controllo tutto il vastissimo
territorio che all’epoca era dominato da Roma, nel 293 i due
imperatori nominarono altri due cesari a cui affidare il governo di
zone specifiche, costituendo in tal modo la cosiddetta “tetrarchia”.
Diocleziano controllava le province orientali e l'Egitto, risiedendo
nella città di Nicomedia; Galerio, il cesare da lui nominato, le
province balcaniche; Massimiano governava su Italia e Africa
settentrionale e risiedeva a Milano, Costanzo Cloro, il suo cesare,
ebbe in affidamento la Spagna, la Gallia e la Britannia.
Dopo
anni di guerra sui confini contro le popolazioni che premevano per
invadere i territori romani, la tetrarchia riuscì a consolidare un
periodo di pace e tranquillità a partire dal 299.
Con
tale meticolosa organizzazione politica e militare, creata
esclusivamente per evitare qualunque forma di ribellione al potere
centrale di Roma, non poteva di certo esistere una comunità
indipendente e repubblicana nel centro dell’Italia dell’epoca, per
quanto piccola e innocua fosse.
Può
essere possibile, ma non è documentato da nulla, che sul Titano già
esistesse una minuscola schiera di cenobiti: infatti pare che
all’epoca il Cristianesimo stesse diffondendosi sempre più nella
zona geografica di cui stiamo trattando.
Tuttavia la prima testimonianza di un monastero in loco risale a due
secoli dopo, precisamente al 511, data della famosa lettera, a cui
già si è accennato, scritta dal monaco Eugippo al diacono Pascasio,
in cui si parla succintamente del monaco Bassus vissuto per diverso
tempo in un monastero posto sul Monte Titano vicino a Rimini.
Sicuramente è illogico pensare che esistesse una repubblica, o
comunque una qualunque isola indipendente, in mano a una comunità
cristiana, anche perché nel 303 venne scatenata da Roma una feroce
persecuzione proprio contro i cristiani, che l’avrebbe senz’altro
spazzata via fin da subito, ipotizzando per assurdo, molto per
assurdo, che davvero esistesse.
Anche
il concetto di repubblica per l’epoca non faceva più parte della
mentalità della gente, così come non ne farà parte per secoli
ancora. Nei documenti che ci sono pervenuti relativi ai periodi
successivi non si menziona una Repubblica di San Marino fino al XV
secolo, mentre si accenna al massimo ad una comunità o al comune
sammarinese, a partire poi solo dai secoli XIII e XIV, cioè dal
momento in cui gli abitanti del Titano iniziarono a svincolarsi, con
logica e volontà di stampo comunale, dal dominio vescovile che, in
nome dello Stato Pontificio, fin lì aveva controllato tutta l’area
geografica e politica in cui San Marino si trovava.
E’
bene sottolineare, inoltre, che la tradizione vuole la comunità nata
attorno al suo santo fondatore, e da questi lasciata libera dal papa
e dall’imperatore in punto di morte (relinquo vos liberos ab
utroque homine, ovvero: vi lascio liberi da entrambi gli uomini,
cioè papa e imperatore), frase non presente all’interno della
leggenda originale, come non poteva ancora esserlo.
Infatti nel 301 il papa non aveva alcun potere temporale sui
territori della penisola italiana, perché solo a partire dagli
ultimi decenni del VI secolo iniziò a formarsi un primo embrione del
futuro Stato Pontificio, che giungerà a costituirsi pienamente
soprattutto dall’VIII secolo in poi tramite la Donazione di Sutri
del 728 e quella di Pipino il Breve del 756.
Anche
la frase messa in bocca a Marino in punto di morte è, dunque, da
considerarsi di molto postuma al 301 e inventata senz’altro per
retrodatare al massimo l’indipendenza sammarinese.
E’
verosimile che sia stata creata come tradizione nel momento in cui
San Marino stava lottando per liberarsi dal dominio del vescovo del
Montefeltro e conseguentemente dello Stato Pontificio.
Può
essere stata plasmata, comunque, anche tra la fine del 1500 e gli
inizi del secolo successivo, cioè ai tempi della scomparsa del
Ducato di Urbino, grande protettore dei sammarinesi, e della
devoluzione dei suoi territori a Roma, momento in cui anche San
Marino temette di fare la stessa fine e di perdere la sua
indipendenza.
Con
tali parole la libertà sammarinese diveniva infatti santa a tutti
gli effetti, perché scaturita direttamente da un uomo prediletto da
Dio, quindi doveva essere rispettata prima di tutti da chi sulla
Terra agiva in Suo nome.
