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301 D.F.R.

Storia di una data infondata

 

 

“Lo Stato Sammarinese è il più antico fra quanti vivono tuttora nel mondo ed è indipendente da quando esiste: la sua libertà è per ciò detta perpetua. Esiste dal IV Secolo dell’Era volgare, all’inizio del quale (il Natale di San Marino è fatto risalire al 3 settembre del 301) fu fondato da un Santo: le sue origini son dunque divine”[1].

Così si affermava con determinazione all’interno di un libro edito in piena epoca fascista, testo che si rivolgeva soprattutto agli studenti affinché imparassero storia e memorie dell’antica Repubblica di San Marino secondo un’ottica esclusivamente tradizionalista.

Infatti i fascisti sammarinesi si dimostrarono sempre vincolati anima e corpo, in maniera del tutto esaltatoria ed acritica, al passato più consuetudinario e alle usanze di sempre dei venerandi patriarchi sammarinesi [2].

In realtà anche oggi una buona parte dei sammarinesi è convinta che le origini leggendarie della comunità, da cui si sarebbe in seguito sviluppato il piccolo Stato, risalgano al mitico arrivo sul Monte Titano di Marino da Arbe, sant’uomo che, secondo i racconti leggendari che ne parlano, nel 257 avrebbe raggiunto Rimini con l’intenzione di esercitarvi il suo mestiere di lapicida. In seguito si sarebbe ritirato in volontario romitaggio sul Titano con l’aspirazione di sopravvivere in umiltà in base agli insegnamenti evangelici e alla predicazione di Cristo.

Purtroppo, però, le notizie che possediamo su Marino sono esclusivamente mitologiche, in quanto contenute soltanto nei racconti agiografici che lo riguardano, in particolare in una leggenda che i sammarinesi hanno assunto come ufficiale in tempi remotissimi e non databili.

Da studiosi esperti in agiografia è stato affermato che tale narrazione tradizionale, la più antica della dozzina di leggende note che parlano di Marino, sarebbe stata scritta vari secoli dopo i fatti che rievoca, ovvero intorno al X secolo, venendo derivata direttamente da un racconto orale che circolava chissà da quanto sul Titano e nel suo circondario.

Sull’attendibilità storica di questa leggenda, in passato mai messa in reale discussione, oggi, invece, essendosi sviluppato un senso della storia più critico ed esegetico, sussistono maggiori dubbi, perché, come tutte le leggende, agiografiche o no, quella che riguarda San Marino non fu scritta con l’intenzione prioritaria di fare storia, cioè col dovuto rigore e la necessaria scientificità che l’indagine storica richiede.

Suo scopo preminente, invece, era quello di esporre una bella nonché edificante cronaca delle principali vicissitudini esistenziali di un eroe del Cristianesimo, utile come ispirazione per tutti e come modello di vita per chi desiderava seguire le orme di un uomo senza dubbio destinato alla salvezza eterna.

Infatti le leggende agiografiche, quelle cioè incentrate sulla vita e le imprese dei santi, venivano di solito lette durante cerimonie religiose, da quei pochi che lo sapevano fare,  per dare piacere intellettuale e conforto morale e spirituale all’uditorio, composto per lo più da gente molto pia, ma semplice ed analfabeta.

Era frequente che contenessero vicende storiche reali al loro interno, per dare concretezza e solidità alla vita e agli episodi esemplari che narravano, ed anche perché il più delle volte riportavano vaghi ricordi di avvenimenti davvero accaduti molto tempo prima.

Tuttavia si prefiggevano soprattutto di essere narrazioni piacevoli e allegoriche per la platea, in cui chiunque potesse trovare messaggi, simboli, stereotipi, modelli, ammaestramenti, esempi vivi e facilmente decodificabili per condurre una retta esistenza secondo gli insegnamenti cristiani, e sul modello dei sant’uomini del passato che ne erano stati protagonisti. In tal modo gli astanti venivano ad avere davanti agli occhi strade concrete da percorrere per potersi salvare dall’inferno, la cui esistenza era ritenuta terribilmente reale, e per potere riscattare una vita grama e faticosa.

Plausibilmente, quindi, anche la vicenda di Marino venuto da Arbe mescola fatti reali con elementi simbolici e letterari cari agli ascoltatori del periodo altomedievale, epoca in cui la leggenda ha preso vita oralmente per essere poi scritta in un secondo momento.

Purtroppo oggi non è possibile sapere con precisione dove incominci la realtà e termini l’immaginario al suo interno, cioè quanto inseritovi dall’agiografo o da coloro che, per renderla narrativamente più interessante, se la trasmettevano a voce arricchendola di volta in volta, o comunque modificandola.  