Se
dunque proprio non poteva esistere una repubblica al centro
dell’Italia nel periodo in questione, perché mai il 301 è andato al
di là della semplice tradizione orale, in cui dimorava innocuamente,
sempre che vi dimorasse realmente, cosa molto dubbia, per essere
assunto ufficialmente come data d’inizio dell’esperienza politica
repubblicana della comunità sammarinese?
La
risposta è certa in quanto legata al seguente decreto di epoca
fascista:
Noi Capitani Reggenti la Serenissima Repubblica di San Marino
Promulghiamo e mandiamo a pubblicare il seguente decreto approvato
dal Principe e Sovrano Consiglio dei LX nella Sua Tornata odierna:
Art. 1.
Negli atti ufficiali e in quelli dei pubblici uffici la data della
loro emissione dovrà essere seguita dalla indicazione dell'anno
dalla fondazione della Repubblica.
Art. 2.
Agli effetti di cui al precedente articolo la data della fondazione
della Repubblica è fissata al 3 Settembre 301.
Art. 3
Il
presente Decreto entrerà in vigore subito dopo la sua pubblicazione.
Dato dalla Nostra Residenza, addì 2 Luglio 1941 (1640 d.F.R.).
Occorre dire, in realtà, che già da anni il governo fascista aveva
assunto il 301 come data ufficiale di nascita della Repubblica
sammarinese. La prima volta che appare in calce ad una legge è il 7
Gennaio 1928 (Dato dalla Nostra Residenza, addì 7 Gennaio
1928/1627 d.F.R.), ma già a partire dal 1926, da quanto ci dice
Onofrio Fattori citato da Cecchetti,
“rimase convenuto come data di fondazione della Repubblica l’anno di
Cristo 301”.
Tuttavia la tradizione legata alla data in esame non doveva essere
molto più antica. Infatti se nel 1901 furono celebrati i 16 secoli
della libertà sammarinese con l’emissione di una medaglia
commemorativa in 400 esemplari e la stampa di un numero unico
“Arbe-Titano” edito “in occasione del XVI centenario della
fondazione della Repubblica di San Marino”, nel secolo precedente
non si trovano tracce, come si è detto, del 301.
Nemmeno per il 1801, cioè per i presunti 1500 anni di fondazione,
sono documentate celebrazioni di qualche risonanza per festeggiare
l’evento, nonostante che potesse essere un momento particolarmente
propizio per enfatizzare l’antichità della repubblica, visto che San
Marino era confinante con la nuova realtà politica creata
dall’ancora repubblicano Napoleone, ovvero la Repubblica Cisalpina,
che poi diverrà per qualche tempo la Repubblica Italiana.
Insomma si può concludere che solo dal 1928 la D.F.R. entrerà nella
coscienza collettiva venendo da ora in poi usata sempre come formula
ufficiale di chiusura delle leggi, mentre negli anni precedenti ci
si limitava semplicemente a Dato dalla Nostra Residenza, addì …
Anche
nelle sedute del Consiglio non si usava in precedenza mai il D.F.R.
limitandosi ad aprire le sedute con In Dei Nomine Amen. Anno
Domini 1714 die vero 27 Decembris, agli inizi del XVIII secolo;
Nel Nome di Dio Amen. Questo di 27 Aprile 1766, quando si
passò dal latino all’italiano; Nel Nome di Dio Amen. Repubblica
di Sammarino Oggi 24 Settembre 1856, nel secolo successivo
quando i Consigli continuavano ad essere in genere sempre aperti
Nel nome di Dio, ma senza mai usare una D.F.R.
Il
motivo per cui il fascismo sammarinese iniziò ad usare la formula in
questione nel 1928 è solo ipotizzabile, ma forse legato a due
ragioni principali: la prima fu la creazione della cosiddetta “era
fascista” da parte del fascismo italiano, che iniziava dal 28
ottobre 1922, data della marcia su Roma. Il primo anno di tale era
fascista incominciava cioè il 29 ottobre 1922 e terminava il 28
ottobre 1923; il 29 ottobre 1923 iniziava il secondo anno e così
via.
L'obbligo di aggiungere l'anno dell'era fascista accanto a quello
dell'era cristiana in numero romano entrò in vigore a partire dal 29
ottobre 1927, in seguito ad una circolare del 25 dicembre 1926.
Presumibilmente questa innovazione del fascismo italiano scatenò
nella mente di qualche gerarca sammarinese il desiderio di
emulazione, come spesso accadeva un po’ per tutti gli aspetti
sociali e politici dell’epoca. In base, però, alla logica passatista
di essere la più antica repubblica del mondo, logica che il fascismo
sammarinese enfatizzò al massimo sempre, manifestandola anche
tramite una ricostruzione architettonica del centro storico tesa,
con non poche forzature, a fornirgli l’aspetto più antico possibile
vuoi per motivi ideologici, vuoi per la volontà di valorizzare
turisticamente il paese e potenziarne le attrattive.