E’ indubbio, infatti, che la leggenda in questione includa riferimenti a fatti storici reali, anche se in genere risultano approssimativi, non datati o del tutto erronei. E’ altrettanto evidente, però, che presenta miracoli, luoghi comuni, fatti meravigliosi o simbolici tipici di tutte le leggende agiografiche, frutto più della voglia di stupire i presenti, all’epoca facilmente suggestionabili, che di raccontare con scrupolo eventi fondati.

Va detto, a rigor del vero, che la leggenda di Marino è l’unica spiegazione dotata di una qualche credibilità che ci è giunta sulle remote origini della comunità sammarinese, per cui è altrettanto problematico ritenerla totalmente inventata dal nulla, cioè del tutto inattendibile.

Infatti una comunità che si richiama a un santo di nome Marino esiste da centinaia di anni: verosimilmente dall’ottavo secolo circa dopo Cristo, epoca da cui per la prima volta ci giunge un atto che attesta la presenza, tra le località donate da Pipino il Breve al papa, di un paese così denominato.

Pur essendo questo un documento non accettato da tutti gli storici come autentico, il nome di San Marino vi appare per la prima volta, mentre in precedenza ci è giunto soltanto qualche sporadico accenno ad un Mons Titas, al Monte Titano, ma non ad una comunità strutturata che vi abitasse sopra col nome di San Marino.

Questo fatto ha indotto alcuni studiosi a ritenere che la venerazione per un santo che si chiamava Marino non si sia sviluppata sul Titano tra terzo e quarto secolo dopo Cristo, quando, secondo la datazione ricavabile dalla leggenda, sarebbe giunto dalla sua patria e poi vi avrebbe dimorato, ma qualche secolo più tardi.

Anche in questo caso, però, possiamo restare solo nel campo delle ipotesi più o meno accettabili, perché manca ulteriore documentazione, indispensabile per farci capire come e quando si siano svolti realmente i fatti.

Sono diverse le interpretazioni sull’epoca in cui Marino sarebbe veramente vissuto. C’è chi, partendo dai rarissimi documenti precedenti la Donazione Pipiniana, in particolare dalla ben nota lettera di Eugippo a cui si accennerà fra breve, sostiene che la sua vita terrena si sia svolta tra i secoli VI e l’VIII, non in precedenza.

Altri, invece, lo collegano più alla seconda metà del IV secolo che alla prima, facendolo passare a miglior vita verso la fine del secolo, perché nella leggenda si cita un concilio contro l’arianesimo realmente svoltosi a Rimini nel 359, a cui, secondo una certa tradizione seguita da molti, avrebbe presenziato lo stesso Marino[3], ed anche perché l’unica data presente nella leggenda (il 257) è del tutto sbagliata, mentre i fatti che vi vengono raccontati e i personaggi storici citati, possono più facilmente trovare una giusta collocazione nel 300 piuttosto che nel 200.  

In passato non ci si preoccupava più di tanto dell’anno di nascita dello Stato sammarinese, cioè dell’ipotetico 301 di cui si parla all’interno di questo breve saggio, limitandosi a considerarlo legato genericamente ai tempi delle vicissitudini terrene del leggendario fondatore, ovvero al IV secolo.

Nel famoso rotolo di Valle Anastasio del 1296 si ha il primo esempio di tale mentalità, in quanto alcuni dei sammarinesi che ci lasciano la loro testimonianza al suo interno si dicono esenti da certe tasse, che voleva imporre la Santa Sede, perché liberi per consuetudine già da secoli, precisamente dal momento in cui il santo aveva ricevuto in dono da Felicissima, la precedente proprietaria, il Monte Titano[4]. Il documento, tuttavia, rimane del tutto vago sulla cronologia in cui tali fatti si sarebbero svolti.

Il 1400 fornisce altre testimonianze della libertà leggendaria dei sammarinesi: Marino Calcigni, importante giureconsulto sammarinese che operò presso alcune corti dei principati italiani nella prima metà del secolo, all’interno dei documenti che ci ha tramandato, in varie occasioni cita la locale “libertà sancta”, che durava ormai da circa (notare l’approssimazione) 1200 anni, perché affidata al suo popolo come eredità direttamente dal santo fondatore.

Gli statuti editi nel 1491 cominciarono a definire la libertà sammarinese “perpetua”, concetto che da ora in avanti ebbe grande fortuna e risonanza, e che per l’Alberoni rappresentò invece una vera e propria iattura che ostacolò non poco le sue mire annessionistiche, tanto che parlò spregiativamente di una temibile “superstizione della libertà” che caratterizzava la mentalità dei sammarinesi [5].

Se dunque si hanno precise e ricorrenti tracce di questa libertà santa derivata, secondo la mentalità dei più, direttamente dal leggendario fondatore, nei secoli più remoti nessuno parla mai del 301 come sua data di partenza.

Anche durante il periodo fascista, che fu l’epoca in cui si enfatizzò e ufficializzò di punto in bianco il 301 quale d.F.R. (data Fondazione Repubblica), come specificheremo meglio fra breve, non si doveva dare tanto peso a tale anno, visto che Protogene Belloni, autore di una “Storia di San Marino” edita nel 1933[6], afferma convinto che Marino morì il 3 settembre del 364, senza menzionare per nulla la data di cui stiamo parlando.

Ma allora perché la leggenda colloca la vita di Marino nel terzo secolo, non nel quarto, dicendoci addirittura che morì un 3 settembre di un anno indefinito? Infatti al suo interno non è riportato l’anno di morte, ma solo il giorno.

Probabilmente la spiegazione è da ricercarsi nel forte simbolismo che tale racconto doveva contenere secondo l’ottica di chi l’ha scritto, e alla scarsa conoscenza della storia di costui, che cita fatti veramente accaduti, come il rogo dei libri sacri ordinato da Diocleziano nel 303, ma senza mai collocarli cronologicamente.

L’epoca della presunta vicissitudine terrena di Marino doveva essere, per l’agiografo o gli agiografi che l’hanno trasformata da orale a scritta, quella delle grandi persecuzioni contro i cristiani. Diocleziano, l’imperatore romano che, secondo un’affermazione erronea contenuta nella leggenda, dominava l’impero di Roma nel 257, ovvero all’epoca dell’arrivo da Arbe del santo, rappresentava allegoricamente la figura del grande e ferocissimo persecutore, così come in altre leggende agiografiche veniva utilizzata la figura di Nerone con lo stesso ruolo, o quella di qualche giudice particolarmente crudele di cui era sopravvissuta la tragica e terrificante memoria.

L’agiografo, sempre che abbia scritto tutto da solo[7], sbaglia completamente l’unica data che riporta: infatti Diocleziano fu imperatore a partire dal 284, e diede avvio alla persecuzione contro i cristiani dal 303.

La preoccupazione primaria del nostro narratore per esaltare maggiormente il santo, tuttavia, era quella di situare la vita di Marino proprio ai tempi di uno spietato imperatore come lui, ovvero in un’epoca particolarmente difficile e sanguinaria per i cristiani.

La precisione storica, quindi, gli era del tutto secondaria, anche se si dimostra sempre assai solerte nel fornire eventi e dettagli apparentemente, ma spesso solo apparentemente, rigorosi ed ineccepibili.

Questo non dimostra che Marino non possa essere esistito davvero nell’epoca in cui lo pone la leggenda. Significa, però, che tale documento va preso con le molle, perché chi lo ha redatto si dimostra in più occasioni troppo approssimativo nelle informazioni che ci fornisce per poter beneficiare di piena fiducia intellettuale.

Detto ciò, veniamo ora alla fatidica data del 301, presunto anno di fondazione della Repubblica di San Marino. Come si è già detto, essa non è contenuta all’interno della leggenda. Si pensa, perciò, che sia frutto di qualche tradizione orale successiva ai tempi in cui è vissuto l’agiografo estensore della vita di Marino da Arbe, perché, meticoloso com’era (anche se tanto impreciso), sicuramente l’avrebbe inserita all’interno del suo racconto, se l’avesse conosciuta o anche solo ipotizzata.

Se fosse davvero così, però, chi nei secoli addietro si è interessato alla storia della piccola Repubblica di San Marino doveva essere a conoscenza di tale supposta tradizione, come lo siamo noi. Invece pare proprio di no: della data in questione non dice nulla il Valli[8], nemmeno Delfico, che parla invece dell’arrivo del santo a Rimini “dopo la metà del quarto Secolo”[9], neppure Fattori[10], che riprende semplicemente quanto dice il Delfico, e neanche i tanti scrittori stranieri, in particolare francesi, che hanno lasciato testi sullo Stato sammarinese, ricavandone la storia soprattutto dagli autori citati.

Non ne parla Auger-Saint-Hippolyte, per esempio, nella storia che scrive subito dopo quella del Delfico, nel 1827[11], in cui racconta con puntigliosità la leggenda, ricamandoci sopra con dovizia di particolari e dialoghi immaginari o derivati non si sa da dove, e affermando che Marino morì un 4 settembre, giorno che anche altri autori per qualche motivo ignoto citano come ultimo per il santo, verso la fine del quarto secolo.