La
seconda ragione fu senz’altro il tradizionalismo conformista, a
volte superficiale, sempre ampolloso, che lo ha costantemente
contraddistinto, come emerge con chiarezza dai tanti documenti che
ci ha lasciato, nonché dal seguente articolo, pieno dell’usuale
retorica “eroica” di cui sono sempre colmi gli scritti dell’epoca,
che tratta proprio del 301:
MDCXXVII d.F.R. - Il numero d’oro che segna il principio della
nostra libertà.
Molti
si saranno già chiesto o si chiederanno la spiegazione di questa
data che dal principio di quest’anno ha fatto la sua comparsa su
tutti gli atti ufficiali del Governo e che in seguito sarà segnata
anche su tutti gli atti giudiziari degli Avvocati, dei pubblici
Notai e del Tribunale.
E’ la
data che segna l’anno di fondazione della nostra Repubblica, la
venuta del nostro Santo, dalla terra di Arbe, ai lavori del porto di
Rimini e quindi sulle balze del nostro Titano dove lo raggiunsero
subito pochi pastori che si unirono a lui e vissero nella luce della
nuova fede, e formarono il primo nucleo di quella società che andò
poi di tempo in tempo aumentando e migliorando nel reggimento e
nelle istituzioni, fino a formar la Repubblica.
Venne
Marino, secondo la tradizione, nel 301 d.C. 3 settembre, quando il
sole di Roma imperiale sfolgorava ancora alto dalle spiagge dell’Iberia
alla Valli dell’Eufrate, dalle alture di Caledonia ai deserti
dell’Africa, quando sul trono d’oro dell’impero sedeva Diocleziano,
uno degli ultimi imperatori che ebbero la visione della grandezza e
che la difesero contro i primi barbari che cominciavano a premere da
ogni parte, e anche contro la fede dell’Uomo di Galilea che, come
esuberante primavera, superando i confini di tutte le patrie e
accomunando barbari e cittadini romani, si allargava nel mondo e
conquistava gli animi, e gettava le basi del grande edificio della
Chiesa, cementando le pietre col sangue dei Martiri.
Marino, atleta della nuova fede di redenzione, venne allora quassù e
si assise coi pochi amici, fratelli in Cristo, attorno alla grande
fiamma che egli accese e che non si spense, e che anche oggi dopo
tanti secoli, e che arderà sempre più fulgida nell’avvenire.
Sono
1627 anni! Pensate! Il forastiero che visita questo asilo di
libertà, pensa quanti troni, quante dominazioni sono crollate, e
scomparse in questo periodo immenso, e quante trasformazioni in
questo lungo cammino di secoli, e rimane meravigliato e commosso, e
si sente vinto e legato da sincera devozione ed affetto verso questo
lembo di terra che si ricongiunge alla grandezza di Roma attraverso
alle glorie e ai dolori di questa meravigliosa “itala gente dalle
molte vite”.
Come
si sarà constatato, il fascismo sammarinese, che a questo punto
possiamo reputare il principale patrocinatore del 301, non
considerava tale data come quella di morte del santo fondatore, così
come oggi in tanti pensano, condizionati da decenni di informazioni
approssimative in merito, ma come quella in cui Marino arrivò sul
Monte Titano, addirittura nel giorno del 3 settembre, che nella
leggenda è chiaramente indicato, invece, come il giorno del suo
trapasso a miglior vita.
Anche
in questo caso il fascismo locale stiracchiò la tradizione a suo uso
e consumo, forse perché si rese conto, o comunque volle mantenersi
fedele alla cultura dominante nei suoi tempi, che la vita di Marino
era più logicamente collocabile nel IV secolo piuttosto che in
quello precedente.
Per
concludere, si può dire che l’era fascista italiana, con la sua
datazione fittizia che partiva dalla marcia su Roma, terminò con la
fine del regime fascista, mentre a San Marino l’uso della d.F.R. non
cessò mai, ed ancora oggi chiude le leggi e gli atti ufficiali (2010/1710
d.F.R.).
Io
suggerirei di abolire tale data, in quanto totalmente inventata e
fuorviante. Tuttavia se proprio dev’essere conservata (come
sicuramente accadrà: da noi cassare qualcosa di tradizionale è
pressoché impossibile), si dichiari almeno con chiarezza che è solo
una data convenzionale e pittoresca, priva di qualunque fondamento
storico, adatta ad una ricostruzione folcloristica del passato, ma
per nulla fondata.
|