Non ne parla neppure Marino Enea Bonelli nel suo “Compendio istorico della Repubblica di San Marino” scritto pochi anni dopo, che si dichiara d’accordo coi Bollandisti che avevano ipotizzato l’arrivo di Marino verso i primi anni del 300, pur senza individuare un anno preciso. Anzi, è addirittura del parere che sia giunto dopo il 325, data del Concilio di Nicea con cui si erano limitatamente placati i forti dissidi che sussistevano all’interno del mondo cristiano di allora.

Sostiene inoltre, senza avere dubbi, che Marino si dimostrò un valido appoggio del vescovo Gaudenzio contro l’eresia di Marciano, discussa nel congresso svoltosi realmente a Rimini nel 359, e indetto appositamente dall’imperatore Costanzo II per risolvere il grave dissidio in atto da più anni tra Arianesimo e Cattolicesimo. Al suo interno si doveva determinare quale religione dovesse essere preminente nell’impero romano. Conclude asserendo che Marino era morto “in età decrepita”, ovvero verso la fine del secolo[12].

Neppure ci dice nulla sul 301 Luc’Antonio Gentili, il quale, però, si avvicina alla data in questione, non si sa in base a quale ragionamento, informandoci che Marino giunse a Rimini agli inizi del 300, e morì “non molto dopo l’esito infausto del riminese Concilio”, quello sempre del 359[13].

Pietro Ellero, nella sua “Relazione della Repubblica Sammarinese” del 1868, ipotizzò invece che il santo arrivasse a Rimini “dopo la metà del IV secolo dell’era volgare”[14].

Questa tesi fu poi sostenuta nel 1972 anche da Francesco Balsimelli, il quale ritenne, in base a una serie di argomentazioni più speculative che documentate, che Marino fosse giunto sul Titano dopo il 360, quando aveva circa 40 anni, e che qui morisse verso il 385[15].

Più recentemente Nevio Matteini colloca la morte del santo fondatore nel 366, limitandosi a dire che la data di fondazione della repubblica è però stabilita nel 301, senza spiegarci da dove è stata derivata[16].

Altre notizie simili ci vengono fornite dal volume “Viva il Prencipe S. Marino” che dedica una sua ampia parte al problema in esame, riportando citazioni che vogliono Marino già presente sul Titano addirittura nel 220, o in date successive fino al 364[17].

Il 366 quale anno di morte del santo viene attualmente accettato pure dalla Diocesi San Marino-Montefeltro, come risulta dalla storia di Marino e Leo riassunta sul sito web della stessa[18]. Tuttavia in un’altra pagina del medesimo sito viene indicato il 301 come data della morte, chiara prova dei dubbi che anche la Chiesa ha in merito per la diversa interpretazione che si può dare alle indeterminate informazioni cronologiche presenti nella leggenda[19].

Se ci è lecito, dunque, avere dubbi nei confronti delle presunte verità storiche riportate dal racconto della vita di Marino, ancor più si può essere perplessi verso l’anno in questione, che varia, con ampi margini compresi tra III e IV secolo d.C., in base all’autore che ne parla.

Nonostante tali incertezze, però, la data di cui stiamo parlando è stata a un certo punto assunta senza problemi come d.F.R., ovvero come reale momento di nascita della repubblica, ed ancora oggi i documenti sammarinesi ufficiali, i decreti e le leggi riportano in calce chiusure tipo: Data dalla Nostra Residenza, addì 28 ottobre 2009/1709 d.F.R.

Il fatto in sé forse non è particolarmente grave, pur denotando una cultura storica quanto mai approssimativa. Diventa invece gravissimo se si considera che, ufficializzando in ogni modo e in ogni momento il 301, s’ inculca nella gente, priva di quel minimo di bagaglio culturale necessario per valutare tale data più folcloristica e convenzionale che reale, l’informazione che la Repubblica di San Marino esista come tale davvero da più di 1.700 anni!

Ed è una falsa credenza ben più radicata e diffusa di quanto si possa credere, nonché inopportunamente sbandierata ai quattro venti in ogni occasione, ufficiale o no, si voglia rimarcare il fatto, con enfasi tanto esagerata da apparire bizzarra, che San Marino è il più antico Stato del mondo.

Asserzione che è anche vera, visto che i primi germogli dell’attuale sistema istituzionale dello Stato di San Marino, ovvero organi come la Reggenza, il Consiglio dei LX, il Consiglio dei XII, spuntano di certo, perché documentati da più fonti, intorno alla metà del XIII secolo, ovvero in piena epoca comunale.

La storiografia degli ultimi anni, quella meno apologetica e più obiettiva, è concorde nell’affermare che proprio quelli furono gli anni in cui iniziò gradualmente a formarsi la fisionomia statale di San Marino, sebbene ancora per vari decenni il comune dovette lottare per svincolarsi dall’autorità politica del vescovo del Montefeltro, suo dominus precedente.

Lo Stato sammarinese può dunque a buon diritto rivendicare una venerabilissima età che ha solo lui: di circa 800 anni, però, non di 1.700!

Ma ragionando per assurdo, aveva una qualche possibilità di esistere una comunità autonoma, addirittura repubblicana, nel 301 d.C.?

Ovviamente no.

In quell’anno regnavano effettivamente sul vastissimo Impero Romano i due signori menzionati nella leggenda di San Marino, Diocleziano e Massimiano. Essendo entrambi ex comandanti militari, avevano soprattutto a cuore la difesa degli estesi confini del loro impero ed il mantenimento della sua tranquillità interna.

Proprio per avere sotto stretto controllo tutto il vastissimo territorio che all’epoca era dominato da Roma, nel 293 i due imperatori nominarono altri due cesari a cui affidare il governo di zone specifiche, costituendo in tal modo la cosiddetta “tetrarchia”.

Diocleziano controllava le province orientali e l'Egitto, risiedendo nella città di Nicomedia; Galerio, il cesare da lui nominato, le province balcaniche; Massimiano governava su Italia e Africa settentrionale e risiedeva a Milano, Costanzo Cloro, il suo cesare, ebbe in affidamento la Spagna, la Gallia e la Britannia.

Dopo anni di guerra sui confini contro le popolazioni che premevano per invadere i territori romani, la tetrarchia riuscì a consolidare un periodo di pace e tranquillità a partire dal 299.

Con tale meticolosa organizzazione politica e militare, creata esclusivamente per evitare qualunque forma di ribellione al potere centrale di Roma, non poteva di certo esistere una comunità indipendente e repubblicana nel centro dell’Italia dell’epoca, per quanto piccola e innocua fosse.

Può essere possibile, ma non è documentato da nulla, che sul Titano già esistesse una minuscola schiera di cenobiti: infatti pare che all’epoca il Cristianesimo stesse diffondendosi sempre più nella zona geografica di cui stiamo trattando.

Tuttavia la prima testimonianza di un monastero in loco risale a due secoli dopo, precisamente al 511, data della famosa lettera, a cui già si è accennato, scritta dal monaco Eugippo al diacono Pascasio, in cui si parla succintamente del monaco Bassus vissuto per diverso tempo in un monastero posto sul Monte Titano vicino a Rimini.

Sicuramente è illogico pensare che esistesse una repubblica, o comunque una qualunque isola indipendente, in mano a una comunità cristiana, anche perché nel 303 venne scatenata da Roma una feroce persecuzione proprio contro i cristiani, che l’avrebbe senz’altro spazzata via fin da subito, ipotizzando per assurdo, molto per assurdo, che davvero esistesse.

Anche il concetto di repubblica per l’epoca non faceva più parte della mentalità della gente, così come non ne farà parte per secoli ancora. Nei documenti che ci sono pervenuti relativi ai periodi successivi non si menziona una Repubblica di San Marino fino al XV secolo, mentre si accenna al massimo ad una comunità o al comune sammarinese, a partire poi solo dai secoli XIII e XIV, cioè dal momento in cui gli abitanti del Titano iniziarono a svincolarsi, con logica e volontà di stampo comunale, dal dominio vescovile che, in nome dello Stato Pontificio, fin lì aveva controllato tutta l’area geografica e politica in cui San Marino si trovava.

E’ bene sottolineare, inoltre, che la tradizione vuole la comunità nata attorno al suo santo fondatore, e da questi lasciata libera dal papa e dall’imperatore in punto di morte (relinquo vos liberos ab utroque homine, ovvero: vi lascio liberi da entrambi gli uomini, cioè papa e imperatore), frase non presente all’interno della leggenda originale, come non poteva ancora esserlo.

Infatti nel 301 il papa non aveva alcun potere temporale sui territori della penisola italiana, perché solo a partire dagli ultimi decenni del VI secolo iniziò a formarsi un primo embrione del futuro Stato Pontificio, che giungerà a costituirsi pienamente soprattutto dall’VIII secolo in poi tramite la Donazione di Sutri del 728 e quella di Pipino il Breve del 756.

Anche la frase messa in bocca a Marino in punto di morte è, dunque, da considerarsi di molto postuma al 301 e inventata senz’altro per retrodatare al massimo l’indipendenza sammarinese.

E’ verosimile che sia stata creata come tradizione nel momento in cui San Marino stava lottando per liberarsi dal dominio del vescovo del Montefeltro e conseguentemente dello Stato Pontificio.

Può essere stata plasmata, comunque, anche tra la fine del 1500 e gli inizi del secolo successivo, cioè ai tempi della scomparsa del Ducato di Urbino, grande protettore dei sammarinesi, e della devoluzione dei suoi territori a Roma, momento in cui anche San Marino temette di fare la stessa fine e di perdere la sua indipendenza.

Con tali parole la libertà sammarinese diveniva infatti santa a tutti gli effetti, perché scaturita direttamente da un uomo prediletto da Dio, quindi doveva essere rispettata prima di tutti da chi sulla Terra agiva in Suo nome.

Se dunque proprio non poteva esistere una repubblica al centro dell’Italia nel periodo in questione, perché mai il 301 è andato al di là della semplice tradizione orale, in cui dimorava innocuamente, sempre che vi dimorasse realmente, cosa molto dubbia, per essere assunto ufficialmente come data d’inizio dell’esperienza politica repubblicana della comunità sammarinese?

La risposta è certa in quanto legata al seguente decreto di epoca fascista:

 

Noi Capitani Reggenti la Serenissima Repubblica di San Marino

Promulghiamo e mandiamo a pubblicare il seguente decreto approvato dal Principe e Sovrano Consiglio dei LX nella Sua Tornata odierna:

Art. 1.

Negli atti ufficiali e in quelli dei pubblici uffici la data della loro emissione dovrà essere seguita dalla indicazione dell'anno dalla fondazione della Repubblica.

Art. 2.

Agli effetti di cui al precedente articolo la data della fondazione della Repubblica è fissata al 3 Settembre 301.

Art. 3

Il presente Decreto entrerà in vigore subito dopo la sua pubblicazione.

Dato dalla Nostra Residenza, addì 2 Luglio 1941 (1640 d.F.R.).

 

Occorre dire, in realtà, che già da anni il governo fascista aveva assunto il 301 come data ufficiale di nascita della Repubblica sammarinese. La prima volta che appare in calce ad una legge è il 7 Gennaio 1928 (Dato dalla Nostra Residenza, addì 7 Gennaio 1928/1627 d.F.R.), ma già a partire dal 1926, da quanto ci dice Onofrio Fattori citato da Cecchetti[20], “rimase convenuto come data di fondazione della Repubblica l’anno di Cristo 301”.

Tuttavia la tradizione legata alla data in esame non doveva essere molto più antica. Infatti se nel 1901 furono celebrati i 16 secoli della libertà sammarinese con l’emissione di una medaglia commemorativa in 400 esemplari e la stampa di un numero unico “Arbe-Titano” edito “in occasione del XVI centenario della fondazione della Repubblica di San Marino”, nel secolo precedente non si trovano tracce, come si è detto, del 301.

Nemmeno per il 1801, cioè per i presunti 1500 anni di fondazione, sono documentate celebrazioni di qualche risonanza per festeggiare l’evento, nonostante che potesse essere un momento particolarmente propizio per enfatizzare l’antichità della repubblica, visto che San Marino era confinante con la nuova realtà politica creata dall’ancora repubblicano Napoleone, ovvero la Repubblica Cisalpina, che poi diverrà per qualche tempo la Repubblica Italiana.

Insomma si può concludere che solo dal 1928 la D.F.R. entrerà nella coscienza collettiva venendo da ora in poi usata sempre come formula ufficiale di chiusura delle leggi, mentre negli anni precedenti ci si limitava semplicemente a Dato dalla Nostra Residenza, addì …

Anche nelle sedute del Consiglio non si usava in precedenza mai il D.F.R. limitandosi ad aprire le sedute con In Dei Nomine Amen. Anno Domini 1714 die vero 27 Decembris, agli inizi del XVIII secolo; Nel Nome di Dio Amen. Questo di 27 Aprile 1766, quando si passò dal latino all’italiano; Nel Nome di Dio Amen. Repubblica di Sammarino Oggi 24 Settembre 1856, nel secolo successivo quando i Consigli continuavano ad essere in genere sempre aperti Nel nome di Dio, ma senza mai usare una D.F.R.

Il motivo per cui il fascismo sammarinese iniziò ad usare la formula in questione nel 1928 è solo ipotizzabile, ma forse legato a due ragioni principali: la prima fu la creazione della cosiddetta “era fascista” da parte del fascismo italiano, che iniziava dal 28 ottobre 1922, data della marcia su Roma. Il primo anno di tale era fascista incominciava cioè il 29 ottobre 1922 e terminava il 28 ottobre 1923; il 29 ottobre 1923 iniziava il secondo anno e così via.

L'obbligo di aggiungere l'anno dell'era fascista accanto a quello dell'era cristiana in numero romano entrò in vigore a partire dal 29 ottobre 1927, in seguito ad una circolare del 25 dicembre 1926.

Presumibilmente questa innovazione del fascismo italiano scatenò nella mente di qualche gerarca sammarinese il desiderio di emulazione, come spesso accadeva un po’ per tutti gli aspetti sociali e politici dell’epoca. In base, però, alla logica passatista di essere la più antica repubblica del mondo, logica che il fascismo sammarinese enfatizzò al massimo sempre, manifestandola anche tramite una ricostruzione architettonica del centro storico tesa, con non poche forzature, a fornirgli l’aspetto più antico possibile vuoi per motivi ideologici, vuoi per la volontà di valorizzare turisticamente il paese e potenziarne le attrattive[21].

La seconda ragione fu senz’altro il tradizionalismo conformista, a volte superficiale, sempre ampolloso, che lo ha costantemente contraddistinto, come emerge con chiarezza dai tanti documenti che ci ha lasciato, nonché dal seguente articolo, pieno dell’usuale retorica “eroica” di cui sono sempre colmi gli scritti dell’epoca, che tratta proprio del 301:

 

MDCXXVII d.F.R. - Il numero d’oro che segna il principio della nostra libertà.

Molti si saranno già chiesto o si chiederanno la spiegazione di questa data che dal principio di quest’anno ha fatto la sua comparsa su tutti gli atti ufficiali del Governo e che in seguito sarà segnata anche su tutti gli atti giudiziari degli Avvocati, dei pubblici Notai e del Tribunale.

E’ la data che segna l’anno di fondazione della nostra Repubblica, la venuta del nostro Santo, dalla terra di Arbe, ai lavori del porto di Rimini e quindi sulle balze del nostro Titano dove lo raggiunsero subito pochi pastori che si unirono a lui e vissero nella luce della nuova fede, e formarono il primo nucleo di quella società che andò poi di tempo in tempo aumentando e migliorando nel reggimento e nelle istituzioni, fino a formar la Repubblica.

Venne Marino, secondo la tradizione, nel 301 d.C. 3 settembre, quando il sole di Roma imperiale sfolgorava ancora alto dalle spiagge dell’Iberia alla Valli dell’Eufrate, dalle alture di Caledonia ai deserti dell’Africa, quando sul trono d’oro dell’impero sedeva Diocleziano, uno degli ultimi imperatori che ebbero la visione della grandezza e che la difesero contro i primi barbari che cominciavano a premere da ogni parte, e anche contro la fede dell’Uomo di Galilea che, come esuberante primavera, superando i confini di tutte le patrie e accomunando barbari e cittadini romani, si allargava nel mondo e conquistava gli animi, e gettava le basi del grande edificio della Chiesa, cementando le pietre col sangue dei Martiri.

Marino, atleta della nuova fede di redenzione, venne allora quassù e si assise coi pochi amici, fratelli in Cristo, attorno alla grande fiamma che egli accese e che non si spense, e che anche oggi dopo tanti secoli, e che arderà sempre più fulgida nell’avvenire.

Sono 1627 anni! Pensate! Il forastiero che visita questo asilo di libertà, pensa quanti troni, quante dominazioni sono crollate, e scomparse in questo periodo immenso, e quante trasformazioni in questo lungo cammino di secoli, e rimane meravigliato e commosso, e si sente vinto e legato da sincera devozione ed affetto verso questo lembo di terra che si ricongiunge alla grandezza di Roma attraverso alle glorie e ai dolori di questa meravigliosa “itala gente dalle molte vite”[22].

 Come si sarà constatato, il fascismo sammarinese, che a questo punto possiamo reputare il principale patrocinatore del 301, non considerava tale data come quella di morte del santo fondatore, così come oggi in tanti pensano, condizionati da decenni di informazioni approssimative in merito, ma come quella in cui Marino arrivò sul Monte Titano, addirittura nel giorno del 3 settembre, che nella leggenda è chiaramente indicato, invece, come il giorno del suo trapasso a miglior vita.

Anche in questo caso il fascismo locale stiracchiò la tradizione a suo uso e consumo, forse perché si rese conto, o comunque volle mantenersi fedele alla cultura dominante nei suoi tempi, che la vita di Marino era più logicamente collocabile nel IV secolo piuttosto che in quello precedente.

Per concludere, si può dire che l’era fascista italiana, con la sua datazione fittizia che partiva dalla marcia su Roma, terminò con la fine del regime fascista, mentre a San Marino l’uso della d.F.R. non cessò mai, ed ancora oggi chiude le leggi e gli atti ufficiali (2010/1710 d.F.R.).

Io suggerirei di abolire tale data, in quanto totalmente inventata e fuorviante. Tuttavia se proprio dev’essere conservata (come sicuramente accadrà: da noi cassare qualcosa di  tradizionale è pressoché impossibile), si dichiari almeno con chiarezza che è solo una data convenzionale e pittoresca, priva di qualunque fondamento storico, adatta ad una ricostruzione folcloristica del passato, ma per nulla fondata.

 

 


 

[1] M. Gozi, Terra di San Marino, Bolla Editore, Milano, 1934, p. 120

[2] Cfr. V. Casali, Mentalità e cultura del primo fascismo sammarinese, in Atti del Convegno Marino Moretti, la Romagna, San Marino, collana “Lo scaffale di San Marino”, San Marino 2010.

[3] Su tale interpretazione si veda F. Balsimelli, Elementi di diritto pubblico sammarinese, San Marino, 1966, p. 17-23.

[4] M. Conti, Quid est libertas? 1296-1996, San Marino, 1996.

[5] C. Malagola, Il Cardinale Alberoni e la Repubblica di San Marino, Zanichelli Editore, Bologna, 1886, ristampato da Analisi Trend, Bologna, 1987, nella collana “Biblioteca storica della Repubblica di San Marino”.   Sullo sviluppo della libertà sammarinese si veda anche A. Garosci, Mito e storiografia tra i Libertini e Carducci, Ed. Comunità, 1967.

[6] P. Belloni, Storia della Repubblica di San Marino dalle origini ad oggi, San Marino, 1933.

[7] Probabilmente la leggenda di San Marino fu scritta da più autori. Si veda P. Aebischer, La Vita Sancti Marini, Aiep editore, San Marino, 1980. Altri testi recenti sulla leggenda di San Marino meritevoli di attenzione sono:  C. Dolcini, Il Santo Marino, in Storia illustrata della Repubblica di San Marino, Aiep editore, San Marino 1985; C. Dolcini, La tradizione manoscritta della Vita Marini, in La tradizione politica di San Marino, Il Lavoro Editoriale, Ancona, 1988; R. Burigana, La leggenda Sancti Marini. La storia religiosa tra Rimini e il monte Titano, Aiep editore, San Marino, 1992; V. Casali, M. Renzi, Marino da Arbe, santo e lapicida, Pazzini Industria Grafica, Verucchio, 1997; C. Balducci, Geografie e agiografia, Edizioni del Titano, 1998; A. Donati, San Marino tra storia e leggenda, Lucio Amati Editore, 2010.

[8] M. Valli, Dell’origine et governo della Repubblica di San Marino, Padova, 1633; ristampato da Analisi Trend, Bologna, 1987, nella collana “Biblioteca storica della Repubblica di San Marino”.

[9] M. Delfico, Memorie storiche della Repubblica di San Marino, Milano, 1804, p. 22.

[10] M. Fattori, Ricordi storici della Repubblica di S. Marino, Napoli, 1869.

[11] Auger-Saint-Hippolyte, Essai sur la Republique de San Marino, Paris, 1827, ristampato da Analisi Trend, Bologna, 1987, nella collana “Biblioteca storica della Repubblica di San Marino”.

[12] Marino Enea Bonelli, Compendio istorico della Repubblica di San Marino (secolo XIX), ristampato da Analisi Trend, Bologna, 1987, nella collana “Biblioteca storica della Repubblica di San Marino”.

[13] Luc’Antonio Gentili, S. Marino confessore e levita e breve relazione della Repubblica Sammarinese (1864), ristampato da Analisi Trend, Bologna, 1987, nella collana “Biblioteca storica della Repubblica di San Marino”. L’autore (1681-1753) scrisse quest’opera più di un secolo prima, ma non venne pubblicata subito.

[14] Pietro Ellero, Relazione della Repubblica Sammarinese (1868), ristampato da Analisi Trend, Bologna, 1984, nella collana “Biblioteca storica della Repubblica di San Marino”.

[15] Egli sostiene tali ipotesi all’interno di una conferenza svolta durante una riunione del Rotary Club in cui confuta il 301 come d.F.R. L’intervento di Balsimelli é conoscibile grazie al verbale di tale riunione, svoltasi il 4 settembre 1972, conservato presso la Biblioteca di Stato di San Marino.

[16] N. Matteini, La Repubblica di San Marino nella storia e nell’arte, San Marino, 1988, p. 27.

[17] M. Cecchetti, Viva il Prencipe S. Marino, pp. 67 – 105, San Marino 2001.

[20] M. Cecchetti, op. cit., p. 85.

[21] G. Zucconi, Gino Zani – La rifabbrica di San Marino 1925 – 1943, Arsenale Editrice, Venezia, 1992.

[22] “Il Popolo Sammarinese”, a. III, n. 1, 29 gennaio 1928.

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